[23/12/2009] News

Dopo Copenhagen, messe le basi per un lavoro comune che potrebbe condurci a risultati finalmente positivi?

ROMA. Proprio poco prima dell'inizio della 15° Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) che si è tenuta a Copenaghen nelle scorse due settimane, il grande programma internazionale di ricerca scientifica sul cambiamento globale, l'International Geosphere Biosphere Programme (IGBP) ha trasformato il suo Newsletter con una sintetica rivista intitolata "Global Change"  (che si può reperire, come tutti i 73 "Newsletter" sin qui   pubblicati nel corso degli anni, sul sito www.igbp.net) . Ricordo ai nostri lettori che l'IGBP è uno dei grandi programmi internazionali di ricerca sulle scienze del sistema Terra, riuniti nella ben nota Earth System Science Partnership (ESSP), da me continuamente richiamata nelle pagine di questa rubrica (vedasi il sito www.essp.org)  che costituisce sicuramente il più autorevole partenariato scientifico internazionale sul funzionamento dei vari sistemi interconnessi (aria, acqua, suolo e vita) sul nostro meraviglioso Pianeta e l'analisi del ruolo della nostra pressione su di essi.

Nell'editoriale la direttrice esecutiva dell'IGBP, Sybil Seitzinger, ci ricorda che, negli ultimi venti anni, gli scienziati che hanno operato nell'IGBP, hanno dimostrato quanto la pressione umana costituisca ormai il maggior fattore del cambiamento ambientale globale. Il GEC, il Global Environmental Change è il principale oggetto di ricerca di tutti gli scienziati che operano nell'IGBP e in tutto il sistema dell'ESSP. Il numero di "Global Change" illustra infatti in maniera chiara e puntuale i risultati e le sfide della ricerca sul cambiamento globale, sottolineando la grande necessità che abbiamo di sistematizzare tutte le conoscenze sui cicli chiave del nostro Pianeta, sul come essi sono tra di loro interrelati e su come le nostre società influiscono su di essi.

"Global Change" oltre a fornire flash informativi estremamente interessanti su come si stanno evolvendo tante ricerche su questi temi, fornendo soprattutto gli opportuni siti web di approfondimento, si focalizza nel trattare in maniera più approfondita alcuni argomenti ormai di grandissima attualità nel mondo scientifico.

In primis si trattano i cosiddetti "confini planetari" argomentati nell'affascinante lavoro apparso su "Nature" ( Rockstrom J. et al., "A Safe Operating Space for Humanity" Nature, vol,461; september 2009; 472-475) e firmato da 29 scienziati di fama internazionale, tra i maggiori esperti di scienze del sistema Terra e scienza della sostenibilità di cui abbiamo già parlato a lungo su queste pagine e che ha posto in maniera molto chiara la proposta degli scienziati di indicare dei limiti planetari oltre i quali l'umanità è bene non si spinga, in nove grandi tematiche relative al nostro impatto sui sistemi naturali (cambiamento climatico, acidificazione degli oceani, assottigliamento della fascia di ozono, ciclo dell'azoto, ciclo del fosforo, uso globale di acqua dolce, utilizzo del suolo, perdita della biodiversità, dispersione atmosferica degli aerosol). Come ricorderete il lavoro fa presente che su tre di questi problemi, cambiamento climatico, perdita di biodiversità e ciclo dell'azoto, l'umanità ha già sorpassato il confine planetario indicato. Successivamente a quel lavoro, nell'affascinante dibattito che ne è seguito, tra gli altri, il grande studioso brasiliano Carlos Nobre presidente dell'IGBP ed i suoi collaboratori hanno sottolineato che andrebbe inserito anche un ulteriore limite planetario, quello relativo al degrado del suolo che ormai, soprattutto in alcune aree sta raggiungendo livelli molto elevati.

Il cambiamento climatico costituisce uno straordinario e drammatico effetto del cambiamento ambientale globale e si presenta ormai come una delle maggiori minacce per la sopravvivenza delle società umane. La modificazione del ciclo del carbonio e la modificazione del forzante radiativo (in parole semplici, il bilancio tra l'energia che "entra" e quella che "esce" nella nostra atmosfera) che l'intervento umano ha provocato nel sistema climatico stanno producendo effetti particolarmente preoccupanti.

Ma, ancora una volta, il crescente gap tra conoscenza scientifica e azione politica lo abbiamo potuto vedere all'opera, in occasione della citata 15° COP sui cambiamenti climatici (per il dettaglio sui risultati vedasi il sito ufficiale della Convenzione http://unfccc.int ).

Una enorme attesa da parte dei cittadini di tutto il mondo mirata ad essere tradotta in un nuovo accordo planetario sui cambiamenti climatici in grado di indicare tagli significativi alle emissioni di gas climalteranti entro il 2020 e poi entro il 2050, l'avvio di un'economia de carbonizzata fatta di risparmio, efficienza ed utilizzo di energie da fonti rinnovabili ecc., trasferimenti di tecnologie ai paesi poveri, finanziamenti agli stessi per azioni concrete di adattamento ai cambiamenti climatici, blocco della terribile deforestazione che distrugge patrimoni straordinari e di grande valore per il nostro benessere ecc.

Circa 34.000 partecipanti e 119 capi di stato e di governo presenti, hanno fatto di questo evento il più ampio ed importante di tutta la storia delle Convenzioni mirate a tutelare l'ambiente naturale planetario.

La Conferenza delle Parti si è conclusa con un cosiddetto "Accordo di Copenaghen" , frutto di un'intesa politica voluta in particolare da alcuni stati (quali Stati Uniti, Brasile, India, Cina  e Sud Africa)  che la COP ha riconosciuto come una decisione di cui "prendere nota" ma che non è stata adottata formalmente. L'Accordo che non ha perciò natura vincolante, si presenta come una sorta di "lettera di intenti" che i paesi sono liberi di sottoscrivere o meno. L'Accordo esplicita comunque questioni importanti, dal riconoscimento di non sorpassare la soglia dei 2°C della temperatura media della superficie terrestre rispetto all'epoca preindustriale e che il picco delle emissioni di gas serra mondiali e nazionali dovrebbe verificarsi al più presto  non prevedendo però misure specifiche in tal senso alle indicazioni di finanziamenti per le azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico nei paesi poveri, e altre questioni legate alla deforestazione, al programma internazionale di adattamento e allo sviluppo e trasferimento di tecnologie.

Il mandato che era scaturito dalla COP 13 di Bali del 2007 e che si sarebbe dovuto concludere a Copenaghen quest'anno, è stato invece prolungato fino alla prossima conferenza delle parti, la 16° che avrà luogo a Città del Messico dal 29 novembre al 10 dicembre 2010. Dovrebbe aver luogo entro il prossimo anno anche una riunione intermedia a Bonn per far sì che a Città del Messico si possa poi concludere l'accordo che il mondo attende.

Va comunque detto che ormai è avviato un negoziato chiave per il nostro immediato futuro che tocca proprio il concetto centrale dei "confini planetari", indicati dagli scienziati nell'affascinante lavoro apparso su "Nature" e che vede, per la prima volta, paesi ricchi e di nuova industrializzazione trattare insieme le soluzioni a questi gravi problemi ed una nuova amministrazione statunitense che ha messo da parte gli otto anni "bui" della gestione George W. Bush (che non ha mai agito su questo fronte giungendo addirittura a negarlo come problema). Purtroppo il tempo non gioca a nostro favore ma potrebbero essere state messe le basi per un lavoro comune  che potrebbe condurci a risultati finalmente positivi.

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