[05/08/2009] News toscana

Prato, tessile, distretti e crisi economica: quali prospettive per la green-economy?

FIRENZE. «Abbiamo superato le crisi investendo (..). Anche dopo l'11 settembre 2001 abbiamo reagito investendo in tecnologia, facendo assunzioni e credendo nella formazione del personale»: parole dell'imprenditore pratese Massimo Melani, la cui emblematica storia è oggetto di approfondimento sull'edizione odierna del quotidiano di Confindustria.

Il settore produttivo, va da sé trattandosi di Prato, è il tessile, anzi quella componente della filiera del tessile che si occupa di tessitura, fase del processo situata a valle di filatura e ordinatura, e a monte della rifinizione. L'azienda della famiglia Melani, formata da due società, svolge quindi una fase intermedia della filiera del tessile, ed è proprio questo il motivo per cui la sua vicenda riveste il carattere dell'emblematicità.

Il succo della questione, infatti, è proprio il rischio che, come scrive il Sole, «l'equilibrio del modello industriale "a rete", basato su competenze e specializzazioni diffuse e collegate tra loro» possa «saltare», e naturalmente ciò non vale solo per Prato, ma per tutti quei distretti (di cui la Toscana pullula) basati su un modello produttivo analogo a quello pratese per la forte intradipendenza dei vari ambiti produttivi interni.

La diminuizione del fatturato complessivo e dell'occupazione nel tessile pratese non è comunque fenomeno legato alla sola attuale fase di crisi economica: in realtà, secondo dati Sole 24 ore, il fatturato dell'industria tessile nel distretto è sceso dal 2000 al 2008 del 30,4%, e l'occupazione del 34,9% dal 2000 al 2007. In forte calo, dal 2000 al 2009, anche l'export (-29,6%) e le importazioni, calate del 14,9%. Ma è chiaro che la fase attuale morde e non poco, poiché al pari dell'intradipendenza delle aziende del distretto sussiste ormai una quasi paritaria interdipendenza tra il distretto e l'intera economia globalizzata, e la crisi si diffonde così in maniera automatica, quasi osmotica.

Sussiste quindi, come dichiara il presidente dell'Unione industriali pratesi, Riccardo Marini, il rischio di una «perdita di parti della filiera produttiva» e, come aggiunge il presidente di Linea tessile, Alessandro Benelli, «se il distretto perde fasi di lavorazione non riuscirà a sfruttare la ripresa quando arriverà».

E' chiaro che la filiera dovrà riorganizzarsi, e questa riorganizzazione è un elemento di sicuro sviluppo industriale (che potrà anche avere significative conseguenze per il percorso verso la sostenibilità, come vedremo più avanti) ma ha anche serie conseguenze sull'occupazione e sulla competitività del sistema nella fase di passaggio. Inoltre, e la questione non è da poco per quanto riguarda il tessile, la specializzazione produttiva è condizione pressoché necessaria per le produzioni di fascia alta di mercato: come sostiene Claudio Orrea (gruppo Tessilform), infatti, «qualità e creatività sono fattori decisivi, specie nella fascia alta del mercato: per noi, un buon fornitore vale quanto un buon cliente: ecco perchè Prato sbaglierebbe a lasciar morire le sue specializzazioni».

L'evoluzione che il "Sole" e gli industriali locali attendono va comunque nella direzione di una diminuizione della fasi di lavorazione, quindi in un accorciamento della filiera e «soprattutto è probabile che alla fine di questo terremoto a Prato ci saranno meno aziende, ma strutturate meglio».

Ora, dalla questione sorgono alcune domande: anzitutto viene da chiedersi se effettivamente sia auspicabile un'azione di tutela mirata, da parte del Pubblico, per quelle tessere del domino produttivo la cui caduta può compromettere l'intero sistema. E la risposta non può che essere affermativa, naturalmente se è dimostrata, al di là di ovvie considerazioni sull'integrazione tra i sistemi produttivi, l'effettivo carattere di importanza di queste tessere sulla stabilità dell'intero settore. E' quindi da chiedersi ancora una volta se davvero l'elargizione di fondi e agevolazioni "a pioggia" da parte del Pubblico sia utile, o se queste sovvenzioni vadano indirizzate solo ed esclusivamente a imprese chiave, preferendo aiuti significativi ad alcuni piuttosto che una generalizzata distribuzione degli spiccioli che restano ai singoli imprenditori dopo la suddivisione della torta degli aiuti. E non è, questa, una domanda che vuole avere contenuta in sé una risposta, ma solo un contributo al dibattito in corso.

Inoltre viene da chiedersi che cosa succederà a Prato nei prossimi anni, e al pari cosa avverrà in tutti quei distretti da considerarsi analoghi a quello pratese per i motivi spiegati sopra: se la riorganizzazione della filiera avverrà davvero (e ciò sembra sicuro, visti i pesanti numeri sul tavolo), e se la riorganizzazione comporterà significative perdite di posti di lavoro, e se queste perdite saranno temporanee o definitive.

E poi viene da chiedersi in che direzione si andrà: le opportunità per investimenti in innovazione, e particolarmente quelle in direzione del risparmio energetico e dell'energia pulita, saranno sfruttate? Le potenzialità ambientali della filiera del cardato rigenerato (secondo numeri forniti dallo stesso Marini il 15 aprile scorso, ogni anno Prato lavora circa 20.000 tonnellate di lana da rigenerare, con un risparmio rispetto all'uso di fibre vergini di 60 milioni di Kwh/anno, di 500.000 mc d'acqua e 18.000 t di CO2 non immessa in atmosfera) saranno adeguatamente trasformate in un brand di qualità ambientale per l'intero distretto? E, se così sarà, potrà questo elemento di qualità costituire un vero fattore di rilancio, e potrà incentivare l'adozione di programmi di miglioramento della qualità ambientale all'interno delle singole aziende? E, infine, che seguito avrà il progetto "Prato città ecologica" lanciato dalle locali sezioni di Cgil, Cisl e Uil e di cui ha parlato greenreport il 31 luglio scorso, finalizzato a «mettere a punto un progetto industriale che sia anche un intervento di marketing territoriale che attragga investimenti» e a fare di Prato «un modello di distretto europeo a basso impatto ecologico», come ha dichiarato nell'occasione il segretario della Cgil locale Manuele Marigolli?

 

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