[22/01/2010] News

Rinnovabili senza una rete di distribuzione intelligente: il disastro italiano è solo ignoranza?

GROSSETO. Confindustria sottolineava nel meeting tra imprese ed Enel per il rilancio del nucleare la necessità da parte della politica e delle istituzioni di regole certe e che abbiano continuità per dar modo agli imprenditori di fare la loro parte attraverso gli investimenti, un problema che si riflette su tutto il settore dell'energia. Comprese le rinnovabili dove ha sottolineato la presidente Emma Marcegaglia, si è arrivati «ad avere impianti sulla carta pari al 140% del consumo di punta nazionale» quando «in realtà oggi non riusciamo a produrre nemmeno il 6% dell'energia da rinnovabili».

Colpa della mancanza di una politica energetica di medio termine e delle procedure di autorizzazione che oltre ad essere lunghe sono anche diverse a seconda della regione.

Un quadro che non aiuta certo allo sviluppo delle energie rinnovabili ai livelli richiesti anche dal pacchetto clima energia a livello europeo che dà l'obiettivo di aumentare al 20% la quota  europea di consumi derivanti da fonti rinnovabili e che vuol dire il 17% per il nostro paese, sulla base delle ripartizioni tra i  27 Stati membri.

E il problema sta anche nel non aver messo mano al sistema delle reti di distribuzione, secondo quanto ci ha detto il presidente di Ises Italia, Giovan Battista Zorzòli.

«In Danimarca si produce il 22% di energia elettrica con energia eolica, in Spagna si è raggiunto un picco del 54% rispetto al fabbisogno in un determinato momento, in Italia l'eolico rappresenta l'1% del nostro fabbisogno ed è un dramma per le reti perché non sono in grado di reggerlo. Sembra che le energie rinnovabili siano diverse tra noi e il resto dei paesi europei».

Dove sta il problema?

«Sta nel fatto che negli altri paesi nel promuovere seriamente una politica di sviluppo delle energie rinnovabili si sono posti il problema di sviluppare contemporaneamente le reti di distribuzione, verso le smart grid, ovvero reti che si adattano a variazioni di energia non programmabili e che non valgono solo per le rinnovabili ma ad esempio anche per la cogenerazione che varia la produzione di energia elettrica sulla base del calore prodotto e quindi delle temperature eterne. Con il paradosso che siamo il paese all'avanguardia nel mondo assieme alla Corea del Sud per know how e non abbiamo fatto niente per intervenire sulle nostre reti soprattutto per quanto riguarda proprio il sistema informatico che sta alla base delle smart grid, quando abbiamo già messo ovunque i contatori digitali. Non so quanto dovuto è ignoranza del problema o quanto è volontà di mettere in cattiva luce le rinnovabili».

Quale delle due ipotesi le sembra la più probabile?

«Opto per la seconda, che non mi piace ma almeno so con quale approccio considerarla. La prima francamente mi spaventerebbe».

Uno dei problemi sta  proprio nelle reti di distribuzione che sono già sature con la potenza solo autorizzata e non ancora messa in produzione effettiva.

«Il fatto che l'energia elettrica non possa essere cumulata non è certo una novità. Lo è sempre stato anche con le centrali tradizionali, tanto è vero che si avevano centrali in produzione continua e altre in supporto nelle ore di maggiore richiesta. L'energia fotovoltaica dovrebbe essere considerata proprio come un sussidio importante alle centrali nelle ore di punta. In realtà la produzione solare segue l'andamento della domanda. Quindi non si capisce dove sia il problema, o meglio anche in questo caso lo si capisce molto bene».

Anche il sistema delle autorizzazioni non aiuta...

«Un decreto del dicembre 2003 pretendeva che in sei mesi si facessero i regolamenti nazionali per le autorizzazioni, siamo quasi alla fine di gennaio 2010 e ancora non è stato fatto. Anzi c'era una bozza nel 2009 che ci auguriamo venga modificata perché era la complicazione delle cose semplici! Stessa cosa per la ripartizione degli obiettivi a livello regionale per efficienza e rinnovabili. Per non parlare poi della mancanza di continuità e di certezza».

Si riferisce al tema incentivi?

«Anche. In questo caso ogni legge ha il suo emendamento che li modifica. L'ultimo siamo riusciti a bloccarlo a dicembre. Questi  continui cambiamenti mettono in difficoltà gli imprenditori soprattutto perché quando si rivolgono alle banche queste in mancanza di garanzie sulla continuità delle politiche non danno finanziamenti.  Io sono contrario ai piani ma  le politiche sono essenziali».

Della nuova bozza che rimodula gli incentivi a partire dal prossimo anno che ne pensa?

«Non so cosa ci sia scritto ma dalle voci che circolano non sarà né entusiasmante né un disastro».

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