[12/04/2010] News

ĢIntroducete il reato di "ecocidio" nella lista dei crimini contro la paceģ

FIRENZE. Aggiungere ai quattro "crimini contro la pace" finora previsti dall'ordinamento internazionale (genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione) il reato di "ecocidio", in modo da far sì che sulle devastazioni immotivate di ecosistemi abbia competenza la Corte internazionale di giustizia (International criminal court - Icc). E' la proposta lanciata alle Nazioni unite venerdì scorso da un gruppo di opinione coordinato dall'avvocato Polly Higgins, esperto in cause ambientali e già promotrice dell'appello (novembre 2008) per la stesura di una "Dichiarazione universale dei diritti del pianeta" da realizzarsi sulla falsariga della Dichiarazione dei diritti dell'uomo.

L'espressione "ecocidio" non è nuova, visto che già nel 1992 un libro di Jeremy Rifkin la proponeva come titolo. Nuova è però l'ipotesi di introdurla esplicitamente nell'ordinamento internazionale, ipotesi che, almeno secondo le intenzioni dei promotori riportate dal quotidiano inglese "Guardian", «potrebbe anche essere usata per perseguire i "negazionisti del clima" che distorcono scienza e dati di fatto per scoraggiare gli elettori e i politici dall'agire per contrastare il global warming e i cambiamenti climatici».

Secondo Higgins, «l'ecocidio è in sostanza l'antitesi della vita: esso porta all'impoverimento delle risorse, e dove c'è un'escalation dell'impoverimento delle risorse, subito dopo segue la guerra. E dove certe devastazioni derivano dall'azione umana, l'ecocidio può essere visto come un crimine contro la pace». La nuova definizione che i dizionari dovrebbero offrire del termine, secondo l'avvocato inglese, sarebbe «la distruzione estensiva, il danneggiamento (o la perdita) degli ecosistemi di un dato territorio, nel caso in cui - per l'intenzionalità umana o per altre cause - è stata significativamente diminuita la possibilità di pacifico godimento del territorio in questione per gli abitanti».

La proposta sarà ora analizzata dalla Commissione giurisprudenza delle Nazioni unite, mentre un voto a riguardo dell'assemblea plenaria (in cui sarà necessaria, per l'approvazione della proposta, una maggioranza dei 2/3 dei 197 paesi votanti) è previsto per il 2012. Il principale elemento di innovazione che sarebbe annesso all'instaurazione di una "ecocide law" riguarda il fatto che le azioni giudiziarie per crimini ambientali potrebbero essere condotte verso i singoli amministratori delle compagnie, e non più, come oggi avviene comunemente, contro le persone giuridiche nella loro globalità. Di conseguenza, sottolinea il Guardian, «le imprese energetiche tradizionali potrebbero doversi evolvere in "imprese per l'energia pulita", molte miniere dovrebbero essere chiuse o ridimensionate, le produzioni chimiche che contaminano il suolo e l'acqua e uccidono la wildlife dovrebbero essere abbandonate, e la deforestazione su larga scala non sarebbe più possibile». Ma le conseguenze sono ancora tutte da immaginare, come ammette la stessa Higgins affermando di stare «appena iniziando a capire quale enorme cambiamento si potrebbe avere».

Vedremo il seguito che avrà l'iniziativa, che va nella stessa direzione di altre attuate anche da parte di paesi in via di sviluppo, come la Bolivia, per una maggiore irregimentazione giurisprudenziale delle azioni da compiersi contro quelle imprese che attuano prelievi dal capitale naturale ad un tasso - o con modalità - insostenibili. Certo, dalla formulazione riportata nell'intervista al Guardian emerge, riguardo alla proposta della Higgins, un certo radicalismo, che fa dubitare che l'idea giungerà - con questa formulazione, appunto - a trasformarsi in una normativa concreta. Inoltre, ciò che appare rendere per certi versi illusoria (o perlomeno prematura) l'ipotesi è il fatto che tuttora non sussiste, a livello globale così come su scala nazionale italiana, una vera e propria classificazione dei flussi di energia e soprattutto di quelli di materia che costituiscono il metabolismo del sistema economico: se, quindi, ancora non è stata stabilita (a parte alcune eccezioni, in primo luogo - almeno per quanto riguarda le emissioni "alla foce" - la gestione del ciclo del carbonio) una "soglia di sostenibilità" dei prelievi da attuarsi in termini di commodities energetiche e materiali, come sarebbe possibile definire le sanzioni per la non ottemperanza a criteri che sono ancora lontani dall'essere definiti su scala sovranazionale?

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