[28/07/2009] News

Difesa dell’ambiente e sviluppo sostenibile, l’altra faccia del mare secondo l’Ispra

LIVORNO. «Mare Mediterraneo: 9.000 specie marine (circa il 10% del totale degli organismi che popolano i mari del nostro pianeta), lo 0,7% della superficie degli oceani; un mare che bagna 21 paesi, in cui vivono 427 milioni di individui e accoglie ogni anno 175 milioni di visitatori. Secondo le attuali proiezioni, il 50% del litorale mediterraneo potrebbe essere colpito dal fenomeno della cementificazione entro il 2025. Le sue condizioni stanno peggiorando a causa dell'inquinamento provocato dalle industrie, dal trasporto marittimo e dalla distruzione degli ecosistemi costieri: é un altro aspetto del Mare Nostrum meno evocativo o affascinante, ma che occorre affrontare con impegno, cercando soluzioni sostenibili che coniughino la conservazione dell'ambiente marino e della biodiversità con il crescente sviluppo economico». E' partito da queste cifre e problemi il workshop "L'altra faccia del mare: come coniugare la difesa dell'ambiente marino e lo sviluppo in maniera sostenibile", organizzato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nell'ambito della manifestazione "I miti del mare 2009" terminata il  26 luglio a Civitavecchia.

Al centro della discussione un video dell'Ispra presentato in anteprima che evidenzia i possibili impatti antropici sul Mediterraneo e che descrive le attività dell'Istituto (in questi giorni in piena crisi precari) per monitorare e controllare l'ambiente marino costiero. Dai lavori del convegno è emersa con forza la necessità «di coniugare la tutela e il risanamento degli ambienti e la conservazione della biodiversità con le esigenze di un'economia in continua crescita, tutto ciò in modo sostenibile e nel lungo periodo».

Il workshop è stato moderato e concluso dalla giornalista e conduttrice di "Pianeta Mare", Tessa Gelisio (Nella foto), che riferendosi ai dati presentati dall'Ispra ha sottolineato: «Tutto ciò è abbastanza per incrementare le politiche ambientali, nell'ottica di un nuovo sviluppo sostenibile, in cui uno degli sforzi è rivolto verso il salvaguardare sempre più aree e sempre più estese. Ad arginare queste minacce si confermano sempre più importanti i parchi naturali. Sul territorio nazionale si contano 776 zone tutelate in modo differente e oggi le aree protette rappresentano oggi circa il 10% del territorio italiano, valore che arriva a 19% se si considerano anche i 2.283 siti di importanza comunitaria (SIC) e le 589 zone di protezione speciale (ZPS). Oltre alla protezione però, è indispensabile l'attività di prevenzione e monitoraggio di tutte quelle attività che potrebbero portare turbativa o addirittura danneggiare, l'ambiente marino».

Un grosso problema è rappresentato dai circa 800 porti italiani, «un reticolo di attività economiche estremamente complesse e strettamente connesse con il sistema produttivo e con la organizzazione logistica del trasporto terrestre»  dice l'Ispra, che lo "sorveglia" attraverso gruppi operativi che si occupano di movimentazione dei fondali, dragaggi portuali, utilizzo di depositi marini sommersi per il ripascimento di coste e spiagge in erosione o arretramento, valutazioni ambientali per la posa di cavi e condotte sui fondali marini «fino alle bonifiche dei Siti di interesse nazionale, vale a dire quelle aree industriali dismesse altamente contaminate, come ad esempio Porto Marghera, Augusta, Bagnoli, Gela e Piombino. L'attività di bonifica delle aree industriali dismesse è l'insieme degli interventi di caratterizzazione prima, e poi di progettazione, atti a eliminare le fonti d'inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurne le concentrazioni presenti nei fondali marini ad un livello uguale o inferiore a valori di concentrazione limite accettabili. Attraverso la bonifica si raggiunge un livello di qualità dell'ambiente tale da consentirne tutti gli usi possibili».

A questo è strettamente legato il traffico marittimo: «Ogni giorno le acque del Mediterraneo sono solcate da 2.000 traghetti, 1.500 cargo e 2.000 imbarcazioni commerciali, di cui 300 navi cisterna (il 20% del traffico petrolifero marittimo mondiale) che trasportano ogni anno oltre 340 milioni di tonnellate di greggio, ben 8 milioni di barili al giorno - spiega l'Ispra - In media nel Mediterraneo si contano circa 60 incidenti marittimi all'anno e in circa 15 di questi sono coinvolte navi che provocano versamenti di petrolio e di sostanze chimiche. Ogni anno finiscono da 100 a 150.000 tonnellate di idrocarburi in mare. La densità di catrame pelagico riscontrata nel mare, con una media di 38 milligrammi per metro cubo».

