[04/01/2010] News

Il 2009, nonostante tutto

LIVORNO. Che tipo di anno è stato per la sostenibilità il 2009? E l'intero fantomatico decennio zero?  Come in parte su queste pagine ha scritto la settimana scorsa Gianfranco Bologna, nonostante tutto il cammino verso la scienza della sostenibilità è proseguito. Forse non alla stregua di una scienza esatta, forse non come speravamo, forse non la svolta che sarebbe stata necessaria, ma nonostante tutto  i passi in avanti (e ora la prossima tappa pare essere Città del Messico, a giugno 2010) sono stati fatti, soprattutto a livello di consapevolezza pubblica e forse anche imprenditoriale. Mentre l'impressione è che a rimanere indietro sia soprattutto la politica (italiana in primis, ma non solo), incapace di dare il senso a quella crisi (dal latino discrimen, svolta) che doveva costituire il là pedagogico verso un'economia ecologica.

Scorriamo le pagine di oggi del Sole 24 Ore, che ignorando qualsiasi notizia ‘fresca' pubblica una serie di summa categorizzate, sui quali vale forse la pena riflettere: il primo bilancio è dedicato al consumo di suolo in Italia ed è stato redatto dall'osservatorio nazionale costituito presso il Politecnico di Milano: negli ultimi dieci anni in Lombardia, ad esempio, 10 ettari di terreno sono stati ogni giorno sacrificati per ospitare edifici e infrastrutture. Il titolo di apertura del giornale si preferisce però farlo sui vincoli paesaggistici che graverebbero su quasi la metà del territorio italiano, facendo velatamente pensare alla tutela del territorio come un ostacolo alla competitività del Paese, tanto che l'editoriale di spalle implora "proposte e non divieti" (nell'altro nostro articolo di oggi spieghiamo che in realtà questo 47% di territorio è vincolato solo in teoria, vedi link a fondo pagina).

La fotografia di una classe dirigente stanca e datata, ancorata a un modello di sviluppo anacronistico e insostenibile, viene confermata dalla pagina dedicata alla prossima grande e nuova impresa del governo: gli incentivi alle rottamazioni, che  promettono le solite vitamine da Pil a breve durata per mercati asfittici e che potrebbero (dovrebbero) invece essere riconvertiti. Si continua a scegliere invece di tirare a campare, aggrappandosi all'ignoranza e debolezza delle persone, con le scommesse legali che estraggono illusioni a ritmi galoppanti e intanto finanziano pubblici servizi (compresi quelli che dovrebbero educare), tanto che il Sole, per dare un'idea, ricorda che in Italia lotterie & co. valgono quanto due scudi fiscali.

Poi ci sono i dati sulla disoccupazione, quelli sugli stranieri che aprono ristoranti (e sul corriere della sera del 30 dicembre, si arrivava a definire straniero un bambino adottato due anni fa da una coppia bergamasca, scusate la parentesi off topic!) e quelli sui falegnami specializzati che invece non si riescono a trovare. E da qui al paese di evasori e falsi poveri il passo è breve (l'agenzia delle entrate spiega che il 10% dei contribuenti italiani paga da solo oltre la metà delle tasse. E tale 10% è costituito da lavoratori dipendenti. In altre parole non è la progressività delle imposizioni a garantire il gettito quanto l'imposizione su alcune fasce sociali, rispetto alle quali, come nel caso dei lavoratori dipendenti, il reddito è certo).

Fin qui tutto normale, tutto drammaticamente uguale a quelli che potevano essere i bilanci fatti l'anno scorso e gli anni passati e che dimostrano che l'auspicata svolta in direzione di un'economia ecologia, almeno in Italia, almeno a livello politico, non c'è stata. Ma c'è un bilancio "nuovo" che riporta alla realtà: la fotografia del calo dei consumi petroliferi (che ripete il crollo dell'anno scorso e scava un abissso nel mito della crescita infinita) e che dovrebbe appunto servire a mettere gli occhiali a chi è chiamato a decidere con lo sguardo lungo sulla base di quell'economia che dovrebbe essere quanto di più lontano ci possa essere da maghi, stregoni e sacerdoti dogmatici: ovvero uno strumento a servizio del governo della polis.

Ma la svolta appunto, potremmo finalmente trovarla davvero laddove spesso in questi anni abbiamo posato l'indice evidenziando la capacità di anticipare i tempi (o meglio evitare i disastri futuri e futuribili, legislativi o naturali, per garantirsi un futuro): l'impresa, molto spesso multinazionale, quasi sempre astuta, che annuncia (e però di fatto realizza anche), svolte e riconversioni: di Renault ne parliamo in un altro pezzo (link a fondo pagina: che 2010 sarà per l'economia ecologica?), intanto inauguriamo questo quinto anno di vita di greenreport, con la stessa voglia di socializzare il nostro punto di vista, che è quello di un ambientalismo scientifico, certi che sia meglio un 2010 irto di ostacoli sulla strada della sostenibilità, che nessun 2010.

Torna all'archivio