[04/01/2010] News

Vincoli e tutela del paesaggio: l'Inu fa chiarezza

LIVORNO. Nel dossier dell'Istituto nazionale urbanistica "Innovazioni in corso nella pianificazione paesaggistica delle regioni" Attilia Peano prova a far chiarezza sulle novità introdotte dal codice del paesaggio e consente di fare luce anche su certio messaggi che oggi diffonde il sole 24 ore e di cui parliamo in un altro articolo (vedi link a fondo pagina).

«La versione ultima del Codice italiano dei Beni Culturali e del Paesaggio (2008) - si legge nel documento - pur costituendo un avanzamento nella direzione della Convenzione europea del paesaggio (Cep, 2000), continua a presentare luci e ombre. Il paesaggio è ridefinito come espressione delle identità di un territorio, ma resta completamente trascurata l'importante innovazione della Cep del coinvolgimento delle popolazioni nella determinazione dei propri paesaggi. E' introdotta una visione attiva e propositiva della tutela, fino alla creazione di nuovi valori paesaggistici, mentre continua ad essere ignorata la considerazione del paesaggio come valore anche funzionale allo sviluppo economico».

«Contestualmente - prosegue il documento di Attilia Peano - si rileva una possibile maggiore incisività del piano paesaggistico regionale sui processi ordinari di trasformazione del territorio, laddove il Codice inserisce tra i contenuti del piano: la limitazione del consumo di suolo, l'individuazione di linee per lo sviluppo urbanistico ed edilizio, l'attenzione ai paesaggi rurali e ai siti Unesco. Una maggiore apertura verso l'attuazione si riscontra nell'attribuzione al piano paesaggistico regionale della possibilità di individuare Linee Guida per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, anche prevedendo misure incentivanti. A fronte di alcuni avanzamenti, resta da chiarire la questione di come trasferire strategie e indirizzi per il paesaggio, definiti alla scala regionale, nella pianificazione locale e nel progetto. Le esperienze pur interessanti e importanti dei piani paesistici, formati ai sensi della legge Galasso, hanno dimostrato di riuscire: a diffondere nelle comunità locali conoscenza ambientale e anche - seppur in minor misura - paesaggistica del proprio territorio, a salvaguardare risorse naturali e culturali, ma, salvo pochi casi virtuosi, poco hanno inciso sulla qualità dei paesaggi. Nella generalità essi non hanno avuto alcuna incidenza neppure sui molti altri piani di settore dello stesso livello regionale. Si potrebbe sostenere che le normative di indirizzo della pianificazione paesaggistica regionale non riescono a permeare nelle decisioni di settore ed a trovare specificazione applicativa al livello locale. Peraltro, le esperienze di pianificazione paesaggistica che sembrano più articolate e rigorose, quali ad esempio alcune della Toscana e dell'Umbria, legano il piano regionale o provinciale al piano locale in un rapporto auspicato di co-pianificazione i cui esiti sono tutti da verificare, essendo nel nostro paese in genere assente ogni forma di monitoraggio».

La Peano fa una sconsolante (per l'Italia) rassegna delle politiche paesaggistiche dei Pesi europei e poi sottolinea: «La pianificazione regionale o anche nazionale è in genere considerata nei diversi paesi europei necessaria per definire le strategie, ma azioni di questo livello, da sole, non sono sufficienti per raggiungere l'operatività. In particolare, nel nostro paese, è proprio questa scala che non viene coinvolta, se non molto indirettamente, dalla questione paesaggistica, restandone quindi praticamente estranea nel guidare e gestire i processi di trasformazione che determinano i paesaggi. In Italia ad oggi, sono poche le esperienze in cui il livello comunale di pianificazione assume contenuti ambientali e paesaggistici. Ovviamente, poiché il paesaggio non può essere confinato nei limiti amministrativi dei singoli comuni, occorre instaurare anche una attività di controllo sovra-locale della qualità paesaggistica. Così come una dimensione sovralocale si rende necessaria per le Commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, in contrasto con le indicazioni dell'ultima versione del Codice (che consente ai Comuni, a condizione che dispongano nell'organico di ben definite competenze, di istituire commissioni comunali). Sarebbe non solo auspicabile, ma credo necessario, a questo proposito, che non si istituissero tante commissioni quanti sono gli enti sub-regionali ai quali sono attribuite competenze amministrative; trattandosi molto frequentemente di comuni, si potrebbero avere sul territorio nazionale 8.000 commissioni con punte di più di 1.200 e 1.500 in Piemonte e Lombardia, con quale qualità culturale e con quali risultati per la qualità del progetto?».

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