Idrocarburi e centinaia di sostanze inquinanti sono una minaccia pesantissima per le specie marine e l'ambiente, «per ognuna di esse - dice l'Ispra - l'intervento deve essere specifico, quindi è impossibile avere pronti dei piani d'intervento dedicati». Prima l'Icram ed oggi l'Ispra sono state utilizzate dal ministero dell'ambiente per predisporre Piani di monitoraggio finalizzati alla creazione del Servizio emergenze ambientali per gli sversamenti di idrocarburi da incidente, o per monitorare gli effetti dello scarico in mare delle "acque di produzione" (acque fossili, presenti nelle formazioni geologiche associate agli idrocarburi) sversate dalle piattaforme off-shore. Dal 2000 è in corso un programma di monitoraggio su 42 piattaforme nel mare Adriatico e su una piattaforma ad olio ubicata ala largo di Brindisi. Dal 2002 l'Ispra svolge il monitoraggio ambientale sulla fase perforazione dei pozzi e dalla installazione della piattaforma Emilio, in Adriatico, valutando la contaminazione dei sedimenti e le variazioni morfologiche dei fondali.

L'Ispra sta svolgendo il monitoraggio ambientale sull'installazione del doppio cavo sottomarino di Terna, lungo 420 km e che raggiunge la profondità di 1.600 metri, che collegherà Sardegna e Lazio  trasportando 1.000 megawatt di potenza.

Per quanto riguarda le coste italiane, il fenomeno più visibile è l'erosione che interessa i 3.500 km di spiagge sabbiose: «oltre 2.000 di questi corrono seri pericoli di erosione e 1.400 km sono soggetti a forte erosione - dice l'Ispra - la "salvezza" di tali spiagge, attraverso interventi di ripascimento con sabbie marine, oggi può diventare realtà per molte di queste coste. Per risolvere il problema, sono stati approntati e definiti studi metodologici, ricerche ed interventi di vario tipo, che sfruttano la sinergia di diversi soggetti sia pubblici che privati». L'Istituto studia anche l'impatto dei rinascimenti sulla presenza di specie di interesse commerciale ed habitat sensibili e prioritari come le praterie di Posidonia oceanica, il più importante ecosistema del Mediterraneo: «Nell'ecosistema costiero la Posidonia oceanica riveste un ruolo fondamentale - spiega l'Ispra - perché grazie al suo sviluppo fogliare libera nell'ambiente fino a 20 litri di ossigeno al giorno per ogni m2 di prateria, produce ed esporta biomassa sia negli ecosistemi limitrofi sia in profondità, offre riparo ed è area di riproduzione per molti pesci, cefalopodi (quali polpo o seppia), bivalvi (cozze, telline, vongole) ed echinodermi (ricci e stelle di mare). Infine, essa consolida il fondale sottocosta, contribuendo a contrastare un eccessivo trasporto di sedimenti sottili dalle correnti costiere e smorza la forza delle correnti e delle onde prevenendo l'erosione costiera». Nonostante questo, le praterie di Posidonia sono in regressione praticamente ovunque, «un fenomeno che si è andato incrementando con l'aumento della pressione antropica sulla fascia costiera», così Ispra, ministero dell'ambiente e ARPA costiere stanno collaborando ad un programma di monitoraggio delle acque costiere marine che prevede anche il controllo delle praterie di Posidonia.

Il maggior strumento a disposizione per ricevere informazioni del programma di monitoraggio dell'ambiente marino costiero è la alla banca dati del Sistema Difesa Mare (Si.Di.Mar.) del ministero dell'ambiente, che raccoglie i dati forniti dalle reti di osservazioni regionali sull'ambiente marino e li mette a disposizione degli utenti via Internet, migliaia di dati sullo stato di salute del mare, la qualità dell'acqua, i sedimenti e la Posidonia.

Il sub-commissario dell'Ispra, Stefano Laporta, ha sottolineato che «L'insieme di queste attività, come tante altre che Ispra porta avanti, rendono peculiare e non riproducibile il ruolo e la funzione dell'Istituto, caratterizzandolo come "interfaccia tecnica" in cui aspetti istituzionali, scientifici ed operativi si fondono e sono messi al servizio delle Amministrazioni e della Comunità. La sfida intrapresa sta nel combinare la tutela e il risanamento degli ambienti e la conservazione della biodiversità con le esigenze di uno sviluppo in continua crescita, in modo sostenibile e nel lungo periodo anche a fronte dei cambiamenti climatici in atto».

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