[29/01/2010] News

Haiti: ora i sopravvissuti aspettano gli uragani e i prossimi terremoti

LIVORNO. Forse Bertolaso aveva davvero esagerato un po' ad Haiti: il Paese devastato dal terremoto si sta faticosamente dimostrando un esempio della possibile collaborazione tra le Ong umanitarie e i militari, I caschi blu cinesi dell'Onu lavorano fianco a fianco con le truppe Usa ed anche i moniti ad Obama di russi e sudamericani di non trasformare gli aiuti in un'invasione non sembrerebbero avere un grande fondamento. Probabilmente Obama non ha nessuna voglia di far diventare Haiti un nuovo problematico protettorato statunitense, anche perché nessuno ha ancora capito cosa riserva il futuro ad uno Stato ormai praticamente senza istituzioni funzionanti.

Nello studio del 2008 "The effectiveness of foreign military assets in natural disaster response" dell'Istituto internazionale per la ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri) e dell'Ufficio dell'Onu per il coordinamento degli affair umanitari (Ocha), si evidenziano i vantaggi e gli svantaggi del coinvolgimento dei militari nelle operazioni di soccorso organizzate dopo grandi catastrofi. Lo studio prende in esame gli interventi militari organizzati dopo il ciclone Eline che colpì il Mozambico nel 2000, la tempesta tropicale Jeanne ad Haiti nel 2004, lo tsunami dell'oceano Indiano del 2004 e il terremoto in Pakistan nel 2005 ed, attraverso indicatori precisi, come il tempo di risposta, l'adeguatezza delle misure, l'efficacia, il coordinamento ed i costi, giunge al risultato che «L'aiuto militare straniero è generalmente efficace per sostenere i governi e gli sforzi dei soccorsi. Contribuisce ad accelerare gli interventi in caso di catastrofe e gli sforzi della ricostruzione, colmando le lacune in termini di capacità tecnica».

Intanto il governo di Haiti dice che almeno mezzo milione di persone sono senza casa e il problema è quello di dar loro un tetto dove ripararsi quando arriverà la stagione dei cicloni, che di solito inizia a maggio, che ha già provocato morti e disastri anche in una situazione "normale".

Jean-Philippe Antolin, dell'Organizazione internazionale per le migrazioni, che coordina gli sforzi dell'Onu per realizzare nuove abitazioni, ha detto che «Il numero delle persone che hanno bisogno di un riparo oltrepassa le risorse attualmente disponibili, anche per gli accampamenti temporanei, Non possiamo fornire delle tende per circa 700.000 persone, semplicemente non le abbiamo a disposizione. Anche se ci fossero delle tende disponibili, la soluzione degli accampati sotto le tende sarebbe sufficiente solo per i prossimi tre mesi».

Il governo ha individuate a Port-au-Prince una trentina di siti che potrebbero essere trasformati in tendopoli temporanee, ma la maggior parte sono in zone dove sono già sorti campi spontanei di sfollati, sono quindi necessarie soluzioni più solide ed a lungo termine. Le tendopoli sono gestite soprattutto da organizzazioni come il Soccorso islamico britannico, la difesa civile portoghese la Mezzaluna rossa turca e la Croce Rossa tedesca e da Ong come Medici senza Frontiere, Oxfarm International, Samaritan Purse Usa, l'Unep, Handicap International, Amurt & Amurtel.

L'Onu propone delle alternative: un sostegno economico alle famiglie che accolgono i senzatetto, cosa già sperimentata dopo il ciclone dell'anno scorso; distribuzione di materiale nelle zone dove non si affollano le persone, in modo da migliorare sicurezza e comfort; indagini per determinare quali case siano sicure per poter essere rioccupate; infine, costruzione di nuovi alloggi. Quest'ultima soluzione pare la più complicata: secondo Antolin «A meno che non sia già stata lanciata l'idea di una costruzione finanziata da donazioni, questa opzione è la meno fattibile. La prima tappa per migliorare le condizioni di vita delle persone senzatetto è quella di valutare la sicurezza dei posti dove vivono»

David Applegate, dell' Geological Survey Usa (Usgs) sottolinea che Haïti continuerà a subire repliche sismiche di magnitudo 7.0 anche nei prossimi mesi ed anni «Il governo haitiano deve tener conto, nei suoi piani di ricostruzione, del fatto che I future terremoti sono inevitabili. Con degli accampamenti di tende, non si è tanto esposti al rischio di crollo degli edifici quanto piuttosto a rischi secondari quali frane del terreno e i problemi di evacuazione delle acque. La ricostruzione a lungo termine deve tener conto della prossimità della faglia, intanto per il rialloggiamento a breve termine occorre fare attenzione alle zone inondabili. Haiti che è situata alla frontiere di due placche, è divisa da due sistemi di faglie maggiori. Nel corso degli ultimi tre secoli, l'isola è stata colpita almeno quattro volte da sisma paragonabili o più forti di quello del 12 gennaio, tra i quali quelli del 1751 e del 1770, che hanno distrutto Port-au-Prince».

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