[10/03/2010] News

Lituania: la strana storia dell'oleodotto "Amicizia" e della raffineria della discordia

LIVORNO. Il governo della Lituania ha chiesto la ripresa delle forniture petrolifere russe attraverso la pipeline Drujba (Amicizia) che attraversa il territorio della Bielorussia.

Oggi in una conferenza stampa tenuta a Minsk, la capitale della Bielorussia, l'ambasciatore lituano Edvinas Bagdonas, ha detto che «Il blocco dell'oleodotto avvenuto nel 2006 non permette di avviare l'esportazione, ma una volta terminate le riparazioni, si potrebbero trovare diverse varianti di utilizzo della condotta. La parte lituana intrattiene contatti permanenti con le compagnie energetiche russe e bielorusse».

Mosca ha sospeso le forniture a Vilnius dall'estate 2006 dopo un incidente accaduto nel troncone bielorusso della condotta, la ramificazione che collega la Bielorussia a Lituania e Lettonia. Con tutta probabilità dietro c'è la volontà del governo russo di tenere sotto pressione i governi "nemici" dei due Stati baltici e di premere perché alcuni affari non vengano conclusi a danno di Mosca.

Uno di questi potrebbe essere l'eventuale vendita di azioni della raffineria polacca Mazeikiu Nafta ad un investitore russo. L'ambasciatore Bagdonas ha sottolineato che «Questa transazione non fa che confermare l'importanza dell'oleodotto Drujba».

Attualmente la raffineria che sorge in territorio lituano appartiene ai polacchi della Pkn Orlen che sarebbero disposti a cedere il 25% del capitale per 1,25 miliardi di dollari ad un investitore "strategico" russo come Rosneft, ma solo se riprenderanno le forniture attraverso l'oleodotto Drujba. La Mazeikiu Nafta, l'unica raffineria presente in Lituania, con una produzione che può arrivare a 12 milioni di tonnellate di petrolio all'anno, comprende anche un terminal petrolifero e una rete di canalizzazione e trasporto. Su i tratta di un'attività che potrebbe far gola a molti, visto che nel 2009 l'utile netto della società ha raggiunto 440,8 milioni dollari e le entrate sono state 23 miliardi di dollari.

Ma se i lituani sperano, devono fare i conti con quello che meno di un anno fa disse il ministro russo dell'energia Viktor Khristenko: «La ripresa delle forniture di petrolio alla Lituania attraverso l'oleodotto dove nel luglio 2006 è stata constatata una fuoriuscita non sarebbe una buona soluzione e l'unica raffineria di quel Paese può essere altrettanto ben alimentata con il petrolio avviato per mare».

Vilnius allora minacciava addirittura di mettere il veto sui negoziati Ue-Russia sul nuovo accordo di cooperazione economica se non fosse stato riaperto il troncone bielorusso dell'elettrodotto, Khristenko rispose che «Tutto quel che riguarda lo stato del troncone dell'oleodotto Drujba non dipende dalla volontà del governo russo. E' una reazione obbligata della società Transneft al blocco». Che la Transneft trasporti il 93% del petrolio russo e che sia strettamente controllata dal governo è evidentemente un particolare di scarsa importanza...

E' anche vero che dopo l'incidente del 2006 il servizio federale russo di regolamentazione tecnica (Rostechnadzor) ha vietato il trasporto di petrolio nell'oleodotto costruito negli anni '60, ma secondo Vilnius il problema è politico e non tecnico ed aveva proposto, in cambio della riparazione della pipeline, la sistemazione della linea ferroviaria che collega la Russia alla sua enclave di Kaliningrad che passa attraverso il territorio lituano. Ma i russi da questo orecchio non sembrano sentirci, già nel 2008 il vice-premier russo Igor Setchin disse che se i lituani avevano bisogno di petrolio potevano utilizzare il terminale di Primorsk.

Ma le cattive condizioni dell'oleodotto Drujba non preoccupano solo i lituani, anche L'Ue si serve di quello che, con i suoi 6.000 chilometri di lunghezza, è il più grande sistema di oleodotti del mondo: il troncone nord passa attraverso il territorio di Bielorussia, Polonia e Germania, il troncone sud da Ucraina, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria.

Nel 2009 un grosso incidente si è verificato anche a Imenin, nel ramo bielorusso di Mozyr-Brest, con una perdita di almeno 100 m3 di petrolio e l'inquinamento di diverse migliaia di m2 di terreno, causando tensioni tra Minsk e Mosca che si accusano a vicenda della cattiva gestione e manutenzione della condotta.

Torna all'archivio