[04/01/2010] News

Che 2010 sarà per l'economia ecologica?

LIVORNO. Che 2010 sarà per l'economia ecologica? Difficilissimo dirlo. Non siamo né maghi, né economisti, tuttavia laicamente si può osservare quanto è accaduto finora e spingere idealmente verso quella che a noi pare (oramai da troppo tempo però...) l'unica strada realisticamente praticabile in questi anni 2000 che sanno più di Medioevo che di Rinascimento.

Certo se fosse davvero un nuovo Medioevo vorrebbe dire che l'uomo ci sarà ancora tra 2000 anni e questa banalità è almeno consolatoria. Altrimenti saranno solo degli anni buttati via, come lo è stato in larga parte quello appena trascorso.

Il 2008 credevamo fosse stato pessimo sia ecologicamente sia politicamente, tanto che lo avevamo considerato l'anno zero, ma il 2009 non è stato meglio. Tra venti di nuove possibili guerre; fallimento di Copenhagen; economia finanziaria senza regole e freni: quella reale incapace di prendere una direzione sostenibile ambientalmente e socialmente; "bolle" in agguato pronte a scoppiare; assenza di qualsivoglia forma di governance globale; sinistra che suona a morto; la lista rischia di essere un lungo elenco di obiettivi falliti.

Tra i quali è doveroso mettere anche i primi mesi del nuovo corso della Casa Bianca, che stanno mettendo a dura prova (anche fisicamente) l'uomo della speranza Barack Obama. Nel riconoscere questo non ci aggiungiamo certo alle voci del coro di chi non vedeva l'ora che l'uomo venuto dalle Hawaii perdesse le sue sicurezze e il suo sorriso per dire che tanto sono tutti uguali e che nulla cambierà. Perché forse non si è capito che se questa presidenza sarà un fallimento, questo non avrà conseguenze solo per gli Usa.

Sconfortano poi le varie analisi che in questi primi giorni del 2010 tutti i principali quotidiani italiani fanno - ospitando anche articoli di importanti economisti mondiali - delle prospettive economiche e anche in parte ecologiche a livello globale, europeo e nazionale. Per non parlare poi della presa di coscenza (Turani su Repubblica) che i consumi saranno sempre più attenti agli sprechi e all'impatto ambientale, proprio mentre si fa il possibile per farli ripartire come e peggio di prima.

Tutto insomma come un anno fa, con le stesse richieste e le stesse analisi e un dato comune che è il più deprimente: si è perso un anno perché la politica è quella più indietro di tutti. Più indietro del mercato, più indietro della cosiddetta "gente", più indietro persino della Chiesa e dell'attuale Papa che in generale sembra un restauratore da competizione.

Lo si capisce da tanti motivi (si potrebbe parlare ad esempio del film campione d'incassi Avatar che è una favola ecologista), ma stavolta vogliamo soffermarci sulla pubblicità. Che ha molti lati negativi, ma almeno uno positivo: dà il segno dei tempi. Ebbene non c'è un giornale che sfogliandolo non ospiti reclame che punti sulla sostenibilità dei prodotti. Che siano riciclati, che siano ecocompatibili, che siano a basso consumo energetico, che sfruttino le energie alternative, che durino più a lungo tutto è costruito sulla sostenibilità ambientale a anche su quella sociale. E tra le tante ne spicca una che merita la citazione. Si tratta dello spot Renault che sta passando a nastro sulle tv nazionali.

«C'è mai stata - dice la voce fuoricampo - un'invenzione più bella dell'automobile? Da quando esiste ha reso la nostra vita più piacevole e ha contribuito alle grandi rivoluzioni della società. Ma oggi è ancora in sintonia con la società? Perché qualcuno può viaggiare mentre altri possono a mala pena spostarsi? Perché il piacere di alcuni può pesare sul destino di altri? Noi di Renault crediamo che sia ora di cambiare le cose». E poi si parla di auto elettrica, riciclo, emissioni, cambiamenti climatici e tutto con un taglio ambientalmente molto spinto. Certo, non siamo così ingenui da credere che Renault non faccia questo per vendere più auto. Ma non è un evento storico che una casa automobilistica di siffatta tradizione (oltre un secolo) vincitrice di svariati campionati di Formula 1, si spinga a dire che l'auto non è più in sintonia con la società? Se solo questa domanda se la ponesse la politica invece di rincorrere soltanto i consensi di tutti staremmo già un pezzo avanti...

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