[08/02/2010] News

Pane e tempesta di Stefano Benni

Benni ha ritirato da tempo la sua penna e il suo cuore nell'amato Appennino, nel paese immaginifico della sua memoria e tra la gente della sua giovinezza, tra i ragazzi che guardano le ingiustizie sociali e ambientali del mondo che si preparano a vivere da adulti e i vecchi (o gli anziani, come si dice oggi) che hanno visto scomparire il loro, mangiato piano piano dal consumismo, dal marketing, dal cemento che risalgono, spinti dai soldi e dalle ruspe, le pianure per conquistare le colline ed occupare le ultime ridotte di una umana quanto impotente resistenza.

La "sapienza" dei vecchi, intossicati dal vino e dalla televisione, l'incredulità dei ragazzi persi in amori sempre eterni ed in effimeri videogiochi, entrambi consapevoli che i loro figli e i loro padri (sempre sullo sfondo, a guidare le ruspe, o a condurre l'assalto dai loro uffici cittadini) li hanno già traditi per un pugno di soldi, per un effimero potere politico, per il "progresso", per trasformare tutto in una cosa uguale, dove merci, paesi e pensieri siano gli stessi.

E' questo lo sfondo della sconfitta annunciata, della resa e del tradimento in cui si muovono, con rabbia, allegria e speranza gli eterni e memorabili personaggi umani di Stefano Benni in questo "Pane e tempesta" , una resistenza umana all'inumanità di uno sviluppo senza prospettive, che livella insensatamente, omologa e banalizza, distrugge la sacralità di una natura che Benni da qualche libro a questa parte popola di Dei e folletti. frammenta in storie nella storia, per ricucire una tela spezzata, dove a volte i "cattivi" si redimono e i "buoni" tradiscono, dove la politica abbandona i suoi cittadini e si mette sempre dalla parte di un cambiamento che è rinuncia alla propria identità, un rifiuto di quel che è stato, una vergogna della propria storia, per quel miscuglio di comunitarismo e ritrosia che aveva salvato le piccole comunità, una resa senza condizioni al nuovo che avanza che i personaggi del libro vivono con fatalismo, consapevoli che centro-sinistra e centro-destra hanno questo "pensiero unico".

Come spesso accade nei libri di Benni, l'ultima trincea di questa nuova resistenza di improbabili partigiani è un bar, l'ultimo caposaldo che probabilmente cederà, un "Bar sotto il mare" fra i boschi bruciati e le forre mangiate dagli escavatori dell'Appennino...

Ma non aspettatevi un Avatar in salsa emiliana: qui la tribù di resistenti è stata abbandonata dai capi passati al nemico, è sola, piena di difetti e di acciacchi della vecchiaia, stanca, affida le sue speranze ad una magia casareccia che ha già perso molti legami col bosco e gli spiriti della natura, sta bene insieme e non si prende troppo sul serio, stretta in un guscio invisibile di condivisione di una storia minima, fa cose pazze e divertenti, non perde bonomia e speranza, istruisce i suoi cuccioli abbandonati nelle piazze e sugli alberi da famiglie troppo intente a far soldi...

Ma la fionda di David riuscirà solo a scalfire la corazza blindata di Golia, la sconfitta è nell'aria, è già avvenuta altrove, il cemento, gli affari, la cattiva politica, lo spreco di bellezza e di storia, la rescissione dei legami con la natura è già accaduta in tutto questo nostro Paese che a Benni non piace e il suo paesello non sembra nemmeno troppo importante per completare l'opera, potrebbero probabilmente anche lasciarlo in pace, se non fosse che tutto deve essere occupato e normalizzato, ogni pedina mangiata in questo goioco degli scacchi senza avversari, tutto deve essere livellato da un capitalismo mercantile che ha trasformato gli uomini della pianura in consumatori con desideri e bisogni a comando.

L'unica resistenza è nei vecchi, sembra dirci Pane e tempesta, nel ricordo di quello che è stato conquistato col sangue e che stiamo svendendo per un viaggio alle Maldive o in Brasile e un pacchetto di patatine , l'unica speranza è nei giovani inquieti e spaesati che guardano ad un futuro cancellato, dove la magia della vita è sostituita dall'illusione degli effetti speciali, dal placebo dei videogiochi.

Intanto le ruspe avanzano e mangiano alberi, bar, spiriti del bosco e storie, per costruire strade che portano ai supermercati, alle nuove cattedrali del non-luogo di una globalizzazione che non vuole deboli ma miliardi di debolezze senza storia, tradizioni, passato, senza resistenza umana, lambrusco, vecchi stregoni e ragazzi che si baciano ancora sognando un futuro diverso.

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