[26/03/2010] News

Africa: mancanza di infrastrutture e frontiere coloniali impediscono lo sviluppo

LIVORNO. Secondo L'Unione Africana (Ua) «Il commercio interno del continente rappresenta solo il 9% del totale degli scambi commerciali in Africa, che si trova all'ultimo posto in rapporto alle altre regioni, contro il 18% in America Latina, il 40% nel sud-est asiatico, e il 74% nell'Unione europea».

Questo debolissimo interscambio tra i Paesi africani dipenderebbe dal sotto-sviluppo delle infrastrutture dei trasporti stradali e ferroviari, dai costi elevate dei trasporti e da una burocrazia lentissima.

Il commissario dell'Ua per la pace e la sicurezza, Ramtane Lamamra, ha spiegato alla seconda Conferenza dei ministri africani che si occupano delle questioni frontaliere che si è tenuta ad Addis Abeba, in Etiopia, che «Le attese alle frontiere sono uno degli ostacoli al commercio in tutto il Continente. In Africa un'esportazione necessita di 35 giorni ed un'importazione di 41 giorni, controi i 0 giorni di media nei Paesi sviluppati».

Al contrario, le frontiere africane sono le più porose e facilmente perforabili, con qualche mancia e molte complicità, per il commercio illegale di materie prime, legname pregiato, animali in via di estinzione ed avorio.

Gli stessi temi sono stati ripresi da Jacob Zuma, il presidente del Sudafrica, la maggiore potenza politica ed economica dell'Africa, durante la sua visita in Uganda, dove ha invitato i Paesi africani ad unirsi e ad avere degli scambi commerciali tra loro «Per costruire un continente prospero e libero».

Evidentemente comincia a pesare, anche a livello politico, il continuo flusso di materie prime che lascia l'Africa verso l'Europa, la Cina e l'America e del quale non rimane praticamente nulla in termini di benessere e sviluppo infrastrutturale. Un neo-colonialismo che Zuma ha individuato indicando ai Paesi africani la strada dello scambio di merci ed investimenti tra di loro, ispirandosi ognuno alle buone pratiche degli altri per lo sviluppo dell'Africa.

Rispondendo al presidente ugandese Yoweri Museveni che chiedeva una più forte integrazione panafricana e dell'Africa orientale, Zuma ha detto : «In un momento in cui l'Africa ricerca l'unità a livello politico, si deve riconoscere che l'unità finale deve necessariamente comportare l'integrazione economica del continente. I mercati comuni sono tanto lontani dall'essere efficaci per l'unità dei Paesi quanto le dichiarazioni comuni».

Poi rivolgendosi ai parlamentari ugandesi riuniti a Kampala ha detto: «Lo sviluppo economico del continente è prigioniero delle frontiere imposte dal colonialismo sul territorio africano, ma gli africani dovrebbero tracciare le loro proprie "linee". Queste "linee" dovrebbero essere quelle che rappresentano le strade, le ferrovie, le reti elettriche, gle oleodotti e i cavi a fibra ottica. Se dobbiamo andare più lontano, abbiamo bisogno di farlo insieme».

Zuma diventato presidente dell'ultimo Paese dell'Africa a liberarsi dal colonialismo incancrenitosi nell'apartheid, si trova ora a guidare una riscossa africana che guarda alla sua esperienza "arcobaleno" ma che deve fare i conti con nuovi protagonisti e nuove forma di colonialismo, sfruttamento e corruzione, ma anche con l'indebolimento degli Stati nazione disegnati dalla decolonizzazione che non hanno mai chiuso davvero con lo spezzettamento tribale, religioso ed etnico che sta mettendo in crisi giganti territoriali e demografici (e potenzialmente economici) come Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Sudan e che ha dissolto la Somalia.

Non è forse un caso se, dopo le pressioni israeliane, cinesi ed europee per mettere le mani sui giacimenti di petrolio e gas trovati recentemente in Uganda, Museveni ha voluto che fosse proprio Zuma ad inaugurare la Camera di commercio delle miniere e del petrolio dell'Uganda, l'organizzazione che dovrebbe gestire nei prossimi anni la nascente industria petrolifera. Per lo sfruttamento degli 800 milioni di barili di greggio scoperti nel Bacino del lago Alberto si era già fatta avanti la China national offshore oil corporation che aveva promesso l'apertura della nuova frontiera per l'industria petrolifera africana. Ora Zuma promette la creazione di una commissione permanente per il commercio tra Uganda e Sudafrica e più strette relazioni bilaterali vantando la posizione di leader mondiale del Sudafrica nel settore minerario che può aiutare l'Uganda a sviluppare e costruire la sua industria mineraria e petrolifera "all'africana" e promettendo che le imprese petrolifere sudafricane se otterranno le licenze reinvestiranno in Uganda il 100% dei loro profitti.

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