[29/12/2009] News

La legge quadro sui parchi; proposte, esigenze e manfrine

PISA. Qualsiasi legge - specie con i tempi che corrono - dopo quasi un ventennio richiede generalmente di essere attentamente valutata nei suoi risultati per essere aggiornata e adeguata alle novità coerentemente con le sue stesse finalità se necessario.

La legge quadro sui parchi e le aree protette 394 del 91 non fa eccezione a questa regola e non sfugge a questa esigenza.
Anzi, forse per poche leggi tra quelle importanti - e la legge 394 indiscutibilmente lo è come testimonia tra l'altro il suo lungo e travagliato percorso e approdo- si è cominciato abbastanza presto a chiederne correzioni e adeguamenti rimettendola in qualche modo in discussione.

Spesso si è trattato di sortite piuttosto vaghe e generiche, più un invito a non fare della legge un tabù che a sostegno di obiettivi precisi ad eccezione della caccia che ogni tanto trova o ritrova qualche paladino disposto anche a presentare proposte di legge o quanto meno al momento opportuno qualche emendamento in proposito. Ma si tratta ormai di un aspetto agitato molto strumentalmente e ‘demagogico' destinato sì a innescare qualche polemica anche vivace sui giornali dove però resiste poco per lasciare infine il tempo che trova. Non è più quello, infatti, un fianco scoperto da cui si può far breccia sul resto, il versante insomma dal quale si può sperare di rimettere in discussione dopo quasi 20 anni una legge che ha segnato un vero punto di svolta, una tappa fondamentale nelle politiche ambientali del paese.

Vi sono stati naturalmente anche altri tentativi più o meno improvvisati volti a manomettere in vario modo la legge o quanto meno a depotenziarla anche solo ignorandola, ma nel complesso si sono evitati attacchi frontali non risparmiati invece ad altre leggi. Lo si vide significativamente in occasione della discussione sul nuovo Codice ambientale quando dopo qualche braccio di ferro anche in Parlamento sì preferì poi diplomaticamente escludere i parchi dagli effetti della delega perché come ebbe a dire il sottosegretario Tortoli si riconobbe che la legge 394 nel suo impianto generale non richiedeva cambiamenti così importanti da legittimare l'intervento della commissione dei 24 che non risparmiò invece la legge 183.

A distanza di anni credo si possa dire che la legge quadro sia stata ‘maneggiata' dal ministero dell'ambiente (oggi anche del mare) in una sostanziale e poco encomiabile continuità anche politica con una ‘riserva' di fondo riguardante l'esigenza di costruire una politica nazionale volta a fare dei parchi quel sistema delineato dalla legge 394 e ribadito successivamente in maniera ancor più precisa e netta dalla legge 426. Insomma ciò che via via è andato sempre più emergendo con chiarezza è stata la ricerca anche confusa di ritagliare uno spazio e un ruolo di fatto distinto tra parchi nazionali e gli altri particolarmente evidente nel caso delle aree protette marine, uno spazio quindi per il ministero ‘separato' dalle regioni e gli enti locali e circoscritto a parchi considerati a torto ‘ministeriali'.

C'è qui una peculiarità della legge che in troppi forse hanno dimenticato e cioè che a differenza di gran parte delle leggi che hanno regolato e normato i rapporti stato-regioni questa più di ogni altra ha dovuto tener conto della esperienza e del lavoro regionale che in materia di aree protette ha anticipato e non di poco -come ebbe a riconoscere il Presidente della Repubblica Scalfaro che parlò non a caso di ‘supplenza' costituzionale delle regioni- quella dello stato, non potendo evidentemente i ‘parchi storici' costituire il ‘modello' a cui rifarsi.

(continua)

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