[09/04/2010] News

Un nuovo studio americano ribadisce il tragico impatto di certe tecniche di pesca sulle tartarughe marine

FIRENZE. Quando si pesca con metodi ad alto impatto ambientale come con le reti a strascico, le conseguenze che si provocano non possono essere definite "accidentali". Spesso tra queste conseguenze ce ne sono alcune con esiti drammatici come quelle sulle tartarughe marine.

La conferma viene da un nuovo studio americano, pubblicato su Conservation letters, in cui è stato analizzato l'andamento delle catture accidentali negli ultimi 20 anni. Il quadro è allarmante: sono otto milioni gli esemplari di tartarughe marine che sono morte dopo essere state pescate "in modo fortuito", rimaste infilzate in ami e impigliate in reti usate dai pescherecci per la pesca commerciale.

Il team di ricerca, guidato dai biologi Bryan Wallace del Conservation International di Arlington, in Virginia, e Rebecca Lewison della San Diego State University in California, ha esaminato nel dettaglio le relazioni di tutte le catture accidentali delle tartarughe avvenute tra il 1990 ed il 2008: i dati raccolti hanno reso evidente che sono tre le tecniche di pesca da mettere "all'indice": lo "strascico", in cui una rete generalmente a forma conica viene trainata sul fondo del mare da una più barche; i "palangari", cioè trappole con 100 o più ami; l' "imbrocco", una tecnica molto usata nel Mar Adriatico, in cui viene intrappolata la testa del pesce che non riesce ad andare né avanti né indietro nella maglia della rete, che viene lasciata generalmente alla deriva sotto l'azione dei venti e delle correnti.

La ricerca che si è basata sia su osservazioni dirette svolte a bordo e su interviste ai marinai delle flotte di pesca, ha evidenziato anche le due aree marine a maggior rischio per le tartarughe: il Pacifico orientale e il Mediterraneo che sono state definite ''aree a priorità urgente di conservazione''.

«La pesca a strascico si potrebbe rappresentare come un meteorite che colpisce la Terra - ha ribadito Marco Curini-Galletti, professore ordinario di Zoologia all'università di Sassari - Gli effetti e i danni che produce se fossero visibili sulla terra ferma avrebbero portato alla sua messa al bando già molti anni fa. La situazione degli ecosistemi marini è purtroppo molto compromessa, la biodiversità marina è in grave crisi, ma questa viene valutata molto di meno rispetto a quella terrestre. Purtroppo per far venire a galla il problema c'è bisogno che vengano colpiti animali carismatici come la tartaruga marina, la balenottera azzurra e la foca monaca. E'una tragedia che continuerà a peggiorare se non ci sarà un reale cambiamento d'indirizzo» ha concluso Curini-Galletti.

Nel Pacifico, lungo le coste della Baja California in Messico, sono migliaia le testuggini in vie d'estinzione che vengono catturate dagli ami della pesca per il tonno, mentre nel Mediterraneo sono le reti delle pesca a strascico e imbrocco che la causa della decimazione delle tartarughe.

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