[17/03/2010] News

Scalia (La Sapienza) "boccia" Hansen: «Meglio una carbon tax finalizzata a orientare comportamenti virtuosi»

GROSSETO. In un'intervista rilasciata al Sole24ore, James Hansen, il direttore scientifico del Goddard center della Nasa, e tra i primi scienziati a denunciare i cambiamenti climatici, torna sul suo cavallo di battaglia, ovvero la necessità dell'introduzione di una carbon tax per contenere le emissioni di anidride carbonica, al posto del meccanismo del cap and trade.

Secondo Hansen il meccanismo cap and trade sarebbe inutile al raggiungimento dello scopo che si prefigge oltre ad essere sbagliato, perché dà la possibilità di comprare emissioni senza intervenire efficacemente sulla loro riduzione. «E' una specie di mercato delle indulgenze - spiega Hansen -  dove alla fine le compagnie petrolifere e le utilities che le emettono anidride carbonica ci guadagnano. E le emissioni complessive non scendono».

Il sistema cap and trade prevede un meccanismo di limitazioni all'emissione di CO2 attraverso l'assegnazione di quote e la vendita dei permessi di emissione da parte di chi sta sotto queste quote (sistema che è alla base dell'Ets europeo).

Meglio, invece, secondo il climatologo statunitense, pensare a «una tassa sui consumi di combustibili fossili e poi redistribuire i proventi alle famiglie» Un sistema che potrebbe far salire i costi dell'energia prodotta con combustibili fossili utile a far crescere il ricorso alle energie rinnovabili.

James Hansen lo aveva anche raccomandato al presidente Barak Obama in una lettera di auguri per il nuovo anno, in cui segnalava l'inefficacia del meccanismo cap and trade, che alcuni stati americani hanno già adottato e che il presidente degli Usa vorrebbe introdurre a livello federale.
Un meccanismo quello, di Hansen, già in atto in alcuni paesi scandinavi, proposto lo scorso anno in Francia dal governo Sarkozy ma poi bocciato e annullato dal Consiglio costituzionale francese tre giorni prima della sua entrata in vigore, prevista per il 1° gennaio.

L'obiettivo era di indurre i francesi a ridurre le loro emissioni di anidride carbonica attraverso una tassa, fissata a 17 euro la tonnellata di Co2, da applicare al consumo d'energia delle famiglie e delle imprese, con una compensazione per i privati.

A sostenere la carbon tax, come strumento economico per le politiche climatiche, era stato anche il governo svedese, per il successo che il suo regime fiscale ha avuto sulle emissioni di anidride carbonica, e che aveva annunciato la volontà di condividere questa esperienza con gli altri paesi, nel semestre di presidenza europea.

Il sistema di scambio di emissioni europeo, basato sul cap and trade, secondo la Svezia lascia fuori infatti il 60% delle emissioni e, quindi , una tassa sarebbe il migliore mezzo per abbassarle.

In Italia non si sente parlare di carbon tax da quando nel 1998 non fu introdotta dall'allora
ministro dell'Ambiente Edo Ronchi, che per l'Italia firmò il Protocollo di Kyoto.
La carbon tax venne introdotta nella legge Finanziaria e prevedeva la sua applicazione con un meccanismo graduale concepito con incrementi annuali. Il gettito era poi finalizzato a ridurre i costi del lavoro. Ma dopo gli iniziali incrementi delle accise relativi al primo anno di operatività, nei fatti la tassa non è mai stata implementata e alla fine annullata.

«L'introduzione della carbon tax fatta da Edo Ronchi aveva un grande fattore di novità proprio perché era finalizzata a ridurre i costi del lavoro» ci spiega Massimo Scalia, dell'Università La Sapienza di Roma. «Non vedo invece una finalità condivisibile nel meccanismo proposto da Jansen».

Per quale motivo?
«Perché la redistribuzione dei proventi ottenuti con la tassa sul carbonio avverrebbe senza alcun tipo di discrezionalità ai cittadini, quindi potrebbe avere solo l'obiettivo di far ripartire i consumi ma questi potrebbero essere di ogni genere: dai telefoni cellulari a qualsiasi cosa. Sarebbe diverso se si costituisse un fondo che premia comportamenti virtuosi e incentiva risparmio, efficienza energetica e ricorso a energia prodotta con fonti rinnovabili. Ma non mi sembra che il meccansimo di fee and dividend proposto miri a questo».

 

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