[28/01/2010] News

Misurato per la prima volta l'impatto delle specie aliene in natura

LIVORNO. Secondo il rapporto "Global indicators of biological invasion: species numbers, biodiversity impact and policy responses" del Global invasive species programme (Gisp), di cui è partner anche l'Iucn, «Le specie esotiche invasive, che vanno dai parassiti delle piante, ai ratti e alle capre, sono una delle tre principali minacce per la vita sul pianeta».  Il rapporto interessa 57 Paesi ed ha scoperto che in ognuno in media ci sono 50 specie alloctone che hanno un impatto negativo sulla biodiversità. Il numero delle specie aliene problematiche  va dalle 9 della Guinea Equatoriale alle 222 del record della Nuova Zelanda.

Il Gisp ha censito 542 specie come "invasive aliens", tra le quali  316 piante, 101 organismi marini, 44 pesci d'acqua dolce, 43 mammiferi, 23 uccelli e 15 anfibi. Ma la situazione è purtroppo ancora peggiore.

Secondo il Melodie McGeoch, una ricercatrice del Centre for Invasion Biology della Stellenbosch University ed autrice del rapporto  «Questi numeri sono significativamente sottostimati. Abbiamo dimostrato che nelle regioni a basso tasso di sviluppo e con pochi investimenti nella ricerca le specie invasive aliene sono inferiori al previsto. Un aumento del numero e della diffusione delle specie esotiche, che incide negativamente sugli habitat che invadono, è comunque attribuibile ad un aumento sostanziale del commercio internazionale negli ultimi 25 anni».

I ricercatori che hanno redatto il rapporto spiegano che «Le  Invasive alien species (Ias ) rappresentano una significativa minaccia per la biodiversità. Gli obiettivi per il 2010 della Convention on biological diversity, e gli associate indicatori per le Ias,  hanno stimolato sforzi coordinati globalmente per quantificare I modelli di misurazione dell'invasione biologica, il suo impatto sula biodiversità e le risposte politiche. In questo rapporto illustriamo I risultati degli indicatori di un'invasione aliena su scala mondiale. Abbiamo sviluppato quattro indicatori all'interno di un quadro "pressure-state-response", vale a dire il numero delle Ias documentate (pressione), le tendenze dell'impatto delle Ias sulla biodiversità (stato) e le tendenze negli accordi internazionali e nazionali per l'adozione di politiche rilevanti per la riduzione delle minacce alla biodiversità delle Ias (risposta). Questi misure sono state considerate più adatte a fornire globalmente indicatori rappresentativi, standardizzati e sostenibili entro il 2010.  I risultati dimostrano che numero delle Ias è documentato con una significativa sottovalutazione, perché il suo valore è influenzato negativamente dallo status di sviluppo del paese e positivamente dallo sforzo di ricerca e dalla disponibilità delle informazioni. Il Red List Index dimostra che la pressione delle Ias porta al declino della diversità delle specie, con un impatto globale apparentemente in aumento. La tendenza della risposta politica negli ultimi decenni è  comunque stata positiva, anche se solo la metà dei Paesi che sono firmatari della Convention on Biological Diversity (Cbd) hanno un'adeguata legislazione nazionale per le Ias.  Anche se la pressione delle Ias ha evidentemente spinto ad una risposta politica, questa  chiaramente non è stata sufficiente e/o adeguatamente attuata per ridurre l'impatto sulla biodiversità. La principale conclusione di tale indicatore di minaccia per la biodiversità è che il  2010 Biodiversity Target non è quindi stato raggiunto. I risultati comunque indicano una chiara direzione per colmare il divario esistente tra le informazioni disponibili sulle Ias e necessarie per le politiche e la gestione per la prevenzione e il controllo delle Ias. Si evidenzia inoltre la necessità di misure volte a garantire che siano attuate politiche efficaci, in modo tale che si traducano in una diminuzione della pressione e dell'impatto sulla biodiversità degli Ias, oltre il 2010».   

Per Stuart Butchart di BirdLife International «Mentre per alcune specie minacciate di estinzione della Lista Rossa Iucn è migliorato lo status grazie al successo del controllo o dell'eradicazione delle specie esotiche invasive, un numero crescente è sempre più minacciato a causa dell'aumento della diffusione e delle minacce da parte di specie non autoctone. Questo dimostra che, anche se stiamo vincendo alcune battaglie nella lotta contro le specie invasive, l'evidenza suggerisce che stiamo perdendo la guerra».

E l perdere la guerra vuol dire che le specie invasive possono avere un impatto anche letale sulle specie autoctone, mutando l'ambiente in cui viviamo.

L'Iucn fa alcuni esempi: il Yellowhead o Mohua (Mohoua ochrocephala), un uccello insettivoro endemico della Nuova Zelanda, era stato praticamente sterminato dai ratti: due popolazioni si sono già estinte e tre erano in fortissimo calo, tanto che questo uccellino era spostato nella Lista Rossa Iucn tra le specie in forte pericolo di estinzione. Il fungo patogeno chytrid, del tutto sconosciuto fino al 1998, è la provabilissima causa del declino e dell'estinzione di molte popolazioni di anfibi in tutto il mondo. La malattia, causata dal fungo, può essere diffuso dagli esseri umani e da una miriade di altre specie, che vanno dai pesci esotici alle rane artigliate africane. Eppure non mancano gli esempi di specie esotiche invasive controllate con successo

Il Black-vented Shearwater, (Puffinus opisthomelas) un uccello marino che nidifica nell'isola di Natividad, al largo della costa del Pacifico del Messico, era minacciato dall'introduzione di gatti, capre e pecore, ma dopo che queste sono state eradicate, lo status degli uccelli nella Lista Rossa è stato diminuito da Vulnerabile a quasi a rischio dalla lista rossa. Negli ultimi 10 anni, il controllo delle volpi europee nell'Australia sud-occidentale ha permesso che dieci anni ha permesso che la popolazione endemica  di wallaby di boscaglia occidentale (Macropus irma) recuperasse tanto da retrocedere nella Red List Iucn fino al rischio minimo.

Bill Jackson, vice-direttore dell'Iucn e presidente del Gisp, sottolinea che «E' probabile che sia più conveniente prevenire la diffusione delle specie invasive, invece che affrontare la crisi della biodiversità una volt ache si sono stabilite. Con sufficienti fiondi e la volontà politica, le specie invasive possono essere controllate ed eradicate. Questo permetterà di salvare dall'estinzione le specie autoctone, ma è necessario che I Paesi migliorino notevolmente Il modo in cui affrontano il problema».

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