[22/07/2009] News

Latte (e non solo), come si tutela davvero il Made in Italy?

LIVORNO. Risolta l'annosa vicenda delle quote latte, il Ministero delle Politiche agricole si trova adesso a dover fronteggiare un altro problema relativo all'ingresso nel nostro paese di latte e prodotti destinati alla produzione di derivati caseari, per tutelare il made in Italy e al tempo stesso senza infrangere le regole di libero commercio comunitarie. Ma vediamo di capire meglio qual è la situazione. Quando nel 1984 venne istituiti il sistema delle quote latte a livello comunitario, all'Italia fu assegnata una quota annua di produzione di nove milioni di tonnellate di latte, quantità ritenuta inferiore al fabbisogno interno. A questo problema se ne aggiunse poi l'altro relativo alle assegnazioni delle quote individuali, che spesso non erano proporzionate alle singole realtà produttive.

Un sistema che ha dato vita a importazione di latte dall'estero, ma anche distorsioni sino all'illegalità, per esubero di quote latte assegnate da parte di produttori che hanno determinato il pagamento di multe all'Ue che lo Stato ha anticipato e che in parte deve ancora riscuotere da parte dei produttori.

In seguito alle clamorose e colorite proteste dei produttori l'Italia ha ottenuto un aumento di produzione dell'1 per cento annuo che potrà essere utilizzata già a partire dalla prossima campagna, con un incremento pari a 537.000 tonnellate, oltre alla modifica del meccanismo di calcolo del tenore di materia grassa, pari a un aumento di quota ulteriore di circa 80.000 tonnellate.

L'aumento produttivo complessivo è stato dunque di circa 620.000 tonnellate, per un valore di mercato su base annua pari a 240 milioni di euro. Il provvedimento che recepisce gli esiti del negoziato in sede europea si è trovato anche il modo di rateizzare le quote che molti produttori devono ancora alle casse dello Stato.

Ma i problemi non paiono essere comunque risolti e le proteste di questi giorni alle frontiere, che hanno visto lo stesso ministro Luca Zaia (Nella foto) in prima fila lo, dimostrano. Il problema a questo punto risiede nel fatto che la quantità di latte prodotta in Italia è ancora insufficiente al fabbisogno del settore della trasformazione che impiega quindi latte proveniente da altri paesi sia europei che extra europei, e fin qui, niente di male se non fosse che questa materia prima viene utilizzata per produrre formaggi, mozzarelle e quant'altro o commercializzata direttamente come latta con marchio italiano.

«A fronte di consegne e vendite dirette per 11 mln di tonnellate di latte - fa sapere il Ministro Zaia - abbiamo 8 milioni di tonnellate di importazioni, fra latte e derivati». «Un fiume di latte e di prodotti agroalimentari stranieri valica le nostre frontiere e finisce negli scaffali di tutta Italia - denuncia Coldiretti - magicamente trasformato in Made in Italy».

Da cui la proposta del ministro Zaia di estendere anche al latte l'etichettatura di origine obbligatoria a tutela del consumatore, per riconoscere i prodotti che vengono dall'estero. «Se riusciremo a far passare la nostra linea in Europa, come abbiamo già fatto per l'olio vergine ed extravergine, ciò significherà che i consumatori potranno finalmente conoscere con esattezza la provenienza del latte, compreso quello a lunga conservazione, molto spesso di origine straniera».

Altro problema deriva inoltre dalla troppa produzione di latte a livello comunitario che ammonta a 133 milioni di tonnellate e che produce come effetto un costo troppo basso del prodotto all'origine a fronte degli altri costi di trasformazione.

In particolare per il nostro paese fortemente indirizzato alla produzione di formaggi, e in particolare di prodotti a denominazione d'origine cui viene destinato quasi il 50% del latte nazionale, che non produce latte in polvere in cui anche la produzione di burro è da considerarsi residuale e strettamente connessa a quella dei formaggi grana.

Per questo l'Italia è un paese importatore di prodotti lattiero caseari più di quanto esporta, con valori che nei primi quattro mesi del 2009 (secondo gli ultimi aggiornamenti Istat) hanno registrato, complessivamente, una crescita su base annua del 3,3% in volume, a fronte di esportazioni che hanno subito una contrazione del 21,4%.

Riguardo alle esportazioni, per il comparto di punta, rappresentato da formaggi e latticini, i dati relativi ai primi quattro mesi del 2009 segnalano una contrazione dell'1,8% rispetto al gennaio-aprile 2008. In forte calo anche l'export di siero di latte e prodotti similari sceso in un anno di oltre il 42%.

«I costi di produzione - ha sottolineato il Ministro - sono molto elevati, mentre il prezzo medio pagato ai nostri allevatori si aggira intorno ai 25-28 centesimi. Questo spiega la contrazione della produzione e dell'export, non solo del latte ma anche dei formaggi, con i nostri prodotti caseari di qualità in prima fila. Ma è un problema che riguarda l'Italia, come la Francia, la Germania, l'Austria, l'Olanda e tutti gli altri Paesi produttori».

Da qui deriva la proposta che l'Italia ha presentato in sede comunitaria per voce del Ministro Zaia per eliminare una quota pari al 2% della produzione del latte su base Ue.
«Oggi, soprattutto in Europa - ha ricordato Zaia - viviamo un momento di crisi del comparto, e  dobbiamo confrontarci con la difficoltà di remunerare il latte sul mercato. Ma possiamo approfittare della crisi per attuare una profonda ristrutturazione del settore, sia nel nostro Paese, sia a livello comunitario. Per questo lanciamo la nostra controproposta all'Unione europea: un piano di abbandono per le aziende che già si trovano in condizioni di marginalità».

«L'Italia, e con essa tutti i Paesi europei, hanno bisogno di un vero e proprio business plan imprenditoriale che utilizzi quei fondi per accompagnare fuori dal mercato le aziende che sarebbero comunque destinate a chiudere. I dati a nostra disposizione ci dicono che in Europa c'è un'altissima percentuale di aziende, l'80%, con meno di 20 capi. Addirittura in Romania vi sono oltre 1 milione di stalle costituite da un solo capo. È ovvio che simili realtà siano destinate a scomparire».

Mentre la Commissione europea propone di usare 600 milioni di fondi europei per il 2009 e altrettanti per il 2010, quindi in tutto 1mld e 200 milioni di euro, per ritirare dal mercato latte in polvere e burro, così da riequilibrare i prezzi.

La proposta dell'Italia è invece quella di ridurre la produzione di latte pagando gli allevatori circa 20 centesimi per ogni litro di quota eliminata, una proposta che avrebbe l'effetto secondo Zaia di aumentare la dimensione media delle aziende e la chiusura di quelle più piccole, che sempre secondo il ministro - sarebbero ben felici di adottare questa soluzione, vendendo la quota all'Ue per il tramite degli Stati nazionali, piuttosto che aspettare una chiusura che arriverebbe comunque.

Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano davvero questi piccoli produttori e quale sarebbe l'effetto delle produzione tipiche locali, che se non partecipano ai grandi numeri dell'economia rappresentano pur sempre una risorsa importante per molti territori, che stanno nel circuito della filiera corta e che contribuiscono senza ombra di dubbio a fare del marchio made in Italy non solo una questione di immagine.

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