[28/01/2010] News

Economia e sostenibilità, da Obama a Sarkozy a Stiglitz è un coro: Un’intera visione del mondo è fallita

GROSSETO. L'annuncio del presidente Barak Obama di mettere a punto regole «per dissuadere le banche dalla speculazione per conto proprio o dei fondi speculativi» come suggerito dall'ex presidente della Federal Reserve  Paul Volcker, ha suscitato un dibattito già prima dell'apertura del World economic forum di Davos e continua ad essere il  tema di punta.

Misure criticate apertamente da Martin Wolf ieri dalla pagine del Sole24Ore che diceva di capirne il senso politico, ma che aveva forti dubbi sul fatto che queste proposte fossero valide e praticabili e soprattutto rilevanti per lo scopo che si prefiggono.

Lo scopo è stato ripreso ed enfatizzato dal presidente francese Nicholas Sarkozy, invitato ad aprire i lavori del Wef di Davos che ha stigmatizzato il fatto che se non vi fosse stato l'intervento degli stati a sostenere le banche nel periodo cruciale della recessione innescata dalla crisi finanziaria dello scorso anno, sarebbe stata una vera debacle e che quindi è giusto porre in atto, adesso, misure per limitare l'attività speculativa da parte degli istituti di credito.

«Senza gli interventi degli stati- ha detto Sarkozy- sarebbe crollato tutto. Questo è un fatto, non c'entrano le ideologie. Se non ne tiriamo le conseguenze siamo degli irresponsabili. Un'intera visione del mondo è fallita. Dal momento in cui passò l'idea che il mercato ha sempre ragione, la globalizzazione è impazzita».

Per questo, dice Sarkozy «sono d'accordo con Obama , dobbiamo proibire che le banche investano capitali nel trading finanziario. Il mestiere del banchiere deve essere il finanziamento dell'economia reale». Quello su cui non concorda il presidente francese è il fatto che queste regole intervengano solo per frenare gli appetiti speculativi dei banchieri di oltreoceano e quindi «non possono essere decise da un solo paese: spetta al G20 pronunciarsi».

Regole che non sono gradite invece da parte del sistema mondiale della finanza riunito a Davos, che ha tuonato contro le misure annunciate dall'amministrazione americana e contro qualsiasi freno alle proprie attività. «Bisogna lasciare che sia il settore della finanzia ad autoregolarsi» ha detto Lord Levene, presidente di Loyds e gli ha fatto da sponda quello di Barclays, Robert Diamond secondo il quale dimensionare l'attività delle banche «servirà solo a danneggiare l'economia globale e a penalizzare l'occupazione».

Il fatto inconfutabile è che sino ad ora è stata proprio la possibilità delle banche di muoversi nella direzione che consentisse loro di fare maggiori profitti (anche se questo comportava un aumento di rischio) che  ha portato alla crisi finanziaria del novembre 2008 che ha travolto, come uno tsunami, il resto dell'economia a livello globale;  che ancora fa fatica a rialzarsi e che ha determinato (e continuerà purtroppo a farlo) problemi nell'occupazione, mentre è proprio la finanza che grazie alle iniezioni di denaro pubblico è già tornata in piena attività.

Chiedere quindi che le risorse della collettività erogate ai sistemi finanziari per evitargli il tracollo vengono adesso indirizzate a far ripartire l'economia reale anziché per perseguire i propri profitti è almeno eticamente corretto; difficile  stabilire - non avendo pratica delle tecnalità dell'economia - se le misure per dissuadere le banche dalla speculazione in proprio siano quelle più adeguate. Resta il fatto che delle regole servono e servono a livello globale, perché lasciare alla finanzia (così come al mercato) la possibilità di autoregolarsi, ha dimostrato in maniera ormai non più eccepibile che è un modello che non funziona e che ha portato ad associare ad una crisi ecologica già in atto anche una delle peggiori recessioni economiche dal dopoguerra, con pesantissime conseguenze sociali .

Da questo punto di vista ci viene in aiuto oggi un Nobel dell'economia, quale Joseph Stiglitz, che scrive dalle pagine del Sole24Ore: «Alla fine, il sistema finanziario ha fallito nello svolgere i propri compiti chiave: gestire il rischio, allocare il capitale e mantenere bassi i costi di transazione. Al contrario, ha creato nuovi rischi, gestito male il capitale e generato costi enormi di transazione (negli anni precedenti alla crisi il settore ha incamerato circa il 40% dei profitti totali delle imprese). Ha determinato, inoltre, una cattiva allocazione di capitale umano, dato che molti tra i giovani di maggior talento hanno ceduto alla lusinga dei soldi facili».

E se non bastasse, sempre Stiglitz dice che «sono stati proprio i mutui subprime, ideati per generare i compensi professionali dei finanzieri che sottraevano ai poveri i risparmi di una vita, ad innescare il disseto dell'economia». Non è ancora abbastanza?

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