[24/07/2009] News

Il 2% del territorio italiano è contaminato, ma le bonifiche non si fanno

LIVORNO. Una superficie che supera  il 2 % del territorio italiano, che equivale ad una volta e mezza l'estensione della Liguria, è contaminata e quindi abbandonata o a rischio di abbandono.

Oltre che ad una vera e propria emergenza nazionale che minaccia il territorio, è anche una mancata occasione per recuperare vaste aree che potrebbero essere, una volta recuperate, una possibilità di sviluppo.

In questo 2% di aree a rischio vi rientrano sia aree industriali che aree residenziali, agricole e marine, tutte zone con loro specificità e interessi che debbono essere integrate con le economie e i programmi di sviluppo e di tutela ambientale e sanitaria delle collettività interessate. Il loro recupero e restituzione alla comunità potrebbe invece costituire la più grande opera infrastrutturale dell'ultimo secolo svolta in Italia.

Questi i temi trattati in un convegno organizzato a Genova il 21 luglio scorso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Confapi Liguria, Ecomondo in occasione dei dieci anni dal varo della  normativa che regola la bonifica dei siti contaminati.

Una disciplina nazionale che è stata modificata ben 3 volte e che ora si sta apprestando a subire la quarta riforma, con il risultato che tale stratificazione normativa ha determinato incertezza delle regole e una scarsa applicazione. A questo quadro di indeterminatezza si aggiunge, poi il fatto che i 3 miliardi di euro riservati dallo Stato a sostenere l'impegno di portare a termine almeno le bonifiche dei 57 siti definiti di interesse nazionale, sono stati recentemente resi destinabili anche a differenti usi.

«Il primo semestre del 2009 - ha detto l'ex ministro dell'Ambiente e presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, nel corso della tavola rotonda- ha segnato un forte rallentamento delle bonifiche delle aree industriali dismesse e contaminate destinate a nuove attività produttive , per le piccole e medie imprese in particolare, ma anche per servizi e case: un settore di peso che nel 2007 aveva mobilitato un fatturato di 3,2 miliardi di euro».

Attribuendo questo rallentamento delle attività di bonifica al fatto che le risorse messe a disposizione dall'art 252 bis del Dlgs.152/2006 , sono state in parte destinate dal governo per altri scopi e in parte bloccate per le mancate intese fra il ministero dell'Ambiente e quello dello Sviluppo economico.

«Il rallentamento però - ha sottolineato Ronchi - può essere contrastato rendendo effettivamente spendibili le risorse messe a diposizione e rendendo più rapide e operative le intese locali,con alcuni aggiustamenti della normativa come il coordinamento fra la normativa sugli appalti e quella per le bonifiche e il coordinamento più efficace fra bonifica e danno ambientale e migliorando la diffusione di buone tecnologie disponibili e ancora poco impiegate».

Le bonifiche delle aree industriali dismesse potrebbero quindi essere usate come  leva per la green economy contro la crisi.  «Si parla ormai diffusamente di green economy,di interventi che fanno bene all'ambiente e all'economia - ha detto Ronchi - ma si fa ancora troppo poco per promuoverla effettivamente con politiche e misure intelligenti e mirate: il rallentamento delle bonifiche rappresenta un caso esemplare di come si predichi bene, ma si continui razzolare molto male».

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