[05/01/2010] News

La Shell si ritira da 20 Paesi africani (ma non dai giacimenti di petrolio e gas)

LIVORNO. La multinazionale petrolifera anglo-olandese Shell ha annunciato la decisione di abbandonare il mercato "a valle" in una ventina di Paesi africani, conservando però le lucrose attività "a monte", cioè l'esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas del continente nero. La svolta era già stata ventilata nel maggio 2009 dal nuovo direttore generale della Shell che aveva annunciato cambiamenti strutturali profondi ed il licenziamento di molti quadri: «Ad oggi, la nostra base di costi mondiali è troppo elevata. Quattro anni fa, quando il barile oscillava tra i 60 e i 70 dollari, i nostri costi generali globali erano più bassi della metà», da qui la decisione di ridurre le spese partendo dall'Africa, uno dei mercati meno redditizi per i prodotti finiti.

Secondo Radio France Internationale (Rfi), la Shell vuole così restituire fiducia agli investitori che la vedono  ormai come una società statica: «Il gigante petrolifero non dispone più di enormi riserve. Nel suo attuale portafoglio non ci sono che progetti la cui redditività non sarà effettiva che entro 5 o forse 10 anni. Al centro di questi progetti gli olii molto pesanti, altrimenti detti sabbie bituminose di cui abbonda l'America del nord, in particolare il Canada. Da qui questo cambiamento radicale di strategia, perché i tempi di sfruttamento troppo lunghi non hanno mai favorito un rapido guadagno».

Di questo fa parte anche il disimpegno africano (negato fino a poco fa), con l'abbandono delle attività di raffinamento, stoccaggio e vendita di prodotti come gas e lubrificanti nei Paesi africani dove la Shell continua ad operare. Nel 2008 la multinazionale aveva già abbandonato questo tipo di attività in una quindicina di Paesi, dicendo di volersi concentrare sulle altre attività  più redditizie.

La Shell avrebbe deciso di rivolgere le proprie offerte di vendita a soli quattro partner e di privilegiare la cessione del suo patrimonio africano in un lotto unico. «Una missione ben difficile - sottolinea Rfi - perché tutti i giganti petroliferi, che hanno sia i mezzi finanziari e la visione strategica necessari, sono tutti in situazioni disagevoli, a cominciare da Total-Elf-Finala cui strategia è piuttosto quella di consolidare le recenti acquisizioni sul continente».

Ma i candidati alla sostituzione della rete della Shell non mancano, a cominciare dalla Oil Libya o dalla marocchina Afriquia nel nord Africa, oppure le sudafricane Sasol e Engen nell'Africa australe. Gli indiani puntano invece a comprare le attività della Shell in Africa orientale, mentre la senegalese Eltone vuole espandersi sul mercato locale e la portoghese Galp punta alle ex colonie di Lisbona e dei loro vicini. Non manca l'interessamento della MRS Nigeria che ha già comprato le attività della Chevron-Texaco in Africa e che non nasconde l'ambizione di diventare la potenza petrolifera dominante del mercato africano.

La Royal Dutch Shell plc (Shell) é presente in un centinaio di Paesi del mondo e lo "sfrondamento" di attività in Africa servirà a dar gambe ad attività basate su due imprese: una che coprirà l'America del nord e del sud, l'altra che opererà nel resto del mondo.

Le attività "a valle" abbandonate in Africa verranno invece ampliate altrove: oltre alle raffinerie, al marketing ed ai prodotti chimici, le due Shell gemelle si occuperanno anche di vendita di energia, ad eccezione di quella eolica, che farà parte delle attività globali. Una nuova impresa, "Projets & Technology" si occuperà di tutti i grandi progetti di fornitura della Shell, dei servizi tecnici e della capacità tecnologica di tutti i derivati energetici e petroliferi e supervisionerà anche le  performance di sicurezza ed ambientali della Shell.

Secondo il Times, questa gigantesca ristrutturazione porterà al licenziamento di circa il 30% dei quadri della multinazionale, con circa 24.000 posti di lavoro a rischio, un prezzo da pagare perché la Shell dovrà confrontarsi con «Sfide considerevoli, costi elevati, volatilità dei prezzi dell'energia e la concorrenza per i nuovi progetti».

La Royal Dutch Shell potrebbe comunque avere pessime sorprese ed ottenere risultati sensibilmente differenti da quelli che spera di ottenere dalla sua ritirata coloniale in Africa e dalla draconiana politica dei tagli di posti di lavoro: il disegno della multinazionale deve fare i conti con le fluttuazioni dei prezzi di gas e petrolio, con i cambiamenti della domanda per i suoi prodotti, con il disordine monetario, con i risultati reali delle trivellazioni e della produzione dei giacimenti e con le stime delle riserve, con la perdita di parte del mercato a causa dell'emergere delle nuove potenze petrolifere dei Paesi in via di sviluppo, per non parlare dell'aumento dei rischi per l'ambiente e la salute e della sensibilità crescente dell'opinione pubblica mondiale che rende sempre più difficile ai petrolieri fare quel che prima era facile.

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