[17/02/2010] News

Rospi di successo e pelli preziose

LIVORNO. Lo studio "Gradual Adaptation Toward a Range-Expansion Phenotype Initiated the Global Radiation of Toads", pubblicato su "Science" spiega perché i rospi sono gli unici anfibi ad essere riusciti a popolare così bene quasi tutto il mondo. Il gruppo internazionale di ricerca ha preso in considerazione  228 specie di rospi, quasi il 43% di quelle note in tutto il mondo, ed ha ricostruito la storia evolutiva di diverse caratteristiche del rospo, scoprendo quelle relative alla sua inarrestabile e diffusione. La ricerca, finanziata in parte dall'Ue con 900.000 euro del Consiglio europeo per la ricerca, all'interno del progetto "Tracing antimicrobial peptides and pheromones in the amphibian skin" (Tapas) realizzato da un team guidato dai ricercatori belgi dall' Amphibian Evolution Lab della Vrije Universiteit Brussel, ed al quale hanno partecipato anche indiani, italiani e svizzeri, ha trovato la risposta in sette caratteristiche dei rospi che ne hanno permesso la proliferazione.

«I bufonidi, la famiglia dei rospi, sono apparsi inizialmente nell'America meridionale - spiegano i ricercatori - Ma 10 milioni di anni dopo, circa 500 specie di rospo avevano sviluppato un habitat in differenti parti del pianeta». Ines Van Bocxlaer, della Vrije Universiteit sottolinea che «Alcuni gruppi di anfibi sono distribuiti in tutto il mondo, mentre altri no". Ci siamo chiesti perché i rospi abbiano conosciuto una così ampia diffusione, mentre altri (come la rana freccia, per esempio) restano confinati in una zona specifica».

Secondo quanto dicono i ricercatori sul bollettino scientifico dell'Ue Cordis, «Sette caratteristiche hanno in realtà dato al rospo la spinta di cui aveva bisogno per ampliare i territori in cui vivere.  La caratteristica più comune è, probabilmente, la capacità del rospo di vivere in terre semiaride. Inizialmente ai rospi servivano acqua e umidità, per via della loro prossimità ai tropici, ma quando un certo numero di specie ha sviluppato la capacità di vivere in zone aride, essi si sono diffusi anche altrove. Un altro carattere chiave sono le dimensioni del corpo, lungo almeno cinque centimetri. Quanto più grande è il rospo, tanta più acqua può trattenere. Questa caratteristica ne ha aiutato il trasferimento in zone più secche. Le ghiandole parotidi sono il terzo carattere: i rospi marini, considerati da molti australiani come la peggiore piaga tra gli animali nocivi, sono dotati di ghiandole che secernono sostanze chimiche velenose per difendersi dai predatori, che in più aumentano la reidratazione della specie.  Il quarto elemento è quello che gli esperti chiamano grasso corporeo inguinale, che conferisce ai rospi la capacità di stoccare una maggior quantità di grasso e conservare riserve d'energia».

La Van Bocxlaer spiega che «Questi animali possono attraversare maggiori distanze grazie a questa energia in sovrappiù. Un altro caratteristica del rospo è la capacità di deporre le uova in vari tipi di acque. Anche se prima erano abbastanza schizzinosi quanto al luogo di deposizione, adesso non lo sono più; che sia un vasto specchio d'acqua o una pozzanghera, i rospi faranno quello che devono, arrangiandosi con quello che c'è». Infatti, la sesta e settima caratteristica riguardano «Le grandi dimensioni della covata e la capacità delle larve di rospo di alimentarsi di nutrienti nell'ambiente (larve esotrofe). Le grandi dimensioni della covata (alcuni rospi arrivano a deporre 45.000 uova) permettono ai rospi di viaggiare più lontano e senza tanti problemi, mentre l'esotrofia delle larve lascia le madri libere di produrre altre larve».

Un altro ricercatore, S. D. Biju,  dell'università indiana di Delhi, sottolinea che «Molte delle ricerche sull'evoluzione molecolare condotte fino ad oggi spiegano il passato, ma i nessi tra diffusione geografica e speciazione sono stati raramente dimostrati. Le caratteristiche del rospo potrebbero aiutare i ricercatori a prevedere quali specie potrebbero effettivamente diventare presenze invasive in una determinata regione.  Lo studio dovrebbe incoraggiare un'ulteriore ricerca sull'adattamento del rospo».

Il progetto Tapas si occupa invece di studiare i peptidi pelle di anfibi, fino ad oggi presi in considerazione quasi esclusivamente per l'aspetto  farmacologico,  per studiare l'origine, la diversità, e la diversificazione funzionale di queste molecole, ancora  poco chiare.

«La ricerca sui peptidi antimicrobici negli  anfibi è stata riservata a relativamente pochi generi strettamente correlati in un numero limitato di famiglie - si legge sul sito del progetto europeo - Inoltre, sebbene i test comportamentali indichino  la comunicazione chimica durante il corteggiamento di molte specie di anfibi, solo un unico peptide feromone è stato caratterizzato negli anuri (rane e rospi), e solo due nei caudati  (salamandre e tritoni)».

Tapas si propone quindi di identificare e caratterizzare nuovi peptidi antimicrobici e feromone nella pelle di un rappresentante di tutte le famiglie degli anfibi; studiare l'evoluzione di queste molecole per la biodiversità in funzione della mappatura per dare un buon supporto alla filogenesi; determinare il relativo contributo dei diversi meccanismi genetici all'aumento della diversità di peptidi antimicrobici e feromoni (ad esempio l'assunzione di geni con altre funzioni, duplicazioni in tandem, conversione genica, ...); testare i contributi relativi all'evoluzione dei peptidi della pelle (adattamento ecologico  e /o differenziazione dei segnali sessuali) nel plasmare la diversità delle specie di anfibi e dell'irradiazione evolutiva.

«Con i risultati di questo progetto - spiegano i ricercatori - prevediamo di fare nuova luce in difesa degli anfibi e sulla comunicazione chimica. Dal momento che esiste una correlazione tra la resistenza alle infezioni letali e la sintesi di peptidi antimicrobici da parte degli anfibi ospitanti, e che i sistemi di comunicazione chimica sono particolarmente vulnerabili alle perturbazioni ed ai cambiamenti di origine antropica, questo progetto prevede di dare un importante contributo nella lotta contro il declino degli anfibi».

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