[03/02/2010] News

Rinnovabili: un'opportunitą non senza contraddizioni

LIVORNO. Mentre il destino dei combustibili fossili è a tutti gli effetti segnato, la strada delle rinnovabili e il percorso di un nuovo modello energetico in grado di rispondere alle esigenze del protocollo di Kyoto e alle normative europee per l'abbattimento dei gas serra, sembra tutto da scoprire e regolamentare. Le contraddizioni, in questa "rivoluzione verde", non mancano. Il problema non sono i pannelli o le pale eoliche, sia ben chiaro, ma piuttosto i criteri per costruire un futuro energetico più sostenibile. La crescita delle rinnovabili, intanto, è ormai un dato di fatto. A primeggiare, nel campo dell'eolico, sono le regioni del sud con Puglia (850 megawatt installati), Sicilia (800 mw), Campania (620) e Sardegna (450). Sempre alla Puglia va il primato del fotovoltaico, seguita dalla Lombardia, dall'Emilia-Romagna e dal Trentino. Se poi guardiamo alle biomasse, c'è una vera impennata di richieste di autorizzazione e di centrali già attive. Una corsa alla produzione di energia che qualche volta non ha come obiettivo il tanto celebrato 20-20-20 (riduzione del 20% delle emissioni di Co2 e l'incremento del 20% dell'energia totale prodotta con rinnovabili entro il 2020). Contro il moltiplicarsi di grandi impianti  a biomasse si è espresso anche l'esponente del Pd Ermete Realacci che ha chiesto  "una moratoria per frenare le grandi centrali e incentivare quelle di piccola taglia a vantaggio delle comunità locali". Sulla stessa linea il presidente di Slowfood, Carlo Petrini che indica le via giusta anche per il fotovoltaico. "L'idea che le energie rinnovabili vadano raccolte in "grandi centrali" anziché in milioni di piccole installazioni distribuite, rappresenta un ibrido per cui le energie del futuro andrebbero prodotte secondo le logiche del passato", ha spiegato Petrini.

Il caso Toscana. Per favorire, ma anche per regolamentare la crescita delle rinnovabili, la Regione Toscana, nel 2008, ha approvato il Pier (Piano di indirizzo energetico regionale), uno strumento di pianificazione e programmazione energetica con il quale sono state dettate anche indicazioni per l'approvazione dei progetti di nuovi impianti. Ma non sempre, le aziende e gli enti locali  hanno rispettato i precetti regionali. Il documento, infatti, non è vincolante e le amministrazioni provinciali o comunali, in teoria, possono non adeguarsi alle prescrizioni regionali. Né è un esempio la centrale a biomasse approvata di recente  a Livorno dove la Provincia ha dato il via libera a un impianto da 52 megawatt, che quando entrerà in funzione, sarà il primo a livello regionale (anche tra quelli a oli combustibili) per emissione di sostanze inquinanti. Eppure, le biomasse dovrebbero essere la nuova frontiera per sostituire il petrolio e tutti i combustibili fossili. Le direttive europee sono chiare e definiscono biomassa "la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura dalla silvicoltura e dalla industrie connesse...". Che possa essere una risorsa verde non ci sono dubbi, quindi. Vediamo allora cosa c'è che non va. 

Le biomasse a filiera lunga. L'impianto progettato dalla società "Porto Energia", in teoria, rientra quelli tra quelli che dovrebbero produrre energia pulita. Le condizioni per rientrare nel novero delle centrali verdi sono due: una riguarda il tipo di combustibile e il rispetto della filiera corta (una distanza massima di 70 chilometri tra centrale e fornitore di combustibile); l'altra, l'osservanza dei limiti previsti dalla legge   per le emissioni di polveri. E tutte e due sembrano non essere state seguite. Ancora oggi, a pochi mesi dell'approvazione (avvenuta a dicembre 2009), la società proponente, non ha ancora chiarito se verranno utilizzati combustibili "locali" o di provenienza comunitaria, oppure, come appare probabile, oli di colza o di palma (spesso sono coltivazioni che nascono da territori deforestati e quindi da evitare). Nell'autorizzazione rilasciata dagli uffici provinciali, infatti, la voce combustibile, è vaga e si parla genericamente solo di "oli vegetali". C'è di più. Nell'iter di approvazione non è stata eseguita la Valutazione di impatto ambientale e la centrale non installerà come suggerito - è un parere non vincolante - dall'Arpa Toscana, i necessari filtri per l'abbattimento delle polveri.  Il presidente della Provincia di Livorno, Giorgio Kutufà, ha spiegato "che la procedura è corretta e che i filtri verranno installati in seguito a un periodo di monitoraggio". Una tesi che non ha convinto un gruppo formato da esponenti di Medicina Democratica e dal Comitato Ambiente che hanno depositato un ricorso al Tar. Per loro, l'autorizzazione non è regolare. "Oltre a vizi formali nella procedura, non è stata rispettata la convenzione Aarhus sulla partecipazione e praticato un adeguato coinvolgimento dei cittadini che dovranno subire tutte le conseguenze ambientali dell'ennesimo impianto per la produzione di energia elettrica nel nostro territorio", hanno spiegato gli attivisti.

