[17/12/2009] News

Ma gli Usa sono pronti a partecipare al finanziamento di 100 miliardi per l’adattamento al global warming

LIVORNO. Le pressioni dei Paesi in via di sviluppo e la necessità di non assumersi la responsabilità di un fallimento del più importante vertice sui destini del mondo che si ricordi, hanno probabilmente portato l'amministrazione statunitense a fare un passo che potrebbe far uscire i negoziati di Copenhagen dall'impasse registrato in questi ultimi giorni. Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha detto che «Dopo anni di diplomazia gli Stati Uniti sono pronti a fare i passi necessari per raggiungere un accordo completo ed operativo. Non ci devono essere dubbi sulla volontà degli Usa di arrivare ad un successo». Il grimaldello per sbloccare il meccanismo negoziale sono i dollari: gli americani hanno detto che faranno la loro parte per rimpinguare il fondo di finanziamento a lungo termine per i Paesi in via di sviluppo di 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020.

Si tratta esattamente della richiesta minima avanzata anche ieri dal primo ministro dell'Etiopia, Males Zenawi, a nome del Gruppo africano: «Il finanziamento per l'adattamento e la mitigazione del cambiamento climatico dovrà raggiungere i 100 miliardi di dollari entro il 2020. Zenawi ha detto che proporrà alla riunione dei Capi di Stato e di governo della Conferenza che i finanziamenti inizino entro il 2013 (non a caso dopo la scadenza del Protocollo di  Kyoto) e che raggiungano i 50 miliardi di dollari già entro il  2015 «Ed i fondi saranno allocati per l'adattamento delle regioni povere e vulnerabili, come l'Africa e le piccole isole».

Il premier etiope ha anche proposto che i fondi vengano versati attraverso meccanismi di finanziamento "creativi" e che l'Unfccc dovrebbe istituire una commissione di leader ed esperti politici per studiare i diversi meccanismi di finanziamento e per arrivare entro i prossimi 6 mesi alla definizione di un sistema affidabile. L'Africa è ancora scottata dalle  troppe promesse di aiuti dei vari G8 per potersi fidare a scatola chiusa.

Probabilmente gli Usa non potevano far altro che accodarsi, primo per impedire agli attivissimi cinesi di farsi altri "amici" che da economici stanno diventando geopolitici, poi perché anche gli alleati tradizionali degli Usa si erano mossi senza aspettare i meditabondi americani che fino a stamattina giuravano che non avrebbero svelato le loro proposte prima dell'arrivo di Obama a Copenhagen. Il ministro dell'ambiente giapponese Sakihito Ozawa ieri aveva annunciato 15 miliardi di dollari per finanziamenti "fast start" entro il 2012, nell'ambito della Hatoyama Initiative. Australia, Francia, Giappone,  Gran Bretagna, Norvegia e gli stessi Usa  si erano accordati per un finanziamento da 3,5 miliardi di dollari  per ridurre le emissioni da deforestazione nei Paesi in via di sviluppo (Redd). Per concludere l'accordo sui fondi mancava il pezzo fondamentale: i finanziamenti a lungo termine, anche se l'Ue si era già impegnata per finanziamenti di questo tipo, condizionandoli in parte agli impegni Usa.

Ma i conti tra l'offerta Usa ed europea e le esigenze dell'Africa non tornano: mancano diversi  miliardi di dollari. Infatti, secondo Zenawi «A breve termine dovrà essere creato un fondo di partenza da 10 miliardi di dollari durante 3 anni, dal 2010 al 2012, per risolvere i problemi urgenti di adattamento e di mitigazione». Il 40% di questi fondi dovrebbero essere attribuiti all'africa. «L'Africa non è disposta ad accettare parole ed accordi vuoti che nocciono  ai suoi interessi fondamentali - ha detto Zenawi - L'Africa ha da perdere più di tutti se non verrà firmato un accordo sul cambiamento climatico».

L'annuncio di Hillary Clinton per il Wwf  «E' nuova linfa vitale per i negoziati. Il supporto di 100 miliardi di dollari è in grado di creare un ponte tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, e quindi cambiare lo scenario in questi giorni di negoziati globali».

Da Copenhagen  Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia, dice: «Auspichiamo ora un accordo tra Stati Uniti e Cina su come definiranno il tema della trasparenza e attendiamo l'impegno del Presidente Obama affinché la legislazione sul clima sia la sua principale priorità nel prossimo anno. Dall'Unione Europea e dagli altri Paesi industrializzati attendiamo un segnale positivo sul fronte delle riduzioni delle emissioni al 2020. Sebbene i finanziamenti "fast start" siano fondamentali per creare le basi di lavoro, non devono assolutamente essere visti come sostitutivi di una finanza sicura, programmabile e addizionale nel medio e lungo termine, necessaria sia per azioni di mitigazione, come la lotta alla deforestazione, sia per aiutare i Paesi vulnerabili ad adattarsi agli impatti più pericolosi del cambiamento climatico. La necessità di questi finanziamenti a lungo termine non è negoziabile. L'accordo e il pianeta dipendono da loro».

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