[30/12/2009] News toscana

Leone (Cirf) sull'alluvione: E' necessario un nuovo approccio alla pianificazione e alla gestione del territorio

FIRENZE. Le stesse domande poste alle associazioni ambientaliste "storiche" (vedi articoli collegati nei link a fondo pagina) sono state rivolte al Cirf (Centro italiano riqualificazione fluviale), associazione specialistica che si occupa di ecosistemi fluviali. A rispondere è Laura Leone Referente Cirf per la Toscana. 

Cosa pensa il Cirf degli eventi alluvionali che hanno colpito la Toscana in questi giorni? 

«Personalmente, abitando in zona, ho provato una sensazione di impotenza e disperazione: l'acqua ha una forza spaventosa e non ci sono soluzioni immediate se non quelle della fuga; strade trasformate in torrenti, giardini in laghi freddi e melmosi; persone che vedono sparire tutto ciò che si erano costruite nell'arco di una vita; una natura che si riprende violentemente i suoi spazi e porta terrore... solo in quel momento, purtroppo, ti rendi conto di non poter pretendere di gestirla; di essere solo un elemento del sistema e non il suo padrone... purtroppo, aggiungo, ce ne dimentichiamo presto!»

Le rotture degli argini verificate sul Serchio, sono un evento eccezionale poco prevedibile, o evidenziano una scarsa manutenzione e controllo delle opere idrauliche anche per carenza di risorse da destinare a questa funzione?

«Non parlerei di carenza di risorse: recentemente si è assistito a ripuliture degli argini tanto pesanti e categoriche quanto a nostro parere assolutamente inutili e dannose. Solitamente non sono i soldi che mancano e nemmeno la manutenzione degli argini, che semmai andrebbe definita come inadeguata: i tagli a raso sono assolutamente dannosi sia per il fiume che per gli argini; basterebbe gestire la vegetazione con tecniche alternative, tagliando dove serve e lasciando ciò che è necessario e consono. Sui giornali si sente parlare di indebolimento degli argini da parte di nutrie e volpi, che a dir la verità non sono così frequenti da noi...  Sicuramente si è assistito ad una concatenazione non comune di eventi meteorici: l'abbondante nevicata dei giorni prenatalizi seguita da alte temperature e piogge abbondanti hanno creato un tale livello di  imbibimento del terreno da creare situazioni di franosità sui versanti e portate veramente insostenibili per il Fiume Serchio. Già negli anni passati, tuttavia, ma anche quest'anno, si erano raggiunti livelli  piuttosto preoccupanti»

Quali sono le maggiori criticità nel bacino del Serchio dal punto di vista idromorfologico?

«Il bacino del Serchio ha un rapporto tra superficie ed asta fluviale decisamente elevato, con tempi di corrivazione (tempo che intercorre fra la caduta della precipitazione su di un bacino a monte e il passaggio di questa dalla sezione di uscita del bacino a valle,ndr) molto rapidi: le conseguenze sono ingenti piene con variazioni di portata rapide e molto consistenti. Se a ciò si unisce l'elevata naturale franosità dei versanti e l'utilizzo per lo più industriale  delle aree naturalmente esondabili, si configura un quadro decisamente complesso, in un'area, tra l'altro, ad elevata piovosità».

La situazione che si sta verificando in Lucchesia come in provincia di Prato ed in altre aree della Toscana secondo il Cirf  potrebbe essere conseguente di errate gestioni degli ecosistemi fluviali, del reticolo minore e di una scarsa attenzione al territorio in generale?

«Lo scorretto uso del territorio ha purtroppo origini molto lontane! In Toscana come nel resto del paese, le responsabilità non sono da ricercare tanto nel breve periodo quanto in una modalità di utilizzo del territorio che non tiene in considerazione le sue esigenze primarie, ovvero spazio e naturalità.  Il problema è che nel tempo non si impara nulla e si continua a costruire in aree ad elevata pericolosità idraulica che diventano così ad alto rischio  a causa delle costruzioni stesse e degli altri beni esposti; si crede infatti che possa bastare l'innalzamento degli argini e la costrizione dei fiumi in alvei sempre più stretti  a contenere la furia di una natura che quando si arrabbia fa sentire molto alta la sua voce... Si ottiene invece di solito l'effetto contrario...»

Veniamo alle soluzioni. Bertolaso ha affermato che è giunta l'ora di mettere a sistema la sicurezza del territorio e il presidente Martini ha invocato la necessità di risorse economiche che deve impegnare principalmente lo Stato centrale. Non c'è dubbio che i soldi siano necessari ma devono essere bene impiegati. Quali sono le proposte del Cirf?

«Innanzi tutto è bene fare chiarezza sul termine "sicurezza": la sicurezza assoluta non esiste per definizione, il rischio si può ridurre, gestire, ma il rischio "zero" semplicemente non si può raggiungere;  l'evento più catastrofico di quello di progetto è sempre possibile. Perdere la memoria e la consapevolezza di questo (spesso a seguito di proclami del tipo "ora vi mettiamo in sicurezza") può portare a gravi errori e sottovalutazioni. Detto questo, è sicuramente fondamentale disporre di sufficienti risorse per un'adeguata manutenzione, ma solo delle opere indispensabili. Il concetto di manutenzione è spesso abusato, finendo per includere interventi di insensata artificializzazione, che azzerano gli ecosistemi e incrementano il rischio (non dimentichiamo che la natura, tendenzialmente, si "mantiene" da sola). A monte però ci deve essere un nuovo approccio alla pianificazione e alla gestione del territorio, deve urgentemente essere attuata una politica che preveda nuovi spazi per i fiumi, anche attraverso delocalizzazioni e assicurazioni per chi si trova a vivere in aree a rischio. In altri paesi europei, come l'Inghilterra, esiste la formula per cui se vuoi vivere in una determinata area, devi pagare una assicurazione che ti copra dal rischio di esondazione... e in alcuni tratti costruire è diventato inutile perché le assicurazioni, se il rischio è troppo alto, non coprono i danni... Sarebbe poi fondamentale attuare politiche compensative a scala di bacino per promuovere un'efficienza nell'uso delle risorse e una riduzione delle opere meno utili o, a scala ampia, addirittura dannose che non si otterrà mai finché si pianificherà in modo scriteriato aspettando il salvagente dallo Stato a seguito di ogni piena eccezionale. Se non attueremo un approccio diverso da quello seguito finora, dovremo abituarci ad affrontare questo tipo di eventi con sempre maggior frequenza. Per chi volesse approfondire la questione, invitiamo a visionare la pubblicazione "Le buone pratiche per gestire il territorio e ridurre il rischio idrogeologico", realizzato dal Cirf con Legambiente e dipartimento della Protezione civile, che tratta in modo semplice proprio dei tanti falsi miti citati nelle nostre risposte».

 

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