[28/12/2009] News toscana

Il "clima" della Toscana (II)

FIRENZE. Da Copenaghen non sono uscite regole e obbiettivi per affrontare il cambiamento climatico ma la registrazione di un mondo profondamente cambiato negli equilibri geopolitici ed economici, un passaggio forse ineludibile al di là delle speranze di un cambiamento più ravvicinato. Per ora restano impegni delle singole aree planetarie, insufficienti, ma significativi oltre a quelli già fissati a Kyoto o stabiliti unilateralmente da UE e Giappone.

Il quadro resta assai problematico ma non invita nessuno a demordere e a fare concreti passi avanti soprattutto a livello locale. Italia e la Toscana con essa devono ancora dire che cosa faranno per raggiungere gli obiettivi di Kyoto per non parlare del 20-20-20 della UE entro il 2020.

L'Italia, è certo, non fa e non farà niente scivolando rapidamente fuori d'Europa e non solo per questo; la Toscana ha intenzione di continuare a stare a guardare? Rinnoviamo l'invito a Enrico Rossi (candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione - che la destra è ancora lì a negare i cambiamenti climatici indotti dal modello produttivo e tecnologico attuale) per l'avvio fin dalla prossima campagna elettorale di proposte per un Piano organico di adattamento ai cambiamenti climatici e di riallineamento agli obiettivi della UE. Ci permetta qualche suggerimento minimo.

Il Piano deve contenere processi partecipativi praticabili, un ben definito ruolo degli attori e delle società locali e obiettivi e proposte concrete per ridurre le emissioni e ottenere nuova competitività all'economia toscana.

Deve contenere capitoli per ogni settore dove siano ampie o esclusive le competenze della Regione: energetico, agricolo, costruzioni e abitazioni, servizi, pmi (in collegamento con R&S, conoscenza, istruzione), prevenzione e trattamento rifiuti, trasporti e mobilità, azioni domestiche; prevedendo misure pratiche e alla portata.

Ogni settore va rapportato, poi, in termini di riduzione delle emissioni di CO2, al contributo economico e produttivo e al miglioramento delle condizioni ambientali, sociali ed occupazionali.
Il Piano deve contenere un Programma di supporto alle politiche e alle installazioni per il commercio dei diritti di emissione che sono di competenza europea, migliori processi produttivi (apporti e collegamenti con R&S, conoscenza, istruzione) e competitività; un programma di realizzazioni di fonti energetiche rinnovabili e di riduzione delle emissioni.

Inoltre, prevedere azioni trasversali per la sostenibilità e le mitigazioni in efficienza energetica della P.A., ambientalizzazione della governance e del governement in una ottica di semplificazione e di efficiente integrazione delle politiche e della spesa.

Infine il Piano deve avere previsioni degli effetti delle misure e delle azioni e valutazioni strategiche, ossia stima del costo globale, valutazione del Piano stesso in termini di sviluppo sostenibile e adattamento ai cambiamenti climatici, procedure di valutazione ambientale del Piano.
Tutto ciò implica una rapida Riforma della macchina regionale secondo principi di integrazione e semplificazione di procedure e decisioni, capacità di governo a partire da una cabina di regia costituita da esperti presso la Presidenza della Regione.

Con ciò riprendiamo una "vecchia" proposta delle associazioni ambientaliste avanzata in concertazione nel 2006 che, dopo impegni generici, è scomparsa dalla discussione di merito, mentre nel 2007 fu approvata una "riforma" della dirigenza regionale che era l'opposto della integrazione delle politiche, piani e programmi. Gli stessi Stati generali della sostenibilità avrebbero dovuto essere una verifica annuale dello stato delle cose e non una passerella di discorsi.
(2. fine)

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