[28/04/2010] News toscana

Acqua: prima o poi la Toscana dovrà decidere

FIRENZE. Che il nuovo esecutivo regionale debba fare chiarezza su "cosa vuol fare da grande" sul governo dell'acqua nel settore idropotabile, è fuor di dubbio. Ma probabilmente  attenderà i prossimi mesi, quando capiremo a livello nazionale quali saranno le conseguenze pratiche del decreto Ronchi (Andrea), convertito già in legge, che ha spalancato la porta delle società di gestione ai privati. Vedremo quali saranno i nuovi assetti societari perché nelle società di gestione quotate in borsa (ad esempio Acea) la percentuale di partecipazione pubblica dovrà scendere al 30%. Vedremo inoltre quale sarà l'esito finale dell'iter referendario sull'acqua pubblica. Il Comitato promotore chiede che il servizio idrico sia privo di rilevanza economica e gestito da Enti di diritto pubblico. Nei giorni scorsi è iniziata la raccolta firme sui tre quesiti e la partenza è stata da centometristi: più di 100mila firme raccolte in due giorni (ne servono 500mila nell'arco di tre mesi). Vedremo se il Comitato referendario saprà mantenere alta l'attenzione dei cittadini sulla lunga distanza.

Quello che è già chiaro oggi è il disegno del centrodestra a livello nazionale: nessuna riforma organica per il settore, nessuna costituzione di Authority di cui ci sarebbe bisogno come il pane, ma dove capita, nel primo decreto utile, si cerca di favorire il settore privato (è bene non dimenticare che la maggioranza in Parlamento aveva provato anche a vendere le reti idriche e poi è stata fermata da un emendamento dell'opposizione),  e nello stesso tempo, ma in un'altra norma, si indebolisce la regolazione attuata dal settore pubblico (vedi taglio degli Ato). Questo quadro, poco edificante, non può essere visto come opportunità per rilanciare in Toscana le proposte tenute in un cassetto nella scorsa legislatura perché non avevano fatto registrare il consenso sia in Palazzo Panciatichi sia nel territorio. Si parlava di Ato unico (ma ora dovranno sparire) e di una grande società idrica per il governo del settore in modo da essere competitiva (ma più per proiezioni esterne che per esigenze interne). In base a quanto riportato nell'edizione odierna del Sole24 Ore Centro Nord, pare che l'argomento sia tornato di attualità nel corso di un convegno organizzato da Acque Spa (società che gestisce il servizio idrico nell'ambito pisano). A tirarlo fuori è stata Acea e non sorprende che il taglio degli Ato sia visto con favore «La cancellazione degli Ato significherà scomparsa dei localismi, e Acea è pronta a fare la propria parte» ha dichiarato  Marco Staderini Ad della multiutility romana. A parte che vedremo tra qualche tempo quali saranno gli interlocutori principali (magari Suez o Caltagirone), ma la cosa che deve far riflettere è che il soggetto gestore o meglio la componente privata (Acea è partner di minoranza nelle società Publiacqua, Acque, Acquedotto del Fiora e Nuove acque), si pronuncia in modo più o meno velato sull'asset di governo della risorsa idrica nella nostra Regione e quindi anche su chi dovrebbe controllarla. Nulla di nuovo dirà chi ha sempre evidenziato questo pericolo. Nel sistema misto pubblico-privato la parte pubblica presente nelle società di gestione e nel soggetto regolatore è in "conflitto di interesse" (poco virtuoso) e tra l'altro è la parte privata che ha  guidato la macchina. Non si può dire che abbia messo tutta la benzina perché siamo a lamentare carenze di risorse per sostenere gli investimenti necessari che con il sistema attuale pagano direttamente i cittadini con le bollette (questo sistema pare giunto al capolinea e su questo punto c'è uniformità di pareri). E queste risorse aggiuntive sono richieste al pubblico, alla fiscalità generale.

Nessuno ha la bacchetta magica per risolvere i problemi della risorsa idrica in Toscana come altrove. Carenza di infrastrutture, qualità dell'acqua migliorabile, depurazione delle acque usate e restituzione all'ambiente da completare o rendere efficiente...

 Il governo dell'acqua deve essere sostenibile secondo criteri ambientali, sociali ed economici. Per tal motivo è necessario partire dalle competenze nella gestione (che non appartengono solo al settore privato), dalla suddivisione netta dei compiti tra chi deve pianificare, controllare e chi deve gestire e dalla partecipazione dei cittadini (nelle forme democratiche di loro rappresentanza), che è giusto che scelgano come venga gestito e tutelato quello che è un bene comune. Se questi ingredienti sono condivisi le soluzioni per elaborare qualche proposta concreta non sono infinite. 

Torna all'archivio