[05/08/2009] News

Discariche: nonostante l’emergenza sfiorata per un soffio, la revisione del Dm 3 agosto 2005 non promette nulla di buono - di Paola Ficco

Premessa

Il 1 luglio sono entrati in vigore i nuovi limiti di accettabilità per lo smaltimento dei rifiuti in discarica così come previsto dal Dlgs 36/2003 e dal DM 3 agosto 2005 che ne costituisce il disciplinare tecnico.

L'entrata in vigore di questi limiti ha immediatamente reso impossibile il conferimento in discarica della gran parte dei rifiuti e costretto il Ministero ad emanare, su richiesta di numerose Regioni, Lazio, Toscana, Abruzzo ecc., una ulteriore proroga (fino al 31 dicembre) per poter consentire lo smaltimento secondo la previgente normativa tecnica che risale al 1984 (Decreto Interministeriale del 27 Luglio), proroga effettuata mediante elenchi nominativi (ragione sociale per ragione sociale) e riguardante discariche per rifiuti non pericolosi che si trovano a gestire prevalentemente rifiuti di derivazione dal trattamento di rifiuti urbani.

La gestione delle problematica delle discariche di rifiuti pericolosi è rimasta totalmente in mano alle Regioni che, con ordinanze del presidente di giunta, devono sanare le criticità delle singole discariche e dell'emergenza smaltimento che l'impossibilità di conferimento in discarica genera nelle imprese produttrici del rifiuto

 

Perché tutto questo?

 Ripercorriamo sinteticamente il percorso che ha portato a questa situazione, di fatto emergenziale per  l'anello terminale del ciclo di gestione dei rifiuti e, quindi, di emergenza per tutto il settore produttivo e di gestione dei rifiuti solidi urbani.

La gestione delle discariche, disciplinate come veri e propri impianti industriali, è stata disciplinata dettagliamente, per la prima volta, dal combinato del DPR 915/1982 e dalla Delibera Interministeriale 27 luglio 1984 che ne stabilisce i criteri gestionali e costruttivi.

In questa norma sono introdotte tre categorie di discariche (I, II e III categoria rispettivamente per rifiuti urbani, per rifiuti speciali non tossico e nocivi e per rifiuti speciali tossici e nocivi) con delle sottocategorie per la II categoria rispettivamente (IIa, IIb e IIc) in funzione del diverso livello di tossicità o nocività dei rifiuti smaltiti. Per l'individuazione della famiglia e della categoria di riferimento si doveva far riferimento a precisi test di analisi (per definire la famiglia di appartenenza) ed altre analisi per individuare all'interno della II famiglia di discariche a quale categoria fare riferimento.

Un sistema articolato e complesso che, nonostante mille difficoltà (rarissimi casi di discariche di III categoria e pochi di II categoria tipo C in quanto nessuno voleva ospitare discariche per rifiuti tossico-nocivi), vedeva la creazione di una sotto-sottocategoria definita "II categoria tipo B - super" con particolari deroghe su alcuni parametri che la facevano diventare la "più amata dalle industrie italiane" nella quale, spesso dietro trattamenti di inertizzazione, sono stati smaltiti la parte preponderante dei rifiuti speciali italiani.

Una norma complessa, vigente per oltre 25 anni fino a quando la comunità europea ha deciso di riscrivere le regole per la gestione dei rifiuti in generale, e della gestione delle discariche in particolare.

La disciplina comunitaria e l'Italia

Con la direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 e la decisione 2003/33/CE del Consiglio del 19 dicembre 2002, l'Unione Europea ha dettato le regole per  stabilire i criteri e le procedure per l'ammissione dei rifiuti nelle discariche.

In Italia la direttiva è stata recepita con il Dlgs 36/2003 che ha introdotto anche nel nostro Paese la nuova classificazione di discariche: per rifiuti inerti, per rifiuti non pericolosi e per rifiuti pericolosi; ne stabilisce i criteri gestionali e costruttivi, e le procedure per la richiesta e l'ottenimento dell'autorizzazione, rimandando ad un apposito decreto ministeriale i criteri e le procedure per l'ammissione dei rifiuti in discarica.

