[18/12/2009] News

La geomitologia tra storia e scienza

FIRENZE. «Un'antica chiesa abbarbicata su un dirupo, il nome di un quartiere, una leggenda tramandata di generazione in generazione: elementi che fanno parte della nostra vita e a cui, quasi sempre, diamo poca importanza. Ciò che si ignora è che essi potrebbero custodire importanti informazioni in merito a fenomeni naturali che si sono manifestati in epoche remote e di cui non avremmo altrimenti testimonianza» a causa della scarsità di notizie di matrice storica e scientifica riguardo ad esse.

E' questo l'incipit della presentazione del convegno "Geomitologia: dei, uomo e natura tra geologia e storia" che, organizzato tra gli altri dall'Ispra, si terrà a Chieti (museo della Cittadella) oggi e domani. La disciplina, si legge, basa la sua funzione sul fatto che «la rilettura in chiave geofisica di testi antichi, classici e medievali e l'analisi di miti, miracoli e prodigi possono contribuire significativamente allo sviluppo della ricerca geologica,
archeologica e antropologica».

Il fine ultimo del convegno (oltre che della geomitologia stessa, secondo gli organizzatori) è «l'individuazione di una probabile ciclicità con cui collassi gravitativi, terremoti, frane, emissioni gassose o eventi legati al vulcanismo si sono finora manifestati e l'ipotesi di un loro eventuale riproporsi futuro» ai fini di un miglioramento della sicurezza di chi vive in aree a rischio.

L'ambito di analisi è quindi di matrice, come si capisce, essenzialmente geologico, sismico e vulcanologico. Il fatto, però, è che in realtà è forse nuovo (come sostiene il comunicato di presentazione dell'iniziativa, parlando di «disciplina innovativa») il nome "geomitologia", ma non è nuovo quell'approccio analitico che prevede di integrare le informazioni scientifiche disponibili per un qualsiasi fenomeno ambientale con quelle derivanti da analisi storiografica e semiologica dei territori e delle popolazioni.

Nell'analisi scientifica, infatti, la ricostruzione delle dinamiche passate del fenomeno oggetto di studio è tipicamente effettuata in modo integrato: ai dati diretti disponibili si aggiungono in un primo momento dati "proxy", cioè indiretti. Ma restano comunque, anche dopo l'unione dei dati diretti e di quelli proxy, dei "buchi neri" dove la ricostruzione scientifica non riesce a fare luce.

Ed ecco quindi l'importanza degli elementi semiologici e storiografici, che costituiscono solitamente fattori integrativi a quelli scientifici, e che possono contribuire a dissolvere i citati buchi neri, o perlomeno a diminuirne l'ampiezza.

Quanto affermato è agevolmente comprensibile pensando a quella branca della scienza del clima che risponde al nome di "paleoclimatologia": la ricostruzione del clima terrestre in ere precedenti all'introduzione di una rete di strumenti di misura (cioè intorno al 1800-1850 a seconda delle varie zone) viene attuata tipicamente attraverso 3 tipi di rilevamenti scientifici principali, che consistono nelle analisi delle carote glaciali, in quelle relative agli studi dendro-cronologici, e alle analisi pollinologiche effettuate su sedimenti lacustri.

A questi tre ambiti analitici, che solitamente forniscono dati incompleti che vengono poi integrati tra loro al fine di ottenere ricostruzioni attendibili, si aggiungono poi (nei casi in cui sussistano comunque, dopo le integrazioni, i citati "buchi neri") analisi proprio di matrice storiografica e semiologica.

Ad esempio, le ricostruzioni sulle temperature verificatesi nel corso della cosiddetta "piccola era glaciale", cioè il periodo particolarmente freddo che ha colpito l'emisfero Boreale tra il XIV e il XIX secolo, si basano sì su valutazioni glaciologiche, dendrocronologiche e pollinologiche, ma ad esse sono state aggiunte (integrandole con le altre) ricostruzioni basate su cronache storiche, come ad esempio le gelate del fiume Tamigi che ci "parlano indirettamente" del clima londinese dell'epoca, ben più rigido dell'attuale. E - attenzione - il punto fondamentale è che i documenti storici usati per l'analisi citata non sono di natura "meteorologica", ma commerciale: sono cioè documenti che certificavano l'attività dei mercati rionali, che in quei giorni di gelo si potevano tenere sul fiume stesso, ricoperto dai ghiacci.

E' questo, naturalmente, solo un esempio, inteso a far capire come la ricostruzione scientifica e quella storiografica/semiologica camminino su strade che spesso si possono incrociare. Al di là delle questioni paleoclimatologiche, peraltro, è utile ricordare che eventi considerati "leggendari" come il diluvio universale (che è notoriamente presente, sotto varie forme, nella mitologia di svariati popoli del Mediterraneo e non è appannaggio solo della Bibbia) sono stati considerati per molto tempo, dagli storici, come effettive "leggende".

Successivamente, però, ricerche basate proprio su tentativi di verifica di quanta "storia" ci fosse dietro il "mito" del diluvio universale hanno permesso di produrre ricostruzioni di quanto avvenne in quei tempi lontani molto diverse da prima: questo perché, col proseguire degli studi, è stato scoperto (o meglio, ipotizzato, ma con un forte riscontro probativo) che migliaia di anni prima di Cristo il mar Mediterraneo si chiuse all'altezza di Gibilterra, trasformandosi così in un lago salato e progressivamente prosciugandosi nei decenni successivi.

Quando poi, in conseguenza di mutazioni climatiche e/o geologiche, lo stretto di Gibilterra si riaprì alle acque oceaniche, si produsse (secondo le ricostruzioni più accreditate) una cascata giudicata di portata migliaia di volte superiore alle cascate del Niagara. E, secondo molti studiosi, l'impatto di questa immane massa d'acqua che si diffondeva di nuovo nel Mediterraneo venne chiamato, dai popoli primitivi che vivevano nelle regioni costiere del medio Oriente, come "il diluvio universale", e ha dato poi successivamente (secoli dopo) origine al mito di Noè e dell'Arca.

Naturalmente, anche qui siamo di fronte solo ad un caso esemplificativo, e va ribadito come i documenti storiografici/semiologici possano, a fini scientifici, essere solo di integrazione e di conferma a dati caratterizzati da una maggiore oggettività. Ma come conferma, però, la vicenda del diluvio, a volte la verità scientifica, per essere disvelata nella sua oggettività, ha bisogno di passare preventivamente attraverso lo studio delle dinamiche storiche e semiologiche, che assumono così piena dignità nel progresso "scientifico" propriamente inteso.

 

Torna all'archivio