[04/12/2009] News

Il mondo e l'Europa hanno paura del cambiamento climatico... gli italiani non molto

LIVORNO. WorldPublicOpinion.org ha effettuato per conto della Banca mondiale un sondaggio in 15 Paesi del mondo (Bangladesh, Cina, Egitto, Francia, Giappone, India, Indonesia, Iran, Kenya, Messico, Russia, le Senegal, Turchia, Usa e Vietnam) intervistando 13.518 persone, dal quale è emerso che la maggioranza delle popolazioni chiede ai loro governi di prendere misure per lottare controo i cambiamenti climatici, anche se questo rappresenta un costo. Secondo la Banca mondiale «La maggioranza delle persone interrogate si è dichiarata favorevole a politiche pubbliche destinate a limitare le emissioni di gas serra e ad intensificare le misure di adattamento».

Il sondaggio planetario rivela un forte consenso per l'imposizione di misure per diminuire il consumo di energia da parte delle auto, per la salvaguardia e l'espansione delle foreste, per l'aumento dei finanziamenti ai Paesi più vulnerabili perché possano sviluppare colture più resistenti ed adatte a un clima più duro.

Katherine Sierra, vice presidente della Banca mondiale incaricata dello sviluppo sostenibile, sottolinea che «I risultativi questa inchiesta permettono di percepire meglio il sentire mondiale in questo momento particolarmente cruciale, all'avvicinarsi della Conferenza sui cambiamenti climatici prevista dal 7 al 18 dicembre a Copenhagen. Conoscere il punto di vista degli abitanti dei mondo in via di sviluppo getta una nuova luce su questo problema».

Ad esempio, in Vietnam, uno dei Paesi a più basso reddito del mondo, il 98% degli abitanti pensa che il governo di Hanoi dovrebbe impegnarsi a limitarte le emissioni di gas serra nel quadro di un accordo internazionale sul clima, e il 93% è pronto a sostenere una politica di questo tipo anche in mancanza di un accordo.

Anche i ricchi ex padroni coloniali ferancesi sostengono la necessità di chiari impegni internazionali sul clima a Copenhagen al 97% e l'87% chiede che la Francia vada avanti nei tagli di gas serra anche se non ci sarà nessun accordo.

Alla domanda se i Paesi «devono contribuire agli sforzi internazionali per aiutare I Paesi poveri a far fronte ai cambiamenti legati al clima» ha risposto si una maggioranza assoluta in 14 Paesi su 15, e solo in uno, la Russia, è d'accordo su questo una maggioranza relativa quasi al 50%.

Anche Eurobarometro ha fatto un sondaggio dal quale è risultato che per i cittadini dell'Ue il cambiamento climatico è il secondo problema più grave con il quale si confronta il mondo: «Gli europei restano preoccupati pe r il cambiamento climatico e credono che la lotta contro di esso potrà rilanciare la crescita economica nell'Ue», spiega il rapporto. La prima preoccupazione é un altro pericolo molto legato all'ambiente: la povertà e la penuria di cibo ed acqua.

Secondo la commissaria Ue Margot Wallström «Il messaggio dei cittadini europei è chiaro: la lotta contro il cambiamento climatico deve restare una priorità assoluta dell'azione dell'Ue. Conferma la nostra convinzione che affrontare il cambiamento climatico e superare la recessione economica non si escludono a vicenda».

Per il 63% degli europei il cambiamento climatico è un problema molto grave e per il 24% un problema abbastanza grave. Solo il 10% non lo considera grave e il 3 % è senza opinione.

Il 97% degli intervistati pensa che il cambiamento climatico sia uno dei problemi più gravi del pianeta e il 69% dei cittadini Ue lo pone al primo o al secondo posto nella scala di importanza. Il 62 % crede che non sia impossibile ferrmarlo.

La vera sorpresa del sondaggio, almeno secondo i parametri e la convinzione del governo italiano, è che una grande maggioranza degli europei crede che la lotta contro il global warming possa avere un effetto positivo sull'economia europea. Il 63% ne é convinto, solo nell'aprile del 2008 era il 56%. Il 66% è anche d'accordo sul fatto che «la protezione dell'ambiente può rilanciare la crescita economica nell'Unione europea».

La maggioranza è però convinta che industria, cittadini, governi nazionali e locali e la stessa Ue, non facciano abbastanza. Solo il 19% pensa che le industrie e le imprese prendano iniziative sufficienti per lottare contro il cambiamento climatico, mentre per il 30% l'Ue farebbe il possibile.

«Benché questi risultati segnino un'evoluzione positiae in rapporto a marzo-aprile 2008 - sottolinea Eurobarometro - una maggioranza variabile dal 55 al 72% pensa che le misure siano insufficienti a questo livello. Il 63% degli europei confermano di aver agito, in un modo o nell'altro, per lottare contro il cambiamento climatico, mentre il 31% dichiara il contrario».

Il 40% degli intervistati si dichiara pronto a pagare di più l'energia prodotta da fonti che emettono meno gas serra, mentre il 27% non è disposto a farlo. Il 24% non ha risposto. Però, tra coloro che sono disposti a pagare di più la metà non sarebbe s disposta ad accettare un costo aggiuntivo di oltre il 5%.

I più preoccupati per il cambiamento climatico sono gli svedesi (79%), seguiti dai greci bruciati dagli incendi (71%) e dalla piccola Slovenia (70%). L'Italia è in fondo alla classifica con il 32% di veramente preoccupati, precede solo la Polonia e il gruppetto dei tre Paesi Baltici, freschi di entrata nell'Ue e liberi da impegni di tagli di emissioni dopo il crollo dell'inquinante industria di epoca sovietica. Chiude la classifica un sorprendente e menefreghista Portogallo con solo il 28% dei cittadini preoccupati per i cambiamenti climatici.

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