[12/04/2010] News

La gestione della complessità rende difficile avere lo sguardo puntato sul futuro

ROMA. Chi si occupa di storia della tecnologia vi dirà che l'evoluzione avviene in modo incrementale o in modo rapido. Nel corso della storia ci sono piccole scoperte che hanno rivoluzionato un'intera epoca. E queste scoperte avvengono in ogni campo del sapere: dall'introduzione della patata e del mais, alla macchina per filare o al motore a vapore.

Per molti anni l'evoluzione dell'uomo sembra abbia camminato su un sentiero lento. Ma negli ultimi decenni questa evoluzione ha intrapreso una corsa che sembra irrefrenabile e che ogni giorno spinge scienziati e tecnici a parlare di "rivoluzione". I nostri libri di storia occupano sempre di più poche pagine per condensare millenni di sapere e interi volumi su ciò che è accaduto negli ultimi decenni.

Certamente influisce il fatto che oggi il pianeta è densamente affollato e che la storia si fa in ogni parte del mondo, ma mai come in questo momento sembra non esistere il senso del divenire. Non riusciamo ad accorgerci del tempo che passa perché ci sembra di vivere costantemente nel passato. Il nostro telefonino invecchia in pochi mesi, così il computer o la lavatrice.
Questa rapidità di invecchiamento tecnologico deprime perché ci fa sentire sempre inadeguati. Bisogna avere una forte presenza di spirito per non sentirsi travolti dalla sensazione di essere vecchi e inadeguati.

Eppure proprio questo è l'insegnamento che dobbiamo trasmettere ai giovani. Finora tutte le innovazioni tecnologiche non avevano influito sull'essere umano che era rimasto lo stesso che possiamo trovare nel primo romanzo che conosciamo: L'epopea di Gilgamesh. Finora il modo di stabilire relazioni sociali e il modo di costruire i legami all'interno della famiglia e della società era rimasto lo stesso e l'attualità di Confucio non era mai stata messa in dubbio.
Il pensiero in occidente era di tipo lineare, proprio come lo scorrere del tempo. In oriente il pensiero era circolare ma nel cerchio c'era soprattutto la natura con i suoi cicli.

Le telecomunicazioni hanno iniziato a creare necessità di nuove strutture mentali. Il pensiero lineare non era più sufficiente a gestire informazioni "parallele", ossia informazioni che ci arrivavano contemporaneamente da diverse situazioni e in diversi modi. Telegrafo, giornali, fotografie e telefono hanno iniziato a scalfire alcune certezze.
Ma è il web ed internet 2.0 che ha creato una frattura fra l'uomo come lo abbiamo studiato e come lo possiamo vedere nelle persone anziane e le nuove generazioni. Il web è per sua natura multitasking, ossia gestisce contenuti ed informazioni in parallelo ed obbliga l'uomo ad usare anche il pensiero laterale.

Per la prima volta nella storia dell'uomo, le relazioni sociali sono mediate dalla tecnologia ed il linguaggio verbale ha perso di importanza rispetto a quello visivo. Per non parlare della difficoltà nella gestione delle emozioni che mette in risalto tutta la fragilità delle nuove generazioni.
A queste generazioni il nostro mondo appare banale. Il loro cervello si sta strutturando per gestire la complessità (salvo poi avere un bisogno disperato dell'esperienza umana di chi ha qualche anno in più) e vogliono un mondo sempre più virtuale.

La gestione della complessità impedisce di avere grandi prospettive, di avere lo sguardo puntato sul futuro. Il futuro è, infatti, talmente rapido, che solo chi riesce a mantenere un forte equilibrio può provare ad indicare una direzione. Ma la gestione del presente è totalizzante.

Mai come in questo momento le innovazioni tecnologiche rendono dinamico il presente e sovvertono il momento. Per questo penso sia giunto il momento di sperimentare il futuro, di creare un luogo dove possano essere impiegate tutte le nuove tecnologie e dove si possa anche studiare come ci stiamo antropologicamente evolvendo.

Dovremo cercare di proiettare il futuro nel presente per poter capire in che modo non perdere l'essenza dell'uomo ma imparare a vivere in 7 miliardi di persone su questo pianeta rispettando la natura.
Anche perché, come diceva un grande filosofo italiano, Giacomo Leopardi, la natura è indifferente all'uomo e se non la comprendiamo finirà per ribellarsi.

(nell'immagine, un'opera di Valente Taddei)

Torna all'archivio