[22/04/2010] News

La Svezia costruirą il primo deposito eterno (!) per le scorie nucleari

GROSSETO. La Svezia ha completato l'iter per individuare il sito dove mettere a dimora in maniera permanente le scorie provenienti dall'attività di produzione elettronucleare. Sarà la cittadina di Osthammar, a 100 km a nord di Stoccolma, dove è presente la centrale di Forsmark, che potrebbe, quindi, diventare la sede del primo deposito geologico definitivo di tutto il mondo per le scorie nucleari.

Adesso la richiesta di autorizzazione dovrà essere inoltrata all'Iaea e se verrà concessa i lavori di costruzione potrebbero iniziare dal 2015 per avere il deposito a regime entro il 2024.
Un passaggio, questo della definizione di un sito definitivo per le scorie radioattive, che potrebbe permettere alla Svezia di riprendere in considerazione la realizzazione di una nuova centrale elettronucleare.

La Svezia, che ha attualmente una capacità di energia nucleare installata di 10 GWe con 9 reattori BWR e 3 PWR che forniscono il 50% dell'elettricità del paese, dopo un referendum nel 1980, aveva stabilito di procedere alla graduale eliminazione della produzione elettrica tramite il nucleare, al più tardi entro il 2010.

Una decisione che è stata rimessa in discussione dall'attuale governo svedese, che ha anzi deciso di allungare l'attuale vita delle centrali attraverso ammodernamenti e che se avrà l'autorizzazione al deposito definitivo delle scorie potrebbe scegliere addirittura di pensare a nuove centrali: la legge svedese infatti non permette la costruzione di nuove centrali finché non è realizzato un deposito permanente.

La tecnologia che si prevede di utilizzare per tombare le scorie radioattive- spiegata sull'inserto Nova del sole24ore- è costituita da una serie di involucri successivi che racchiuderanno i residui di uranio, ossidati e trasformati in pellet, costituiti da un primo contenitore in rame con scheletro di acciaio spesso 5 centimetri, a sua volta immerso in un blocco di cemento; questi contenitori verrebbero poi fissati in un sito di roccia cristallina circondata da strati di argilla, in tunnel lunghi 250 metri, scavati ad una profondità di 500 metri e distanti 40 metri l'uno dall'altro e- una volta riempiti- verrebbero definitivamente sigillati.

La quantità di scorie che la Svezia dovrebbe da tombare in questi depositi definitivi ammonterebbe complessivamente ad oggi a 12.800 m3 di combustibile irraggiato, 1.700 m3 di rifiuti contaminati da plutonio e 9.500 m3 di rifiuti attivati delle centrali. Un totale di 24000 metri cubi di scorie ad alta attività cui vanno aggiunte quelle a media e bassa attività e quelle derivanti dal futuro smantellamento delle centrali esistenti, che se anche funzioneranno oltre il 2010, arriveranno un giorno, alla definitiva obsolescenza, e che si prevede produrranno 150.000 m3 di rifiuti radioattivi dal loro smantellamento.

Dato che non si sa il quantitativo che ogni singolo tubo è in grado di ospitare è difficile fare un calcolo sull'area che sarà necessaria per seppellire questi sarcofagi che, comunque sia, dovranno garantire la sicurezza per centinaia di generazioni future, dal momento che molto di questo materiale rimane attivo (in termini di radioattività e quindi di possibile contaminazione) anche per migliaia di anni.

Si torna quindi al dunque del problema concreto posto dallo sfruttamento nucleare per la produzione di energia elettrica: il fatto che le scorie che produce rappresentano un problema enorme, anche qualora si trovi la maniera corretta di gestirlo. E viene da chiedersi, leggendo la sequenza degli involucri pensati per il deposito svedese ( e tutta la tecnologia che vi sta dietro e le risorse necessarie per metterla a punto) se vale la pena impiegare tante energie a fronte dell'esiguo contributo che attualmente il nucleare dà al fabbisogno di energia elettrica mondiale.

L'energia nucleare copre infatti il 6,8% del fabbisogno mondiale di energia primaria e la sua percentuale sul totale della produzione mondiale di elettricità oscilla tra la quota del 14 e del 16%, grazie agli attuali 440 reattori funzionanti.

Anche con i circa ulteriori cinquanta reattori in costruzione e la volontà espressa da molti paesi di fare ricorso all'atomo che hanno spinto l'Agenzia internazionale dell'Energia Atomica ad alzare le previsioni al 2020 e 2030, la percentuale della domanda elettrica coperta dal nucleare stimata rimarrebbe comunque sotto quella attuale ovvero 13,5-14,6% nel 2020; 12,6-15,9 % nel 2030. Quando sul fronte delle rinnovabili negli ultimi cinque anni vi è stato un incremento che ha nei fatto superato di diverse volte l'atomo non solo per potenza installata, ma anche per produzione di elettricità.

Sul sito Quale energia si legge infatti che le energie rinnovabili sono oggi già in grado di generare 3.900 TWh all'anno, ovvero il 50% in più rispetto ai 2.600 TWh/anno del nucleare. Se poi si considera la potenza elettrica (eolica e solare) installata negli ultimi 5 anni nel mondo, questa è stata 14 volte superiore alla potenza nucleare entrata in rete, che in termini di produzione di elettricità significa tre volte tanto quella prodotta dal nucleare.

Continuare a perseguire la strada dell'energia elettrica prodotta dall'atomo significa allora continuare nell'approccio che- per dirla con Jan Paul Fitoussì - è quello del deprezzamento del futuro a fronte della preferenza del presente. Un problema oltre che ecologico (per tutte le caratteristiche che la filiera nucleare pone) ed economico ( i costi attuali e futuri di questa scelta) assume anche caratteristiche etiche: chi può garantire la sicurezza di depositi attuali di fronte alla minaccia terroristica (cui potrebbero bastare esigue quantità per realizzare le cosiddette bombe sporche) e dei depositi considerati definitivi nei confronti delle molteplici future generazioni che se li ritroveranno -forse anche in maniera inconsapevole- in eredità?

 

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