• il decreto attuativo: tale Dm, di cui è stata pubblicata una prima versione nel marzo 2005, in sei mesi abrogato e sostituito con l'attuale versione, Dm 3 agosto 2005 (GU 30 agosto 2005, n.201), ma anche questo mai entrato in vigore completamente a causa dell'impossibilità di seguire le prescrizioni contenute per una più restrittiva interpretazione della decisione 2003/33/CE che poteva essere superata solo attraverso il ricorso a speciali autorizzazioni da richiedere caso per caso alle competenti autorità delegate al rilascio delle singole autorizzazioni.

 

L'articolo 17, DLgs 36/2003 fissava originariamente nel 16 luglio 2005 il termine ultimo:

 

 

Tale termine del 16 luglio 2005 è stato oggetto di numerose proroghe, e precisamente:

 

Il rimpallo di responsabilità tra Autorità centrali e locali ed enti Locali (Regioni e Province) sta però portando verso una deriva pericolosa i cittadini (che continuano a vedere l'aumento della tariffa/tassa) e le imprese (che per gestire i rifiuti da loro prodotti sono costretti, in molti casi, ad aumentare l'autorizzazione degli stoccaggi od andare all'estero).

Lo smaltimento all'estero dei rifiuti prodotti (con impianti che potrebbero ricevere il rifiuto ma che non possono a seguito di interpretazioni, deroghe, responsabilità indefinite) ha portato e porterà quasi alla chiusura molte aziende.

 

La revisione del Dm 3 agosto 2005

Una buona notizia sembrava arrivare dalla decisione di porre nuovamente mano al Dm 3 agosto 2005 e poterlo modificare per superare le incongruenze contenute. Il tutto condotto con una procedura quasi a "porte chiuse" il cui esito, nel merito, non è dei più felici. 

La decisione 2003/33/Ce (riferimento per tutte le decisioni nazionali in termini di accettabilità dei rifiuti in discarica) impone analisi di laboratorio e rispetto dei valori di queste analisi a tabelle di riferimento esclusivamente per i rifiuti non pericolosi smaltiti insieme a:

oppure

Nulla dispone per quei rifiuti non pericolosi smaltiti in discariche di rifiuti non pericolosi. Perché si vuole, per giunta senza una motivazione credibile, non consentirlo?

In Francia, con maggiore pragmatismo, è stato stabilito che tutte le discariche per rifiuti non pericolosi sono solo per non pericolosi; quindi, non è necessario fare il test di cessione ma solo verificare con test di conformità il rifiuto ammissibile in discarica.

Farlo anche in Italia sarebbe troppo semplice, perché risolutivo e aiuterebbe aziende e Autorità deputate al rilascio delle autorizzazioni.

Si era sperato che almeno l'esenzione dal Doc fosse generalizzabile a tutti i rifiuti: invece, si assiste (ad oggi) ad un approccio che favorisce esclusivamente i rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani a discapito dei rifiuti provenienti dalle attività artigiane e produttive. Tuttavia, sul punto, sembra che un po' di ragionevolezza stia colpendo il "legislatore". Vedremo.

Nessuna chiarezza viene, invece, ad oggi, fatta sia per la caratterizzazione dei rifiuti ai fini della smaltibilità in discarica, sia ai fini della classificazione dei rifiuti pericolosi o non pericolosi, se la restituzione del dato analitico sia da riferire al peso del rifiuto tal quale o al peso del rifiuto secco.

Fino ad oggi tutto questo è stato disciplinato dalla Delibera Interministeriale del 27 luglio 1984 che per entrambi i casi faceva un esplicito riferimento al peso del rifiuto tal quale (che è quello che viene deposto in discarica).

Nulla toglie che dopo 25 anni questo possa essere cambiato, ma devono essere forniti  elementi di certezza tecnica e normativa. Invece, ad oggi, la bozza di Dm  tace.

 

Paola Ficco è Giurista ambientale
Docente universitario
Direttore responsabile di "Rifiuti - Bollettino di informazione normativa",
Responsabile coordinamento attività legislativa "Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile".

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