[04/03/2010] News

Ogm, Mammuccini (Arsia): «Prima di tutto servono valutazione economica e ricerca pubblica»

GROSSETO. La decisione di Bruxelles che ha interrotto la moratoria durata 12 anni alla coltivazione degli Ogm sta sollevando un forte dibattito tra chi ritiene che questa decisione possa comportare seri danni all'agricoltura del nostro paese e rischi per la salute dei cittadini, e chi invece la ritiene una grande opportunità per la ricerca in questo campo e per l'avvio di un approccio moderno all'agricoltura.

Tra coloro che la considerano una scelta «in piena violazione del principio di precauzione»  e che «risponde evidentemente non agli interessi dei cittadini e degli agricoltori ma delle potenti lobby del Biotech» Sinistra Ecologia Libertà, che ha promosso questa mattina  un presidio di protesta  a Roma prima davanti alla sede della Commissione europea e poi davanti a Palazzo Chigi. «Il danno - dichiara Loredana De Petris della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà - per la nostra agricoltura che da tempo ha scelto la via della qualità e della identità  territoriale potrebbe essere devastante» e chiede al Governo e il ministro Zaia di non «continuare in dichiarazioni di contrarietà agli Ogm senza fare mai seguire i fatti».

Tra gli oppositori di questa scelta della Commissione europea c'è infatti anche il ministro dell'Agricoltura Luca Zaia che ha annunciato alcune contromosse alla decisione della commissione europea. «Ribadiamo la nostra ferma contrarietà agli organismi geneticamente modificati. - ha dichiarato Zaia - E ci muoveremo in tutte le direzioni a nostra disposizione per far sì che gli ogm non attentino alla nostra agricoltura identitaria, culla della biodiversità che intendiamo preservare. Per questo avvieremo la procedura per richiedere la clausola di salvaguardia con cui bloccare la commercializzazione e la coltivazione di questi prodotti nei nostri territori. E valuteremo anche l'ipotesi di un referendum per consultare i cittadini: il volere del popolo è sovrano, e a noi risulta che la stragrande maggioranza degli italiani è contraria agli ogm».

Sarà sufficiente la clausola di salvaguardia come misura per arrestare l'arrivo di prodotti ogm sul nostro paese? O potrà essere scavalcata dalle posizioni intransigenti di Bruxelles?

«Non so con certezza se giuridicamente il regolamento di salvaguardia possa essere esaustivo» ci ha detto Maria Grazia Mammuccini, amministratore di Arsia, l'azienda regionale toscana per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura.

«Apprezzo le posizioni del ministro - ha continuato- perché danno il senso di una scelta ben precisa ma sarebbe necessario andare oltre alle mere affermazioni di principio».

Ovvero quali sarebbero le misure da intraprendere?

«Siamo fuori tempo rispetto alle innovazioni nel campo degli ogm e si porrebbe la necessità di modificare i regolamenti europei. Ad esempio i ministri dell'Ambiente dell'Unione nel 2008 chiesero di inserire nella valutazione d'impatto degli ogm oltre ai criteri riguardanti quelli ambientali e sanitari anche l'introduzione dell'impatto socio economico che la loro introduzione potrebbe comportare. Questo è un elemento fondamentale di valutazione perché impatta sulle produzioni tradizionali, sull'interesse pubblico e va nell'interesse di tutti i cittadini. Una valutazione che andrebbe utilizzata anche per modificare le norme sulla coesistenza. E ritengo che questo impatto, non solo per l'Italia ma anche per tanti altri paesi europei,  non sarà certo da considerarsi positivo».

Quindi una valutazione economica oltre che scientifica prima di valutare se è il caso di aprire agli ogm?

«Sì e l'altro strumento da mettere seriamente in atto riguarda la scelta di investire davvero nel campo della ricerca pubblica. Adesso l'Efsa, (l'agenzia europea per la sicurezza alimentare,ndr) può fornire senza dubbio notevoli quantità di studi scientifici, ma sono prodotti dalle stesse  multinazionali che hanno interesse agli ogm. La ricerca dovrebbe invece essere affidata a istituti e laboratori scientifici indipendenti così da garantire che il principio di precauzione venga davvero rispettato. Invece da troppo tempo ci si dichiara contro senza produrre niente di concreto per dare seguito a questa contrarietà che rischia di sembrare solo ideologica».

A proposito di ricerca in questi giorni si fa una grande spolvero di tutto quanto già si sta facendo nel campo delle biotecnologie e quanto si potrebbe ancora fare, ma poco si dice riguardo alla ricerca genetica che anziché utilizzare ogm punta all'innovazione in campo agricolo sfruttando le tecniche di ibridazione. Ci può dire a che punto siamo?

«La ricerca non si deve fermare, ma non vedo di buon occhio chi parla di ricerca nella genomica solo attraverso l'apertura agli ogm, che sono solo un'applicazione tecnologica della ricerca e, mi sembra, nemmeno tanto di successo, mentre la ricerca scientifica avanzata si misura su altri settori. La genomica può dare un contributo enorme per la sostenibilità, per la tracciabilità, per la biodiversità. Settori strategici per la tutela dei consumatori, o la  valorizzazione e la tutela della biodiversità con l'obiettivo di andare verso un modello di agricoltura sostenibile».

C'è chi pone gli ogm ancora come un elemento essenziale per ridurre la fame nel mondo

«Anche da questo punto di vista mi sembra che gli insuccessi siano eclatanti. Negli ultimi dieci anni è aumentata la produzione di ogm nel mondo e al tempo stesso sono aumentati gli affamati. Se si pensa che si produce cibo per 12 miliardi di persone e che un miliardo muore di fame credo che sia evidente il fatto che non è l'aumento di cibo che serve ma semmai l'accesso al cibo. E questo si fa solo rivalutando il ruolo dell'agricoltura di sussistenza da contrapporre all'attuale modello agricolo di mercato che è  funzionale solo a chi già cresce in senso economico».

La Toscana ha dichiarato di essere pronta a fare la sua parte in un fronte comune contro questa scelta di apertura agli ogm

«Per noi oltre ai problemi che può comportare in termini di salute, di rischio per la biodiversità  e per l' economia c'è la possibilità di inquinamento delle colture locali su cui abbiamo fatto un grosso lavoro di recupero con il rischio di buttare via tutto quanto abbiamo fatto».

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