[14/12/2009] News

Germanwatch 2010: Italia ferma al 44esimo posto

LIVORNO. Secondo il "DerKlimaschutz-Index  Ergebnisse 2010 di Germanwatch"(l' indice sul clima 2010) l'Italia é ferma al quarantaquattresimo posto nella classifica generale. La ricerca valuta le performance sul clima dei 57 Paesi che, insieme, sono responsabili di oltre il 90% delle emissioni del pianeta. In particolare il Climate Change Performance Index prende in considerazione il livello delle emissioni di anidride carbonica di ogni Paese, i trend delle emissioni nei principali settori (energia, trasporti, residenziale, industrie) e le politiche attuate per la lotta al mutamento climatico. In testa alla classifica ci sono Brasile, Svezia, Gran Bretagna e Germania. Agli ultimi posti Kazakistan, Canada e Arabia Saudita. Il primo posto a sorpresa del Brasile dipende dagli sforzi compiuti dal governo Lula per ridurre la deforestazione. La Gran Bretagna ha invece approvato una buona legge sulle politiche climatiche. Svezia e Germania confermano I loro ottimi livelli.

L'Index, sviluppato annualmente dall'associazione tedesca in collaborazione con la rete delle associazioni ambientaliste di Climate Action Network Europe, di cui fa parte Legambiente per l'Italia, é stato presentato oggi a Copenaghen e mette in evidenza tutte le difficoltà del nostro Paese che é addirittura al terz'ultimo posto in classifica per quanto riguarda le politiche per la lotta ai cambiamenti climatici, dietro di noi solo Canada ed Arabia Saudita.

Legambiente spiega che «E' la mancanza di una strategia di riduzione delle emissioni di CO2 a pesare nel risultato dell'Italia, invariato rispetto allo scorso anno nonostante nel corso del 2009 le sue emissioni siano calate per via dell'inverno mite, della crisi economica e della riconversione a gas di alcune centrali a olio combustibile».

Per Edoardo Zanchini, responsabile energia e clima di Legambiente, si tratta di «Una pessima figura per il nostro Paese, che dipende dal non aver ancora voluto cambiare le vecchie politiche in materia di trasporti, energia e edilizia, i settori che più contribuiscono alle nostre emissioni di gas serra».

Gli ambientalisti evidenziano le scelte "al contrario" fatte dall'Italia nel 2009: «sono stati approvati tre progetti di grandi e inquinanti centrali a carbone, le priorità d'investimento in materia d'infrastrutture continuano a privilegiare per il 70% strade e autostrade, e perdura una incomprensibile incertezza per quanto riguarda gli incentivi per le fonti rinnovabili e gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici».

Zanchini non lascia alibi al nostro governo: «Se l'Italia intende finalmente recuperare la distanza che la separa dai Paesi più industrializzati, deve finalmente cambiare pagina rispetto a quanto fatto in questi anni in materia di clima. Basta con i rinvii rispetto all'attuazione del protocollo di Kyoto, smettiamola con le scuse sui costi del Piano europeo al 2020. I cittadini e le aziende italiane hanno tutto l'interesse a riconvertire la propria economia al nuovo scenario della green economy».

Sul tema rincara la dose il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli che guida la delegazione dei Verdi italiani da oggi presente al Summit di Copenaghen: «L'Italia è fra gli ultimi nel pianeta per gli investimenti sulle politiche climatiche ed ambientali, come dimostra anche un autorevole studio della Deutsche Bank in cui il nostro paese viene classificato a rischio 3 (ossia altissimo) per gli investimenti sul solare, efficienza energetica e nuove energie. Si tratta di un assurdo, se pensiamo che il nostro paese è universalmente conosciuto come il paese del sole».

"I provvedimenti del governo sono irresponsabili: è assurdo che si sia deciso di mortificare il Conto energia (essenziale per la diffusione del solare) incentivando solo 1500 megawatt rispetto ai 10000 della Germania e agli 8000 della Spagna - aggiunge il leader dei Verdi italiani -. Così non solo si fa arretrare il paese dal punto di vista dell'innovazione tecnologica ma lo si condanna ad un medioevo nel campo dell'innovazione e delle energie rinnovabili».

«Proprio mentre i maggiori istituti finanziari e di ricerca decidono di investire con forza nella green economy - conclude Bonelli - il governo italiano ed il ministro Prestigiacomo, con i loro provvedimenti, ci condannano ad un periodo di oscurantismo e analfabetismo ecologista e tecnologico. In questo modo non solo si ruba il futuro agli italiani, soprattutto ai più giovani e si diventa il fanalino di coda nella lotta per salvare il Pianeta».

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