[05/02/2010] News toscana

Come conciliare paesaggio toscano e rinnovabili?

PISA. In un servizio di Elisabetta Arrighi su Il Tirreno di qualche giorno fa sono stati affrontati con esempi molto concreti alcune situazioni -dalla Val di Cornia al pistoiese- dove anche interventi innovativi nel comparto delle energie rinnovabili ( specialmente fotovoltaico) creano a loro volta delicati problemi all'ambiente e a importanti attività economiche come l'agricoltura. Gli incentivi a sostegno di questi nuovi settori rischiano insomma di andare ad impattare pesantemente con una agricoltura di qualità che a sua volta è chiamata oggi ad un nuovo ruolo anche in campo ambientale e paesaggistico.

Problemi d'altronde ne crea e non solo all'agricoltura il comparto delle biomasse ( consumi dell'acqua e sottrazione di territori agricoli),-e non di meno l'eolico (paesaggio, disturbi alla fauna etc). Da qui le opinioni raccolte nel servizio sulla varie necessità che vanno dalla dimensione degli interventi alla loro compatibilità con altre attività e non soltanto agricole e in più in generale -lo sottolinea bene Mario Parigi- con il paesaggio la cui tutela oggi è stata estesa a tutto il territorio che specie in una regione come la Toscana presenta rischi non da poco. Già da questo specifico spaccato noi possiamo cogliere due aspetti che hanno una valenza più generale. Il primo attiene al raccordo, alla correlazione stretta di profili diversi che debbono essere affrontati non separatamente.

Il che non è semplice e non aiuta certo l'aver nuovamente separato con il nuovo codice dei beni culturali ambiente e paesaggio che separabili non sono. Il secondo riguarda invece la ‘dimensione' degli interventi ossia la dimensione del territorio che viene presa in considerazione per definire la gestione degli interventi. Che quella comunale si attagli alla bisogna è poco probabile quasi sempre. Ma la dimensione ‘superiore' è ugualmente difficile da individuare e definire nelle attuali dimensioni amministrative ossia provincia o regione. D'altronde che queste dimensioni ‘ambientali' si possano ricondurre di norma a confini amministrativi sappiamo da tempo che non è possibile. I parchi e i Bacini idrografici -‘livelli' ambientali tra i più importanti non soltanto del nostro paese- viaggiano infatti su altre lunghezze d'onda. In questi giorni il consiglio regionale Toscano ha fatto il punto sui danni provocati dalle recenti alluvioni e cercato di individuarne le cause oltre che i costi. E qualcuno ha giustamente osservato che ‘sono troppe le competenze e farraginosa è la burocrazia che si spreca intorno al fiume'. Ci vuole perciò un protocollo tra tutti gli enti interessati.

Tralascio qui l'aspetto generale -molto importante e quanto mai attuale-che riguarda l' ‘assetto' istituzionale' dei bacini e il tipo di rapporto tra il centro ministeriale e le realtà regionali e locali. Prendiamo solo il richiamo al protocollo in sede ‘locale'; non v'è dubbio che si tratta non solo di una dimensione -quella dell'asta del fiume- che travalica confini amministrativi locali, provinciali e spesso anche regionali. Ma in quell'ambito proprio per la natura delle scelte relative alla pianificazione del bacino che ha carattere innanzitutto ambientale non potranno non essere affrontati anche le questioni dalle quali siamo partiti cioè interventi in agricoltura, uso delle acque ai più diversi fini non ultimo ovviamente il paesaggio.

Ci vuol poco a capire che questa trama complessa e in costante trasformazione non sia riconducibile ai soli tre livelli; regione, province e comuni se non si vuole-tanto per fare un esempio- ridurre il piano paesaggistico ad una collezione di cartoline spesso del tutto disancorate dalla realtà appena richiamata. Alla luce di questa situazione mi è difficile -per essere molto franchi- capire anche talune consultazioni sul paesaggio promosse dagli assessorati al territorio e alla partecipazione con il responsabile della comunicazione che non mi paiono raccordate a quella dimensione e trasversalità che ha difettato e non poco già con il PIT.

Una seria programmazione regionale - e non solo per le energie rinnovabili -ha insomma bisogno di poggiare e avvalersi di strumenti che operano anche su scale diverse da quelle tradizionali dotate peraltro di competenze spesso ‘sovraordinate' a quelle ‘ordinarie'.
Prima se ne prenderà atto meglio sarà per tutti.

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