[02/02/2010] News

Facebook et similia, ovvero della partecipazione (e dei conflitti) in pantofole

LIVORNO. Sono finiti i tempi in cui la militanza e l'attivismo in politica (o nel  sociale) si misurava sulla capacità di aggregare persone fisiche e mobilitare risorse materiali? Sono finiti i tempi delle tessere e delle sottoscrizioni? Il tramonto, probabilmente, è arrivato anche per le feste o cene di autofinanziamento e per le fumose riunioni intorno ad un tavolo di sezione o circolo.

Oggi, ai tempi di internet, il concetto di rappresentanza e di partecipazione è completamente cambiato e quello che diceva nel 1972 la politologa americana Hanna F. Pitkin nel suo libro "The concept of representation", considerato dagli studiosi di tutto il mondo la vera bibbia sull'argomento, è da considerarsi ormai acqua passata.

Oggi le campagne di sensibilizzazione sulle tematiche calde verso l'opinione pubblica passano prima di tutto sui blog, sui social network e sul "tam tam" virtuale. Oggi partecipare ad una campagna sociale significa aderire a qualche gruppo di interesse su Facebook, quale uno dei più famosi e diffusi software della rete internet. La forza di ogni singola organizzazione o movimento nel promuovere una sensibilizzazione - a favore o contro qualcosa - ormai si  misura in base al numero di iscritti virtuali al proprio gruppo, almeno a giudicare dalle cronache dei giornali e dai comunicati di imprese e mobilitazioni che si fanno belli per aver raggiunto enne numero di iscritti.

Le persone in carne ed ossa, con i loro tratti somatici, precise caratteristiche fisiche, etniche, lessicali, con le loro problematiche e soprattutto con le loro evoluzioni di pensiero sono sostituiti sempre più da  nickname (spesso di fantasia) o addirittura, quando si adotta il proprio nome, da veri e propri fantasmi ancorati magari a idee che quella persona nel tempo ha cambiato, ma che nella rete restano dogmi inviolabili (ad esempio: fino a pochi mesi fa al mio nome su google, veniva associato un mio commento - piuttosto scomodo oggi - che scrissi nel 1997 contro le scelte di Cesare Maldini per la sua nazionale).

E l'arcipelago degli ambientalisti non è immune da questo fenomeno, anzi. Più i cittadini sono "moralmente ed eticamente" sensibili a certi argomenti e più, per paradosso, tendono ad utilizzare questo strumento informatico per manifestare le proprie idee. Ed è un "giochino" talmente interessante e "divertente" che alla fine porta  sempre più al concentrarsi su questa forma di comunicazione virtuale che si rischia di dimenticare la partecipazione attiva e "reale" alle iniziative pubbliche.

Prendiamo un recente esempio concreto. In quel di Follonica, in provincia di Grosseto, è attivo da almeno 10 anni un comitato di cittadini contrari all'inceneritore di Scarlino, impianto situato proprio sul confine tra i due comuni rivieraschi. Con l'avvento e l'incredibile diffusione dei personal computer lo scontro tra questi cittadini e la società (e gli operai che ci lavorano) si è sempre più spostata dal reale (manifestazioni, assemblee, cortei, volantinaggi, ecc) al virtuale, utilizzando siti internet e soprattutto Facebook come campo di battaglia. Il gruppo "diciamo no all'inceneritore di Scarlino" ha già superato abbondantemente i mille iscritti e viene usato dal Comitato come arma di pressione nei confronti dell'opinione pubblica e della classe politica (di questi tempi mille potenziali elettori fanno gola).

Ma anche i dipendenti dell'impianto si sono organizzati "per legittima difesa" e hanno avviato un gruppo su Facebook dallo scontato nome "Sì all'inceneritore di Scarlino" al fine di manifestare pubblicamente la loro forza ed esercitare altrettanto legittimamente le pressioni sui "decision maker" per la salvaguardia dei propri posti di lavoro. Per la cronaca questo gruppo a favore dell'impianto ha raggiunto in appena due giorni già 630 iscritti ed è in continua ascesa.

Allo stesso modo in ogni città e paese del mondo nascono gruppi spontanei pro o contro qualsiasi cosa, dove il limite pare essere soltanto quello morale, che porta le forze dell'ordine a intervenire quando si osanna ad attentatori, assassini, pedofili e via dicendo.

La domanda che sorge spontanea è: quale può essere l'attendibilità di questi numeri, considerando che Facebook e gli altri social network consentono appunto di raggirare efficacemente lo scoglio (fisiologico) di dover portare fisicamente alle riunioni o alle iniziative pubbliche centinaia di simpatizzanti (cosa alquanto complicata e sempre più improbabile)? E dopo la domanda, un timore: riusciranno i nostri politici a dare il giusto peso a certi baracconi sociali o cascheranno nel tranello della quantità mascherata da qualità?

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