Le biomasse sostenibili. Tra i vari progetti, non mancano comunque gli esempi virtuosi. A Pisa, la società Teseco, in perfetta sintonia con il Pier, ha dato il via a una centrale, di piccole dimensioni (2,5 megawatt). L'impianto sarà alimentato con biomasse legnose provenienti dall'attività di manutenzione di boschi e verde pubblico che saranno forniti sotto forma di cippato, ovvero in piccoli pezzi o scaglie di dimensioni di qualche centimetro. Le biomasse saranno reperite in ambito locale, o comunque in un'area di 60 - 70 km di raggio, tramite contratti con aziende, consorzi e cooperative operanti nel settore. Questo sistema, è bene ricordarlo, permette di rendere neutre le emissioni di CO2 dell'impianto, poiché l'anidride carbonica emessa è pari a quella assorbita dalle piante per la loro crescita.

Eolico. Il vento, è la fonte di energia più pulita per eccellenza. Il dibattito sulle pale che sempre più spesso vediamo fendere l'aria nelle campagne o nelle periferie delle città, però, non accenna a attenuarsi. Da una parte c'è chi ritiene l'eolico un'opportunità sempre e comunque; dall'altra chi, per la salvaguardia dell'ambiente, chiede cautela nell'approvazione dei progetti. Secondo il responsabile energia di Legambiente Toscana, Edoardo Zanchini, il problema è che "l'eolico non è ancora considerato un'opportunità ma al contrario è visto con pregiudizio". Una visione smentita dall'assessore all'ambiente della Regione Toscana Anna Rita Bramerini. Con i suoi 105 megawatt autorizzati, la regione ha raggiunto il 35% di quei 300 megawatt previsti dal Pier entro il 2020. E se tutte le richieste fossero approvate, vi sarebbe un'impennata ben oltre gli obiettivi fissati. "Però ci vuole cautela", è l'adagio dell'assessore. "I risultati raggiunti dimostrano che c'è stata una accelerazione nella concessione delle autorizzazioni anche se le procedure sono complesse", ha dichiarato Bramerini. "Questo però è dovuto anche alle peculiarità del nostro territorio e alla bellezza del nostro paesaggio per cui ogni autorizzazione deve essere valutata con attenzione per limitare al minimo l'impatto ambientale di questi tipo di impianti", ha concluso l'assessore.

Le zone grigie e il business delle rinnovabili. Qualche punto debole nella programmazione regionale toscana realizzata attraverso il Pier, e di conseguenza sulla strada delle rinnovabili, in effetti, c'è. Per dare l'ok a un impianto eolico la procedura prevede che: a) nel caso di impianti fino a 5 chilowatt sia sufficiente una comunicazione al Comune; b) per parchi con potenza da 5 a 50 chilowatt è necessaria una Dia; c) per impianti al di sopra di 50 chilowatt, la competenza è del settore Via regionale. Bene, tutto chiaro, nessuna incertezza. Le verifiche, prima di intervenire in territorio ci devono essere. Rimane però un dubbio, non tanto sull'iter specifico, quanto sull'inquadramento dello stesso all'interno del documento di programmazione regionale rispetto ad altre autorizzazioni: per una centrale a biomasse, è prevista "la competenza provinciale per il rilascio dell'autorizzazione". Che arriva con una "determina" dirigenziale (come nel caso della centrale a Livorno). Un iter che non obbliga al rispetto della filiera corta, alla Valutazione di impatto ambientale, e peggio ancora, al rispetto dei pareri dell'Arpa Toscana sui filtri per l'abbattimento delle polveri. Ben più rigide invece sono le prescrizioni per l'eolico. E tornando al fotovoltaico, come evidenziato da Petrini, non sembra ancora chiaro la necessità "di una piccola produzione più distribuita possibile e di impianti locali disegnati sulle effettive possibilità di un territorio, prima di tutto al servizio del territorio stesso" e non di pannelli che tolgono spazio all'agricoltura.

E' il cammino, ancora tutto definire, della nuova "rivoluzione verde".  Un percorso nel quale, qualche volta, prevale l'interesse di singole aziende pronte solo a fare profitti.

 

Torna all'archivio