[12/01/2010] News toscana

Prove di dialogo sul futuro della Toscana (2)

FIRENZE. A differenza dei sostenitori della crescita economica (si veda il nostro commento di ieri) i sostenitori dello sviluppo sostenibile per la Toscana mettono al centro la questione sociale ed occupazionale, ma negano che la risposta stia nella crescita economica e dei fattori quantitativi della produzione e del consumo, ritengono che essa stia invece nella crescita dell'istruzione e della conoscenza, nella qualità, crescita di valore d'uso e riusabilità/riciclabilità delle merci, di una drastica riduzione della materia ed energia necessarie per produrle e commercializzarle. Da qui la scelta, sul versante energetico, che tiene conto della necessità di ridurre le emissioni di gas serra (che la Toscana mentre discutiamo sta continuando ad aumentare al ritmo del 2% l'anno nonostante la crisi), attraverso un mix di risorse non rinnovabili (no carbone e nucleare, ma si al metano come fase di media transizione al petrolio, integrata con un forte sviluppo delle rinnovabili) e di fonti rinnovabili, in primis il risparmio e l'uso razionale dell'energia a cominciare dalle strutture edilizie e della mobilità. Sistemi energetici e reti locali piuttosto che mega impianti almeno per quel che riguarda i sistemi civili e il terziario, integrati con la produzione di calore ed energia dei settori industriali. Da qui ricavare anche nuova occupazione e nuova qualità del lavoro orientando gli investimenti al di fuori delle solite rendite.

"Sobrietà, difesa dei beni comuni, energia rinnovabile diffusa, prodotti durevoli e riparabili, condivisione di servizi e beni collettivi, economia a chilometri zero" auspicati dai sostenitori della decrescita, non sono una realtà a portata di mano a causa dei modelli comportamentali delle persone, richiedono perciò lunghi periodi di transizione e soprattutto di tenere presente che per attuarli occorre equilibrio e discernimento perché, per esempio, nel caso dei prodotti a km zero devo sapere che se voglio lo sviluppo agricolo dei paesi poveri che non sia di pura sussistenza dovrò scambiare prodotti agricoli con tecnologie pulite anche a grandi distanze. E che tale modello sociale ed economico deve poter convivere con altri, dimostrandone la praticabilità e non ridursi ad una predica o a un modello adatto, a scala planetaria, ad una popolazione ridotta a un sesto di quella attuale.

Va detto però che nell'impianto di ragionamento dei sostenitori della crescita in questo primo avvio di dibattito, speriamo lo facciano nelle prossime settimane, manca un'idea dei problemi ambientali della Toscana connessi a quelli economici e del lavoro così come di politiche di adattamento (di mitigazione, per quello che ci riguarda) ai cambiamenti climatici: dalla ricerca di equilibrio tra economia e risorse materiali e umane disponibili, allo sviluppo della cooperazione sociale e del lavoro con la crescita della conoscenza, allo sviluppo della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e di programmazione locali.

Ma un dato preoccupa, leggendo questi articoli, l'emergere, in alcuni, di toni di velato sfottò delle tesi altrui. Non è un buon viatico.

(2. fine)

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