[11/01/2010] News

Nell’Artico 2.750 siti inquinati (senza quelli russi)

LIVORNO. Secondo il rapporto "Polar Star n. 2" dell'associazione francese Robin des Bois (Robin Hood) «Un tempo si sosteneva, da parte dei Paesi rivieraschi dell'Artici che il permafrost ed il freddo fossero un modo ed un luogo eterno di gestione e di confinamento dei rifiuti. Ma da 30 anni hanno constatato che i fiumi, i laghi e le acque sotterranee sono contaminate dalla migrazione degli inquinanti prodotti dagli scarichi di altri siti inquinati. La mobilità degli inquinanti proviene dalle variazioni delle temperature e dei livelli delle acque, dallo scioglimento delle nevi, dalla pioggia e dalle inondazioni. Il gelo non ha svolto il suo ruolo di contenitore degli inquinanti. Nella prospettiva del riscaldamento climatico, la rottura progressiva della catena del freddo sarebbe una catastrofe ecologica ed accelererebbe la liberazione di tutti i rifiuti».

Robin des Bois ha analizzato le informazioni disponibili presso le amministrazioni specializzate di Usa,  Canada, Groenlandia, Norvegia, Svezia e Finlandia e condotto un inventario dei siti inquinati. Mancano all'appello i dati della Russia che non ha voluto collaborare. L'inventario riguarda i siti inquinati da rifiuti metallici, chimici o solidi urbani ed esclude l'inquinamento radioattivo che sarà preso in considerazione in una successive ricerca.

Secondo l'associazione francese «Le principali attività responsabili della contaminazione dei suoli o delle acque adiacenti o sotterranee sono le basi militari o scientifiche, la prospezione, lo sfruttamento e la distribuzione di gas e petrolio, lo stoccaggio di carburanti ed io complessi minerari e siderurgici. Gli inquinanti predominanti sono gli idrocarburi, i metalli pesanti, l'amianto, i Pcb ed altri inquinanti organici persistenti». I siti inquinati sono frutto di pratiche negligenti, mancanza di conoscenza delle modalità di trattamento dei rifiuti, soprattutto quando vengono prodotti in un ambiente ostile e praticamente disabitato.

«I Pcb e specifici metalli pesanti vengono utilizzati come additivi nei fluidi di trivellazione - spiega Robin des Bois  - Il "road oiling" consiste nel ridurre la diffusione di polvere su superfici delle miscele sterili, olii e liquidi antigelo utilizzati. Le basi militari sono delle grandi utilizzatrici di Ddt ed il metodo corrente dell'eliminazione di rifiuti in fusti è il trasporto sui laghi gelati in inverno, in attesa che il disgelo dell'estate li inghiotta nei fondali. In conseguenza, gli inventari nazionali, e più precisamente dell'Alaska negli Stati Uniti, dello Yukon, di Nunavut e dei Territori del Nord-Ovest in Canada non devono essere considerati esaustivi».

Gli inquinanti contaminano anche gli ambienti tropicali e da lì arrivano nell'Artico: «Alcune popolazioni di orsi polari oggi designate come le vittime spettacolari del riscaldamento climatico sono da diversi decenni vittime di contaminazioni interne da Pcb ed insetticidi. Gli Inuit e le alter comunità indigene dell'Artico, il cui regime alimentare si basa sulle risorse acquatiche e la caccia sono altrettanto avvelenati -  dicono gli ambientalisti francesi - L'Artico è il bersaglio  dell'inquinamento esogeno trasportato dalle correnti atmosferiche ed oceaniche, ma la ricerca di Robin des Bois e le cartografie allegate dimostrano che l'Artico é anche sotto la diretta minaccia degli inquinanti endogeni. La quasi totalità dei siti inquinati è sulle rive dell'Oceano Artico,  dei laghi o dei fiumi. I siti inquinati sono degli hot-spot ambientali e delle vie di trasferimento degli inquinanti verso le acque dolci e marine. A causa dei rischi esistenti e futuri, è indispensabile un Piano coordinato di gestione e risanamento dei siti inquinati nell'Artico per salvaguardare le popolazioni autoctone e l'ambiente».

In Alaska i siti inquinati sono 509, in Canada 662, in Groenlandia 468, in Norvegia 524, in Svezia 418 e in Finlandia 169. "Polar Star n°2"  evidenzia che nonostante i proclami di trasparenza «Le autorità russe non hanno dunque voluto rispondere alle sollecitazioni di Robin des Bois. I territori artici degli altri Paesi rivieraschi hanno formato nel tempo un corteo di siti inquinati intorno al Polo Nord ma si impongono inventari e la presa di coscienza sulla necessaria messa in sicurezza. In Russia, gli inventari non esistono ancora o non sono comunicabili. Questa gestione a circuito chiuso del territorio artico russo e dei suoi siti inquinati espone le popolazioni autoctone a contaminazioni interne ed all'impoverimento delle loro risorse alimentari. Pone anche una difficoltà supplementare per la governance ambientale dell'Artico. Un altro documento sui siti inquinati nella Russia artica, in particolare per la radioattività, verrà ulteriormente pubblicato da Robin des Bois».

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