[17/02/2010] News toscana

La sostenibilità attraversa tutto il programma elettorale, ma sul rigassificatore di Rosignano Rossi naviga a vista.....

FIRENZE. Economia e lavoro, ambiente e territorio, relazioni sociali, scuola/conoscenza/cultura, "varie ed eventuali". Questi i capitoli in cui è suddiviso l'accordo programmatico firmato ieri dagli otto partiti che sosterranno la corsa di Enrico Rossi alla presidenza della Giunta regionale. Un documento che - come si legge - «non può considerarsi esaustivo rispetto ad altri spunti settoriali, sociali, territoriali, così come rispetto ad ulteriori puntualizzazioni». Ma comunque un documento che può essere già inteso, nei suoi punti fondamentali, come il futuro modus operandi e la futura impostazione di governo che caratterizzerà (molto probabilmente, secondo i sondaggi) la prossima amministrazione regionale.

E il primo elemento che emerge (positivamente) è proprio il fatto che l'intero documento programmatico è diffusamente pervaso da un costante richiamo all'imprescindibilità di una sostenibilità dello sviluppo. In questo senso, è auspicato l'instaurarsi di «una pianificazione integrata energia-ambiente-sviluppo economico che preveda anche strumenti di successiva implementazione mediante accordi di programma con gli enti pubblici, partnership con le imprese e forme di partecipazione pubblica». Questo anche perché le «singole questioni politiche, economiche, sociali, ambientali, non sono più isolabili rispetto alla volontà di produrre un cambiamento di stile di governo e di funzionamento amministrativo».

Si percepisce quindi un radicamento, nella coalizione che sosterrà il candidato Rossi, della necessità di una concezione (e quindi di una azione) integrata, onnicomprensiva del governo regionale alla luce delle sfide rappresentate dal perseguimento della sostenibilità sia ambientale sia sociale (oltre che della necessaria sostenibilità economica dei servizi pubblici, del welfare e in generale delle politiche di sostegno pubblico). E questo è già, anche se parliamo di parole scritte su un foglio di carta, un indubitabile progresso rispetto al passato anche recente.

Detto questo, partiamo dalla questione del distretto energetico costiero e del rigassificatore di Rosignano, cui greenreport ha già accennato ieri: una questione che va ben al di là di quanto avverrà specificatamente sulla costa a sud di Livorno, poiché essa (essendo vigente un Piano energetico regionale, peraltro approvato solo 2 anni fa) coinvolge l'intera prospettiva per lo sviluppo della regione alla luce della necessaria coerenza della pianificazione, coerenza che è necessaria di per sé (soprattutto nel delicatissimo campo dell'energia) ma che soprattutto è imprescindibile per la pianificazione degli investimenti da parte del settore privato e, quindi, per "l'attrattività" stessa della regione.

L'accordo programmatico, dopo l'auspicio dello sviluppo di un «distretto energetico regionale per la produzione di energia, valorizzando in particolare le fonti rinnovabili ed adottando un piano regionale di efficienza energetica», dopo la netta espressione di contrarietà al nucleare («anche a quello di ultima generazione, perché produce scorie tossiche, richiede ingenti investimenti, tempi lunghi e... qualche volta scoppia») e dopo aver sottolineato che «l'approvvigionamento e la produzione di energia sono ormai imprescindibili da una vera sostenibilità della crescita economica», auspica lo sviluppo di «un polo energetico costiero».

Questo polo energetico dovrà consentire «una valutazione strategica degli effetti di una politica che deve produrre più energia riducendo le emissioni nell'area, risanando gli ambienti più compromessi e sviluppando le energie rinnovabili. In questo quadro, fatti salvi gli aspetti di tutela ambientale, di sicurezza, e di sostegno all'occupazione, occorre garantire lo sviluppo eco-sostenibile della geotermia, favorire la riconversione di centrali elettriche inquinanti, incentivare l'uso delle biomasse, risanare le aree industriali dismesse valutando, come nel caso di Rosignano-Solvay, la funzione di un impianto di rigassificazione nell'ambito di un bilancio energetico ed ambientale positivo».

E sono due i punti, in questa ultima citazione, su cui vogliamo soffermarci: è confermata un'impostazione "aperta" sulla necessità di un ulteriore impianto di rigassificazione (aggiuntivo all'Olt previsto a Livorno), impianto la cui funzione andrà «valutata». Al di là del merito (si potrebbe ad esempio obiettare, e anzi l'abbiamo fatto più volte, che tra l'Olt di Livorno, il Galsi che arriverà a Piombino e le varie altre infrastrutture previste, un "polo energetico costiero" può dirsi già in atto, almeno nella pianificazione attuata), l'obiezione fondamentale al secondo rigassificatore riguarda il metodo, e la già citata necessaria coerenza della pianificazione, fondamentale per l'attrattività e la competitività dell'economia regionale: o il Pier approvato solo due anni fa, cioè, è già obsoleto prima ancora che gran parte delle opere ivi previste siano iniziate (e allora vuol dire che si è operato male finora), oppure si vuole superare una pianificazione che è chiara, moderna e ben pronta ad accogliere i compromessi e le sfide necessarie per garantire lo sviluppo, e allora si opererebbe male, a nostro parere, in futuro.

Altro elemento riguarda ciò che nel documento programmatico è chiamata «la riconversione di centrali elettriche inquinanti»: qui occorre, nell'analisi, uscire dalle pagine del programma, e riprendere alcune dichiarazioni rilasciate da Enrico Rossi alla stampa regionale, in cui il candidato della coalizione, come fa oggi sul "Tirreno", auspica «la conversione di centrali elettriche con riduzione di emissioni di CO2», richiamandosi all'esperienza attuata dalla Nuovo Pignone a Barrow island in Australia, dove è stato realizzato un impianto di Carbon capture and storage (Ccs) per il gas naturale.

Va infatti ricordato per il Ccs (che solitamente si sperimenta su impianti a carbone, in quanto la quantità di CO2 emessa da una centrale a gas è infinitamente più bassa) la necessità di investimenti enormi per la sua messa in opera e gestione: investimenti che, in un'ottica di "coperta corta", appaiono indubitabilmente destinati a sottrarre risorse a quelli necessari per perseguire l'affermazione delle "vere" tecnologie energetiche sostenibili, che sono cosa ben diversa da quelle, come il Ccs, che allo stato attuale non appaiono altro che un modo di mettere la polvere (o meglio le emissioni climalteranti) sotto il tappeto.

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