[06/08/2009] News

L'auto verde: contraddizione in termini?

LIVORNO. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato oggi i Commissari della Bertone a cedere l'azienda al Gruppo Fiat sulla base del piano industriale valutato positivamente dai Commissari stessi e approvato dal Comitato di Sorveglianza, che rappresenta anche gli interessi dei creditori. L'offerta Fiat prevede un importo economico superiore a quello delle altre offerte e una prospettiva industriale a lungo termine. A darne notizia è il ministero dello sviluppo economico che poi aggiunge il commento di Scajola: «La cessione a Fiat consente di garantire il futuro di uno stabilimento storico dell'industria piemontese. Il piano prevede, infatti, il riassorbimento di tutti i 1.137 dipendenti, che verranno gradualmente reinseriti nelle loro mansioni, e l'integrazione con la Chrysler per la produzione in Italia di alcuni modelli della Casa americana. Fiat ha inoltre precisato che le risorse che saranno investite nel rilancio della Bertone, pari a circa 150 milioni di euro nei prossimi tre anni, sono aggiuntive rispetto al piano industriale del Gruppo per l'Italia e non andranno, dunque, a deprimere gli investimenti negli altri siti produttivi nazionali».

Da capire, per quanto riguarda il nostro territorio, che cosa accadrà degli ex dipendenti della Delphi, la società chiusa anni fa, sulle cui ceneri Rossignolo voleva costruire una fabbrica di suv di lusso, ma il cui destino era legato a doppio fili alla vertenza Bertone dato che anche lui aveva presentato un'offerta a questo punto ufficialmente scartata. La notizia però si presta anche ad un ragionamento più complessivo sul futuro dell'auto e sulla mobilità in generale. Il complesso rapporto tra auto, petrolio (sottoforma di carburante), salute, lavoro, effetto serra, cambiamento climatico sta tutto dentro al paradigma economico attuale - con relative conseguenze - e dunque al modello alternativo che invece dovremmo perpetrare per ridurre l'impatto antropico sul pianeta.

Qui insomma si può davvero riorentare l'economia verso l'ecologia, ma la strada è a dir poco in salita. L'idea del presidente Obama pare complessivamente aspirare a questo visto che non si limita (limiterebbe) ad un rilancio dell'auto verde - più propriamente elettrica o almeno a bassi consumi - ma anche a quello del trasporto pubblico. La complessità di cui sopra, però, sta facendo concentrare gli sforzi a stelle e strisce principalmente sull'auto elettrica come dimostra la notizia dei 2.4 miliardi  di dollari promessi dal governo ai produttori delle nuove generazioni di batterie e di auto elettriche. Nella migliore delle ipotesi, quindi, nei prossimi anni sulle strade americane si vedranno passare auto Fiat a bassa cilindrata e ridotte dimensione rispetto ai vecchi Suv e auto elettriche, ma questo di per sé migliorerà certamente le emissioni, ma non la mobilità.

Peraltro è tutta da capire anche la filosofia della nuova auto elettrica poiché come noto molto dipende da come le batterie vengono ricaricate, oppure se ha due motori si tratta di una macchina a ridotte emissioni e non certo ecologica tout court. L'auto ecologica, in realtà, non esiste e non esisterà mai nel senso stretto perché comunque per costruirla serve energia e materia e dalla legge dell'entropia non si scappa. Molto si può fare, invece, sulla mobilità, mezzi meccanici (bici), sfruttamento delle reti per ridurre gli spostamenti, trasporto pubblico efficace ed efficiente, cultura dell'uso razionale dei mezzi.

Tutto questo si scontra frontalmente con un'economia che invece basa moltissimo sull'accoppiata auto-petrolio e smontare questo meccanismo è complicatissimo ancorché necessario. Basti pensare al numero di incidenti stradale o delle malattie respiratorie conseguenti allo smog - che non possono negare neppure i negazionisti del global warming  - per capire quanto questo modello sia insostenibile; per contro il perché questo modello è così duro a morire è dimostrato dal numero di persone impiegate nel settore auto e nella componentistica, come nella sua pubblicità, e così pure dall'andamento del prezzo del petrolio e della benzina e del suo effetto sul dollaro.

L'auto rappresenta ancora l'idea di libertà anche quando si è bloccati sul passante di Mestre e qui più che un esperto di mobilità servirebbe uno psicologo e quindi non andiamo oltre. Resta il fatto che la quadratura - difficilissima sia chiaro - di questo cerchio  che significa tenere insieme lavoro, salute, legittima aspirazione alla mobilità, impatto ambientale, trova sponda solo in un'idea di sostenibilità che può dare soluzioni solo se praticata. Non c'è una bacchetta magica, ci sono tante azioni da fare che il mercato da sé non farà mai se non quando costretto dagli eventi con il rischio/certezza che sarà troppo tardi.

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