[07/12/2009] News toscana

Grandi opere e impatti ambientali nella Toscana dei prossimi 10 anni

GROSSETO. Le infrastrutture sono da considerarsi lo scheletro di un territorio: permettono la mobilità di persone e merci, facilitano gli scambi sociali e culturali, evitano l'isolamento di un territorio e ne determinano la possibilità di sviluppare economia.

C'è naturalmente da chiedersi su quali e quante infrastrutture optare per assolvere alle esigenze del territorio oltre al come operare per la loro realizzazione.

La realizzazione di grandi infrastrutture genera infatti  importanti pressioni territoriali collegate a vari fattori, quali le rilevanti dimensioni, la durata, la movimentazione di materiali, il traffico indotto. Aspetti che determinano rilevanti impatti sociali ed ambientali sia in fase di realizzazione che di esercizio.

Di questo o meglio di come ridurre questi impatti nella progettazione e realizzazione delle grandi infrastrutture civili della Toscana,  si parlerà nel convegno "Grandi opere e impatti ambientali - Toscana 2010-2020" che si terrà venerdì 11 dicembre a Firenze, organizzato da Ambiente sc. 

Al direttore tecnico di Ambiente sc, Franco Rocchi abbiamo chiesto di darci qualche anticipazione.

Sui progetti di  queste opere è previsto per legge che venga fatta la Via, ma nel testo di presentazione del convegno scrivete che questo processo rischia di essere incompleto, per quale motivo non  è sufficiente a garantire che gli impatti siano contenuti?

«Nel procedimento di Via si cerca di prevedere, fin dalle prime fasi progettuali, tutti i potenziali fattori di interferenza con l'ambiente e la popolazione, così da definire l'impatto, positivo o negativo, che l'opera genererà sul territorio, e le necessarie misure per quantificarlo, valutarlo e contenerlo. Ma nello studio d'impatto ambientale non vengono presi però in considerazione gli aspetti che riguardano nello specifico l'esecutività nei cantieri e può succedere che qualcosa che riguarda le interferenze con l'ambiente circostante rimanga inesplorato, perché mancano informazioni necessarie a definirle. E c'è comunque una parte di verifica successiva che è giusto rivedere nella fase di progettazione esecutiva e di cantierizzazione.  Per esempio lo studio meteo viene ipotizzato nella Via ma è poi rimandato al progetto esecutivo».

Il Piano di monitoraggio viene invece indicato come lo strumento verifica dei livelli di impatto che la fase realizzativa o quella di esercizio di un'opera arrecano su ambiente e popolazione, quindi andrebbe sempre affiancato alla Via, ma si fa?

«Il piano di monitoraggio va a specificare cosa, quando e come misuro e perché faccio determinate misurazioni e si fa una volta che c'è la localizzazione esatta del cantiere. Si dovrebbe fare sempre perché la fase di cantierizzazione è una fase critica ed è bene in quella fase fare le verifiche ambientali per poter intervenire se qualcosa non va. C'è ormai una grande attenzione da parte delle amministrazioni ed è praticamente diventata una consuetudine specialmente nelle grandi opere. E quando i cantieri vanno avanti a lungo c'è in genere anche una richiesta di aggiornamento dei piani di monitoraggio da parte degli enti».

A questo si aggiunge anche un sistema di gestione ambientale, ci spiega che significa applicato alla realizzazione di una infrastruttura?

«E' un sistema che permette all'impresa di tenere sotto controllo tutto quello che si fa nel cantiere. Partendo dagli impatti a dagli interventi di mitigazione individuati con il sistema di gestione ambientale è possibile quindi avere sotto controllo la situazione e intervenire nel caso sia necessario per cambiare qualcosa. In pratica è un sistema di verifica del piano di monitoraggio e mi indica se le misure che ho fatto sono tutte giuste o no e quindi di intervenire per poter fare le dovute correzioni».

Una specie di autoverifica?

«Sì una verifica continua su tutto ciò che viene fatto, che è in grado di controllare tutti i passaggi  e di indicare come e quando si deve intervenire e di avere tutti i dati necessari a saper rispondere nel caso di una ispezione».

Questi sistemi sono una consuetudine come il piano di monitoraggio?

«Sono sistemi diffusi nelle aziende ma non lo sono altrettanto sui cantieri, anche se sono attività che stanno prendendo piede perché tutelano allo stesso tempo l'ambiente e l'impresa. Sono sistemi che vanno tarati sull'opera alla quale si applicano e che possono seguire le tre fasi dell'opera stessa: la fase precedente, quella in corso ovvero quando c'è in atto il cantiere e quella successiva a cantiere chiuso e permettono di seguire lo sviluppo del monitoraggio. Danno molta attenzione alla scientificità delle misure che vengono realizzate con calendari anche impegnativi su cui spesso lavorano anche due o tre tecnici a tempo pieno. Sono strumenti che servono a garantire l'impresa e gli enti di controllo, a tutelare e salvaguardare l'ambiente e anche ad assicurare tempi certi per il completamento delle grandi opere infrastrutturali».

Ambiente sc li sta già seguendo o si candida a questo?

«Li stiamo seguendo non su grandi opere, ma vorremmo sensibilizzare gli amministratori toscani sull'importanza di questi strumenti e muovere un' attenzione su questi temi. La Toscana sta già impegnandosi su grandi progetti e ce ne saranno molti anche in futuro, ci piacerebbe che il dibattito su questi temi favorisse l'introduzione di questi sistemi nella progettazione».

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