[26/01/2010] News

L'Ue codifica la direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici

LIVORNO. Per molte specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell'ambiente naturale, in particolare perché minaccia gli equilibri biologici. Non a caso il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (quello del 2002) prevede azioni specifiche per la biodiversità, compresa la protezione degli uccelli e dei loro habitat.

A loro tutela, però, già dal 1979 esiste un'apposita disciplina europea, ma visto che la direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici ha subito varie modifiche nel corso del tempo (a partire dal 1981 fino al 2003) l'Ue procede alla sua codificazione per motivi di chiarezza e di razionalizzazione.

Oggi è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea la nuova direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici e fra venti giorni entrerà in vigore. Concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri. Si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie disciplinandone lo sfruttamento, e si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat.

Le maggior parte di queste specie di uccelli è migratrice. Tali specie costituiscono un patrimonio comune e l'efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni.

Dunque, le misure che gli Stati membri (i destinatari delle disposizioni europee) dovranno prendere devono riguardare i diversi fattori che possono influire sull'entità della popolazione aviaria, e cioè le ripercussioni delle attività umane, in particolare la distruzione e l'inquinamento degli habitat, la cattura e l'uccisione da parte dell'uomo e il commercio che ne consegue. E nel quadro di una politica di conservazione (protezione a lungo termine, gestione delle risorse naturali, mantenimento e adeguamento degli equilibri naturali delle specie) gli Stati dovranno adeguare la severità di tali misure alla situazione delle diverse specie.

Per evitare che gli interessi commerciali esercitino eventualmente una pressione nociva sui livelli di prelievo, la direttiva istituisce un divieto generale di commercializzazione e limita le deroghe alle sole specie il cui status biologico lo consenta, tenendo conto delle condizioni specifiche che prevalgono nelle varie regioni.

Perché talune specie possono anche formare oggetto di atti di caccia, (magari a causa del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione) ma è sempre necessario che siano stabiliti determinati limiti: gli atti di caccia devono essere compatibili con il mantenimento della popolazione di tali specie a un livello soddisfacente.

Inoltre, i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettiva e anche l'inseguimento con taluni mezzi di trasporto devono essere vietati a causa dell'eccessiva pressione che esercitano o possono esercitare sul livello di popolazione delle specie interessate.

Comunque sia, la conservazione dell'avifauna e delle specie migratrici presenta ancora dei problemi, per cui si la Ue ritiene necessari lavori scientifici, lavori che permetteranno inoltre di valutare l'efficacia delle misure prese. Così come ritiene necessario che ci si curi della flora e della fauna locali nel caso di introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri.

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