[12/01/2010] News

La brutta strada della Dakar 2010 - Argentina-Chile

LIVORNO. La Parigi Dakar, cacciata e fuggita dall'Africa, è in pieno svolgimento dal primo gennaio in Sudamerica, dove quest'anno è diventata la "Dakar 2010- Argentina-Chile" che si concluderà il 17 gennaio a Buenos Aires  Intanto il rally sta lasciando dietro di sé la solita scia di morti, feriti, gravi, incidenti e polemiche ambientali e politiche al calor bianco.

Ad essere arrabbiati sono in particolare gli ambientalisti argentini che accusano apertamente le grandi case automobilistiche di aver spostato nel 2009 questo circo pubblicitario-colonialista dai Paesi poveri africani a quelli in via di sviluppo dell'America del sud: «La versione ufficiale - dicono le Ong che si oppongono al rally - racconta che i percorsi tradizionali per il continente africano furono abbandonati come conseguenza del rischio che comportava per i piloti di transitare per zone con problemi politici, di guerriglia o guerre civili. Però, nessun corridore o spettatore del pubblico è morto per queste cause. In Africa come in Argentina, le morti degli spettatori sono state la conseguenza dell'irresponsabilità o della mancanza di controllo, dell'essere stati schiacciati o investiti dai veicoli. Almeno 21 spettatori morti durante la Dakar, in maggioranza bambini».

Tra coloro che si battono contro il rally Dakar la più attiva ed incisiva è certamente la Fundación para la Defensa del Ambiente (Funam), un'associazione ambientalista riconosciuta dall'Onu che opera nella provincia argentina di Córdoba e che ha denunciato che non esistono studi di impatto ambientale per la Dakar 2010, che attraversa parchi nazionali, delicatissimi habitat, le Ande ed il deserto di Atacama in Cile.

La Funam ha denunciato anche il fatto che il rally non ha nessuna autorizzazione ad attraversare il territorio della provincia di  Córdoba. E' vero che, alla vigilia della partenza, il governo provinciale ha emesso un'autorizzazione, ma secondo il presidente del Funam, il Premio Nobel alternativo Raúl Montenegro, «Quell'atto è nullo e poi non è stato fatto lo studio di impatto ambientale che esige la legge nazionale dell'ambiente, lo denunceremo penalmente». Il Funam ha anche denunciato le «distruzioni ambientali» che il rally internazionale ha già ha lasciato lungo il suo percorso.

Nonostante tutto questo il rally sta attirando frotte di spettatori (soprattutto maschi, ma le donne non mancano) che seguono da vicino auto, camion, moto, con la recondita speranza di essere proprio i testimoni di uno "spettacolare" incidente da raccontare agli amici. I territori attraversati dalla gara hanno in cambio una fiammata di investimenti, pubblicità, merchandising... e il rally mobilità grandi risorse economiche che arrivano anche in Cile ed Argentina. Secondo gli ambientalisti il prezzo da pagare è troppo caro e il conto viene presentato alla fine del rally: «Quando tutta la gloria e la stampa abbandonano le strade».

In Argentina ha fatto molto scalpore la notizia rivelata dalla Funam: la donazione del governo nazionale agli organizzatori del Rally Dakar 2010 Argentina-Chile di 6 milioni di dollari «secondo il principio di... se nessuno lo sa, nessuno lo racconta». Per questo la Funam ha denunciato legalmente il Capo di gabinetto, Aníbal Fernández e il ministro del turismo Enrique Meier. Intanto ha anche presentato una richiesta formale perché siano avviate indagini sul direttore della competizione, il francese Etienne Lavigne che rappresenta anche l'Amaury Sport Organisation, una multinazionale multi-mediatica francese che organizza anche il Tour de France e la maratona di Parigi. 

Gli ambientalisti argentini accusano la politica sportiva dell'Amaury: «Un dato curioso su questa impresa è non solo che si vanta di avere 4.000 impiegati e di essere responsabile dell'organizzazione di numerosi eventi sportivi internazionali di rilievo, ma anche che per attuarli vuole allargare strategicamente i suoi scenari: gli sport meno rischiosi, come ciclismo, atletica e golf, hanno luogo in Europa; gli altri, quelli dei quali i vari Paesi europei si liberano perché non vogliono pagare per un'immagine discutibile, dove la distruzione e la morte vanno mano nella mano, vanno direttamente nei Paesi del Terzo Mondo, che li ospitano e ricevono con ansia, e pagano anche per loro. Forse non è un dato molto conosciuto, però quella che terminerà fra pochi giorni qui, è la stessa competizione prima conosciuta come Rally Paris-Dakar, che da anni è stata sospesa per le rivolte guerrigliere in Africa e dalla quale Parigi chiese espressamente di svincolarsi e lo stesso fecero, per esempio, Granada e Lisbona. Alla fine l'abbiamo accolta nel nostro Paese, con un benvenuto di 6 milioni di dollari». 

Secondo Raúl Montenegro il Rally Dakar 2010 «Non è autorizzato nella provincia finché non viene pubblicato sul bollettino ufficiale. Dunque se si autorizza ugualmente, come è successo per la Dakar 2009, la decisione è nulla perché non c'è stata la valutazione di impatto ambientale né l'udienza pubblica che prevede la Ley Nacional del Ambiente n° 25675». Nonostante la denuncia il rally è partito ed è in pieno svolgimento e la Funam accusa la Secretaría de Ambiente della provincia: «Ha ostacolato illegalmente l'acceso all'informazioni ambientali sul  Rally Dakar 2010. Inoltre la legge 25831 stabilisce che l'accesso all'informazioni ambientali è libero e gratuito, mentre la Secretaría de Ambiente ha preteso di ottenere delle tasse».

La denuncia va comunque avanti perché è stata accolta dal tribunale provinciale e Montenegro sottolinea che "Non si deve dimenticare il vero sfondo della dell'azione legale: evitare che le 373 auto, camion, quadricicli e moto della Dakar 2010 producano danno ambientale. Perché questo costo finirà per pagarlo la società argentina, non Etienne Lavigne, direttore della competizione. L'improvvisazione e l'illegalità della competizione, l'inaccettabile apporto dato dalla Jefatura de Gabinete agli organizzatori, di 6 milioni di dollari, e le decisioni con cui la gara è stata autorizzata nelle diverse province, assumono la dimensione dello scandalo. I cercatori di avventura arrivano, fanno quel che vogliono e se ne vanno, gli organizzatori si arricchiscono e l'Argentina rimane come una lontana repubblichetta dove gli stranieri possono fare quel che è proibito nei loro Paesi di origine. Diverse Ong argentine stanno raccogliendo prove di irregolarità amministrative e violazioni della normativa vigente da parte di funzionari ed organizzatori del Rally Dakar 2010. Quando il Mali proibì il passaggio del Rally Dakar diventò chiaro che la morte dei bambini africani travolti dai concorrenti e la natura coloniale di questa competizione sono stati più forti del potere economico dell'Amaury Sports».

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