[27/01/2010] News

Un progetto condiviso che mobiliti le enormi risorse, umane, tecnologiche e finanziarie dell'Italia? L'economia ecologica

LIVORNO. Saremo di certo poco originali e probabilmente stiamo pure annoiando con la nostra insistenza, ma qualcuno dovrebbe spiegarci perché l'economia ecologica non è ancora il paradigma comune verso cui tendere per uscire definitivamente dalla crisi di "oggi" e per impostare un "domani" davvero sostenibile ambientalmente e socialmente per noi e per le generazioni future.

La cosa stridente è soprattutto data dalla distanza che c'è tra la discussione - spesso anche avanzata - e le azioni che alcune aziende fanno singolarmente spinte dal mercato dichiaratamente e fattivamente impostate sulla green economy; e la realtà di tutti i giorni.

Esempio odierno l'industria italiana che, stando al Sole24Ore, «chiede incentivi per 1,9 miliardi» con un elenco di settori sempre più numerosi che reclamano aiuto per rilanciare i consumi accanto a comparti "storici" come auto, mobili ed elettrodomestici. Dal tessile, alla cantieristica, alla nautica, solo a sprazzi si intravede qualche link con la sostenibilità ed è tutto in chiave energetica. Meglio di niente, si dirà, ma di incentivi per rendere i processi di prodotto meno impattanti o per l'utilizzo di materiale riciclato o altre idee per rendere il proprio business più ecologico non è questione. Peccato perché smarcarsi in questa fase sarebbe anche un buon investimento in termini di marketing se proprio non si ha a cuore minimamente la sostenibilità ambientale.

Ma la sostenibilità, come diciamo sempre, non è solo l'economia ecologica è anche un'idea di società diversa che ha nella conoscenza uno degli indicatori della sua crescita. Per questo sono significative le parole di Klaus Schwab, ceo del World economic forum, che presentando l'edizione di quest'anno sostiene che: «Uno dei requisiti fondamentali da tener presente nel ripensare al contesto complessivo dei nostri valori dovrebbe essere quello di non restare ancorati alla responsabilità sociale e alla sostenibilità ambientale, ma anche a una maggiore equità. Riprendere in considerazione i nostri valori è la premessa da cui partire per la necessaria riprogettazione dei nostri sistemi, che vanno adattati alle esigenze della società nel XXI secolo. Ripensare ai nostri valori e rimodellare i nostri sistemi porta a ricreare le nostre istituzioni, per renderle più proattive e strategiche, più inclusive e in grado di alimentare un maggiore coinvolgimento dei multistakeholder; di essere maggiormente in grado di riflettere le nuove strutture geopolitiche e geoeconomiche, e di prevedere responsabilità intergenerazionali».

Non solo, Schwab aggiunge anche che: «Le materie prime con le quali dar vita al mondo post-crisi possono essere reperite nei nuovi concetti che si basano su un maggiore coinvolgimento della cittadinanza, su più forti partnership governative con protagonisti non statali. Se da un lato già esistono molte istituzioni che sono nelle migliori condizioni possibili per studiare da vicino i singoli aspetti delle sfide che il mondo dovrà affrontare, nessuna però ha il mandato di prendere in considerazione la situazione globale in modo integrato e olistico, e nessuna ha la portata di coloro che, avendo interessi e poste in gioco o essendo elettori, consentirebbero di portare a termine come si conviene un simile incarico».

E allora quando leggiamo Orazio Carabini che sul Sole24Ore sostiene che: «Tirato un sospiro di sollievo per aver scampato il pericolo di una crisi paragonabile a quella degli anni 30 del secolo scorso, sembra che tutti si siano adagiati nell'attesa di una magica ripartenza» mentre invece «serve un cambio di marcia. Un progetto condiviso che mobiliti le enormi risorse, umane, tecnologiche e finanziarie, di cui l'Italia dispone e che al momento sono in ampia misura inutilizzate» perché «ci sono tanti lavoratori, anche qualificati, pronti a rimettersi in azione. E c'è tanto risparmio in cerca di impieghi che offrano la ragionevole possibilità di ottenere rendimenti accettabili nel medio periodo»: la domanda iniziale torna più forte che mai. A sentire Carabini, infatti, questo progetto è offerto «dalla rete di comunicazione a banda larga in fibra ottica».

Che non è un'assurdità, anzi. Ma che ha bisogno di un contesto dove la conoscenza e lo scambio di informazione e la rete sono considerate davvero un valore aggiunto e ciò è possibile (forse non esclusivamente ma di certo è più facile) in una società dove la sostenibilità è l'orizzonte e l'economia ecologica (che poi sarà economia e basta) la leva che muove tutto. No?

Torna all'archivio