[14/12/2009] News toscana

Quanto è disposta la Toscana a giocarsi la carta di uno sviluppo sostenibile?

FIRENZE. Bisogna non stancarsi di chiedersi se è vero che la Toscana è un sistema sociale, ambientale ed economico sostenibile, anche perché tra non molti mesi ci saranno le lezioni per il rinnovo del Governatore e del Consiglio regionale e la domanda propone una verifica politica non banale.

Per farlo è utile interrogarsi sullo stato di istituzioni sociali fondamentali come il lavoro ai fini di un nuovo sviluppo della Toscana e dei suoi territori, della società prima che dall'economia.

Per ragionare di lavoro in termini di sostenibilità occorre ripartire dall'affermazione che la natura produce valore, cioè una parte consistente del prodotto sociale dipende da ciò che la natura fornisce.

Se così stanno le cose è evidente che parte del prodotto sociale deve essere riconvertito in ricostituzione di natura, pena un sbilancio insostenibile. Ciò può avvenire solo con il lavoro ma non con un lavoro qualsiasi.

Occorre lavoro capace di modificare in modo sostanziale i flussi di valore e di merci in termini di qualità del servizio reso e poi meglio ricondurre in natura prodotti che abbiano fornito o ceduto il loro valore d'uso in modo che essa possa nei tempi necessari rimetterli a disposizione come valori (si pensi al ciclo di vita del compost), in modo che il limite delle risorse non sia superato e determinare così una situazione di equilibrio economico oltrechè ambientale.

Lavori capaci di incorporare e ritrasmettere innovazioni in campo tecnologico e produttivo, di liberare capacità stesse del lavoro di imparare ad imparare (come singolo lavoratore e persona) di cooperare socialmente ai fini del successo dell'opera a partire dal fatto che un ambiente sociale, culturale, formativo, ecc. più adatto al cambiamento tecnologico non è un problema tecnico o di strutture, che vengono dopo.

Per far si che questa epoca di grandi cambiamenti e grandi sofferenze per chi non ha un lavoro o lo ha perso o viene a cercarlo da un paese povero veda anche l'affermarsi di nuovi processi di qualificazione e di autonomia del lavoro, come sviluppo della conoscenza che si acquisisce e si informa continuamente fuori dal rapporto capitale-lavoro, ma che può trovare nell'impresa una condizione di valorizzazione della persona, non può prescindere da questi nuovi paradigmi che affiancano il valore natura accanto al valore capitale e al valore lavoro.

Quanto è disposta la Toscana a giocarsi la carta di uno sviluppo sostenibile che si fonda sulla libertà del lavoro, sulla qualità dell'ambiente e sull'impresa come luogo di sintesi?

Un'impresa che non può più pensare di appropriarsi di beni comuni (territorio, acqua, conoscenza, istruzione, ecc.), di cui al massimo può considerarsi usufruttuaria, ma ricondursi essa stessa ad un valore sociale che nasce da obiettivi privati ma che si rapporta e si completa in quelli dell'interesse collettivo, sociale.

Sono disposte le imprese toscane a giocarsi questa partita? Di questo non c'è taccia. E' la riprova che la Toscana non è sostenibile, mentre purtroppo abbiamo sotto gli occhi quotidianamente l'uso del fattore tecnologico prima, del fattore crisi poi, per imporre modelli produttivi e sociali autoritari, di lavoro precario e non di impresa flessibile, di rimozione dei vincoli ambientali, nella speranza, così facendo, che l'economia riprenda a crescere.

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