[14/01/2010] News

Gocce di solidarietà nell’immensa tragedia di Haiti

LIVORNO. Il mondo è attonito davanti alla immane devastazione provocata dal terremoto nella dimenticata Haiti, un Paese che occupa gli schermi televisivi e le  pagine dei giornali solo in occasione di catastrofi naturali bibliche o di rivolte sanguinose per il pane. Il presidente haitiano René Preval, sfuggito al crollo del palazzo presidenziale e della sua abitazione privata, ha detto che la situazione a Port-au-Price è inimmaginabile: «La città è distrutta, il palazzo del Parlamento è crollato. L'ufficio delle tasse, le scuole e gli ospedali sono crollati».

Secondo il presidente ci sarebbero decine di migliaia di morti, forse molti più dei 100.000 che si prevedevano ieri, ma nessuno è in grado di stilare un bilancio in un Paese privo di una vera struttura pubblica, dove la protezione civile è un miraggio ed anche la missione Onu, che garantiva un minimo di pace, è stata duramente colpita dal sisma.

Haiti piange disperata ed inerme, il terremoto ha esposto al mondo le piaghe terribili della sua indicibile povertà, ha bisogno urgente di aiuti che stanno arrivando un po' da tutto il mondo, di generi alimentari, di medicinali, di qualcosa che indichi solidarietà e futuro in un Paese oppresso da un sanguinoso passato di dittatura, superstizione, corruzione e neocolonialismo e da un presente disperato.

Non proprio uno Stato fantasma come la Somalia, ma un non-Stato, un fantoccio vudù irto di spilli infilati nella carne viva del più povero Paese delle Americhe da un neocolonialismo francese e (soprattutto) statunitense che non hanno mai perdonato a questa terra di ex schiavi di essersi ribellati e liberati per primi.

Da Port-au-Prince giunge la terribile testimonianza di Madelein García, una giornalista del network sudamericano TeleSur, arrivata sul luogo del disastro a bordo di un aereo dell'esercito del Venezuela carico di tonnellate di aiuti umanitari e personale tecnico specializzato in situazioni di disastri: «La città è totalmente devastata e i cadaveri ammucchiati nelle strade e sui marciapiedi della metropoli si contano a centinaia. La gente ha essa stessa rimosso i corpi e li ha lasciati lì, nella strada nella speranza che i loro familiari possano riconoscerli. La disperazione si è impadronita delle migliaia di sopravvissuti alla catastrofe, che hanno innalzato rifugi improvvisati con bastoni, coperte, sacchi di plastica, per la paura di rientrare nei loro alloggi, quasi tutti spazzati via. La fame e la sete li rodono e gli aiuti umanitari sono scarsi, poi è molto difficile ottenere rifornimenti in una città piena di macerie e le cui strade sono interrotte e lesionate. Tutta la gente è sulla strada in rifugi che essi stessi si stanno costruendo per potersi attendare. Le persone sono disperate perché non hanno cibo. Vediamo che la gente che è sopravvissuta ha molta fame, molta sete. Le strade sono rotte, gli edifici sono scomparsi, Per ora una delle necessità più urgenti è l'assistenza medica. E' necessaria molta presenza medica, molti paramedici, anche se sono necessarie persone che possano aiutare a recuperare e poter mettere al sicuro i corpi perché si mantengano integri. La situazione è di desolazione, tristezza, pianto».

Intanto la terra continua a tremare: ieri ci sono state almeno tre nuove repliche molto forti e probabilmente hanno fatto altre vittime tra coloro che cercavano di strappare le loro povere cose in mezzo alle macerie in una città dove uno dei più importanti quartieri popolari risulta raso al suolo, una baraccopoli immensa dove in ognuna delle misere case vivevano in media 10 persone.

Decine di feriti hanno già raggiunto l'ospedale di Jimaní, il piccolo capoluogo (11.000 abitanti) della provincia occidentale di Independencia della Repubblica Dominicana  e il presidente del Paese, Leonel Fernández, ha dato l'ordine di rafforzare tutti i centri sanitari al confine con Haiti per accogliere i feriti. A Jimaní, è stato realizzato anche un posto di controllo per coordinare le operazioni degli aiuti umanitari per Haiti dal quale sono già partite migliaia di razioni di cibo a ed acqua per i terremotati.

L'unico ospedale ancora in piedi a Port-au-Prince, il Melenciano, è stracolmo di donne, uomini e bambini mutilati e con fratture in tutte le parti del corpo, i più gravi vengono trasferiti direttamente nella capitale domincana, Santo Domingo, dove ci sono ospedali meglio equipaggiati.

Ma è tutta l'America latina che si sta mobilitando in soccorso di Haiti: i governi di Cuba, Brasile, Guatemala, Ecuador, Perú, Cile, Argentina, Messico, Venezuela hanno già inviato aiuti umanitari, personale medico, specialisti, militari e carabinieri per fermare il saccheggio delle macerie già partito, attrezzature per intervenire sui luoghi del disastro, tonnellate di cibo, acqua potabile e medicine.

Lo stesso stanno facendo l'Europa, gli Usa, la Cina, la Russia, la Turchia... ma sembra una goccia d‘acqua nel mare della nera disperazione di Haiti, dove il terremoto sembra aver ucciso ogni residua speranza. Eppure Haiti ha bisogno di queste gocce di solidarietà umana per uscire da questa tragedia. Per questo greenreport aderisce all'appello dell'Avsi, un'organizzazione italiana che dal 1999 lavora a Port-au-Prince e ripreso anche da Legambiente per indirizzare una raccolta di fondi per Haiti attraverso l'AVSI.  Si può utilizzare il conto bancario: Legambiente onlus, Banca ETICA, codice IBAN IT79 P050 1803 2000 0000 0511 440  specificando: emergenza Haiti.

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