[22/12/2009] News

Acqua privata: meno tutele, pochi investimenti e tariffe pił care

PISA. La privatizzazione di fatto dell'acqua, imposta con l'ennesimo (28°) voto di fiducia alla Camera dei Deputati e' una scelta grave e pericolosa che la maggioranza ha fatto in spregio a qualsiasi valore ma anche a qualsiasi criterio d'efficienza ed efficacia gestionale di questa risorsa naturale e pubblica. Anche a Copenhagen al cop15 si è discusso tra le altre cose di acqua, ma affermandone sostanzialmente il suo diritto umano universale e della necessità che rimanga un bene comune da conservare per le future generazioni, per contrastare possibili conflitti e nella lotta contro i cambiamenti climatici. Ci corre dal giorno alla notte rispetto alla logica mercantilista di Berlusconi. Come Ecodemocratici abbiamo accolto con favore le contrarietà sollevate da molte Regioni, Province e Comuni che hanno preannunciato anche ricorso alla Corte Costituzionale. E così ci risiamo. Anche su questo caso sarà "costretto" l'organo supremo a dover risolvere la questione. A proposito del governo che un giorno si lancia in proclami di federalismo spinto e poi quello dopo, nella pratica, come già accaduto con la legge per il rilancio del nucleare, fa approvare norme al Parlamento in cui si espropriano Regioni ed enti locali di qualsiasi autonomia.

Ma soprattutto, contro la privatizzazione italiana dell'acqua, è da accogliere positivamente la mobilitazione politica e culturale coerente tra l'altro con la stessa Unione Europea che considera e difende l'acqua come un bene pubblico. Una protesta propositiva che sta crescendo dal basso e che dovrà unire piuttosto che "distinguere". Con tante iniziative nelle piazze e nelle amministrazioni (anche di centro-destra), molte mozioni e ordini del giorno nei consigli comunali, su ci sarebbe importante trovare ampie e costruttive convergenze di tutte quelle forze politiche che si richiamano culturalmente e programmaticamente alla tutela delle risorse naturali e per uno sviluppo sostenibile. Che l'acqua non sia una merce ma un bene comune dovrebbe essere una questione indiscutibile, un valore fondante, invece la si vuole trattare come una qualsiasi commodities, magari fissato da una borsa merci e imponendone la privatizzazione. Grazie al PD si è riusciti a far passare un emendamento al Senato in cui almeno si garantisce che la proprietà resti pubblica. Questo se è certamente positivo sul piano dei principi, purtroppo non può rassicuraci nei fatti perché obbligando i comuni ad affidare la gestione del servizio a privati purtroppo se ne perderà il controllo. La scelta della destra risulta peraltro ideologica perché non ci si è affatto preoccupati neppure di misurare gli effetti delle privatizzazioni già avviate. Anche perché in nessun caso c'e' stato un effettivo miglioramento del servizio, anzi al contrario, si sono verificati moltissimi episodi di disagio ed inefficienza. Ma lo sappiamo. Il problema della gestione della risorsa idrica nel nostro Paese e' innanzitutto collegato a una rete di acquedotti 'colabrodo' (con un record europeo del 37% di perdite) su cui si dovrebbe investire e proprio da questo punto di vista la privatizzazione non offre alcuna garanzia. L'altro problema più generale, squisitamente ambientale, è che si dovrebbe finalmente passare dalla 'gestione della domanda' alla 'pianificazione dell'offerta', cioè superare l'attuale approccio per cui si sommano le richieste idriche (industriali, agricole, civili) e poi si cerca disperatamente di soddisfarle in assenza quasi totale di politiche per la trasformazione energetica.  Semmai si dovrebbe partire dalla disponibilità idrica, bacino per bacino e pianificare conseguentemente le attività. A proposito di intelligente managerialità sostenibile delle risorse naturali. E poi c'è la partita degli Ato e delle aziende miste sulle quali molto si poteva fare per migliorarne efficacia ed efficienza a patto anche che il governo ne permetta investimenti con soldi veri. La realtà, detta in modo pacato e argomentato, è che certamente per l'acqua, gli ecosistemi naturali e le tasche dei cittadini i problemi si aggraveranno. Non è un caso che il governo Berlusconi abbia calcolato un affare di circa 8 miliardi di euro per aumenti tariffari in dieci anni. A proposito al solito di chi deve pagare il conto.

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