[27/07/2009] News

Oxfarm: Il futuro è qui, il cambiamento climatico "estingue" le isole del Pacifico

LIVORNO. Oggi Oxfam Australia ha presentato il rapporto "The Future is Here: Climate Change in the Pacific"  che mette in evidenza l'urgente necessità che per la prossima settimana il Pacific Islands Forum,  che si terrà a Cairns, affronti i drammatici effetti dei cambiamenti climatici nella regione. Il rapporto di Oxfar constata che «Gli effetti del cambiamento climatico si fanno già sentire e gli abitanti delle isole hanno subito bisogno di un maggior sostegno. Le persone hanno sempre più carenza di cibo e di acqua, perdono i loro terreni e devono abbandonare le loro case, sono a rischio per l'aumento i casi di malaria e devono far fronte ad inondazioni e mareggiate più frequenti».

Sotto accusa sono soprattutto i due Paesi ricchi e sviluppati dell'Oceania, Australia e Nuova Zelanda, ai quali Oxfarm chiede di adottare misure urgenti per ridurre le emissioni, mentre alcune piccole nazioni insulari stanno affrontando un a inedita minaccia: quella di scomparire dalla carta geografica dopo essere diventate inabitabili: «Per paesi come Kiribati, Tuvalu, Tokelau, Isole Marshall, Isole Figi, Vanuatu, Papua Nuova Guinea e gli Stati federati di Micronesia, il cambiamento climatico non è qualcosa che potrebbe accadere in futuro, ma qualcosa che stanno vivendo adesso». .

Per questo i leader dei piccoli Stati insulari del Pacifico vengono invitati a sollevare con forza il problema  dei cambiamenti climatici davanti al primo Ministro Kevin Rudd quando lo incontreranno al forum delle isole del Pacifico, dal 4 - 7 agosto.

 

Secondo il direttore di Oxfam Australia, Andrew Hewett, «Ci sono pochi mesi prima di arrivare al cruciale appuntamento delle Nazioni Unite in dicembre a Copenaghen, è chiaro che l' Australia deve dimostrare ai leader del Pacifico che è disposta a fare la sua parte per affrontare una delle sfide più urgenti della regione. Popolazioni hanno già lasciato le loro case a causa del cambiamento climatico, con proiezioni che portano a 75 milioni le persone nella regione Asia-Pacifico che saranno costrette a trasferirsi entro il 2050, se il cambiamento climatico continua senza sosta. Non tutti avranno la possibilità di trasferirsi all'interno del proprio Paese, quindi è indispensabile che il governo australiano inizi a lavorare fin d'ora ad un Piano su questo con i governi del Pacifico». Entro il 2050, 8 milioni di persone delle isole del Pacifico potrebbero avere bisogno di trovare nuovi luoghi in cui vivere. Un richiamo che né Australia né Nuova Zelanda amano sentire, visto che tradotto in fatti concreti vorrà dire probabilmente che dovranno accogliere sul loro territorio intere popolazioni di piccoli Stati insulari che verranno "estinti" dal mare che sale.

Il rapporto evidenzia come gli isolani del Pacifico si stiano già adattando ai cambiamenti climatici: «I figiani, per esempio, stanno adottando misure "climate-proof" nei loro villaggi per sperimentare nuove varietà di coltivazioni alimentari resistenti al sale, le mangrovie e piantine di erbe autoctone per arrestare l'erosione costiera, la protezione da pozzi di acqua dolce dall'intrusione di acqua salata e il trasferimento di case e edifici comunitari lontano dalle coste vulnerabili. Altrove, il governo provinciale Malaita nelle Isole Salomone è alla ricerca di un terreno per il re-insediamento di persone dai bassi atolli esterni, mentre le persone che vivono sugli atolli esterni degli Stati federati di Micronesia si trovano ad affrontare la carenza di cibo e di acqua e si spostano verso terreni più in alto».

"The Future is Here: Climate Change in the Pacific" sottolinea che il modo migliore e più efficace di affrontare il cambiamento climatico è quello di garantire che gli impatti più estremi siano evitati del tutto e che l'Australia alla fine sarà chiamata a rispondere più di tutti glia altri Paesi alle emergenze dell'intera regione: «Come più ricco paese della regione e con il maggior tasso di inquinamento pro-capite - dice Oxfarm - L'Australia deve evitare ulteriori danni al clima del Pacifico ed adottare urgentemente  obiettivi più ambiziosi:  ridurre le emissioni di almeno il 40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 e invitare gli altri Paesi sviluppati a fare la stessa cosa. L'impegno del governo di 150 milioni di dollari per aiutare i Pacific Islanders ad adattarsi al cambiamento climatico deve essere almeno raddoppiato per soddisfare le esigenze più urgenti di adattamento nel Pacifico. Questo deve aggiungersi agli impegni dell'Australia esistenti, in modo che gli sforzi cruciali per la riduzione della povertà cruciale non vengano compromessi». Il rapporto chiede a Nuova Zelanda ed Australia di ridurre le emissioni di CO2 del 95% entro il 2050.

Secondo Oxfam Australia e Nuova Zelanda devono agire adesso: «Ogni dollaro speso per la prevenzione e delle catastrofi e la riduzione dei rischi equivale da 2 a 10 dollari risparmiati in risposta alle catastrofi.
Solo ieri il ministro per il cambiamento climatico neozelandese, Nick Smith, ha detto che un taglio del 40% delle emissioni entro il  2020, «non è né possibile né conveniente ed avrebbe un impatto economico troppo grande».

Per Oxfar l'errore più grave sarebbe quello di rimandare ciò che bisogna fare subito, questo costringerebbe  a fare scelte più drastiche nei prossimi decenni: «Australia e Nuova Zelanda hanno tutto l'interesse ad intraprendere questa azione ora. I disastri più frequenti causati dai cambiamenti climatici richiedono che Australia e Nuova Zelanda rispondano: lo spostamento dei popoli nel Pacifico a causa di innalzamento del livello del mare li costringerà a cercare nuove patrie».  Secondo Oxfam se si applicasse il principio del "chi inquina paga" la Nuova Zelanda dovrebbe pagare 792 milioni di dollari neozelandesi e l'Australia 43 miliardi di dollari australiani ai piccoli Stati insulari del Pacifico  come riparazione dei costi ambientali, per sviluppare le loro economie sempre più deboli e come compensazioni per lo sfruttamento degli stock ittici di alto valore commerciale.

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