[02/12/2009] News

Wen Jiabao go to Copenhagen. La Cina chiede risultati «giusti e fattibili»

LIVORNO. Dopo Barack Obama si aggiunge un altro dei grandi della terra alla lista di coloro che saranno a Copenhagen al summit mondiale sul clima dell'Unfccc: la Cina ha confermato ufficialmente che il primo ministro Wen Jiabao parteciperà alla Cop 15.

Ieri il portavoce del ministero degli esteri cinese, Qin Gang, ha spiegato che «La Cina vuole che la prossima conferenza di Copenhagen sul cambiamento climatico ottenga dei risultati giusti e fattibili. La Cina sostiene la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, il Protocollo di Kyoto, la road map di Bali. Così come il principio delle responsabilità comuni ma differenziate».

Dopo aver ribadito i confini della politica climatica cinese, Qin ha sottolineato che «Tutti i documenti e i risultati della conferenza devono essere conformi a questi accordi e spianare la strada alla cooperazione internazionale durante i prossimi anni. I Paesi sviluppati e la comunità internazionale devono fare più attenzione alle preoccupazioni dei Paesi in via di sviluppo. I Paesi sviluppati devono rispettare i loro impegni. Da un lato, devono raggiungere o fissare degli obiettivi a medio termine per la riduzione delle emissioni, dall'altro fornire ai Paesi in via di sviluppo un sostegno finanziario e tecnologico».

Secondo il portavoce cinese «I Paesi in via di Sviluppo devono prendere delle misure appropriate in funzione della proporia situazione e nel quadro dello sviluppo sostenibile».

I cinesi sciorinano le idee concordate nel vertice di Pechino del 27 - 28 novembre dei Paesi emergenti del sud del mondo (Cina, India, Brasile e Sudafrica) al quale ha partecipato anche il Sudan in rappresentanza del G77 , in preparazione della Cop 15 di Copenhagen.

Oggi l'agenzia ufficiale cinese Xinhua spiega che l'accordo prevede che i risultati della conferenza danese debbano includere «misure di cooperazione a lungo termine sul cambiamento, la riduzione delle emissioni di gas serra, l'adattamento all'impatto del cambiamento climatico così come il sostegno finanziario e tecnologico» e Qin Gang ha ribadito che «Questi accordi riflettono le preoccupazioni e il punto di vista di tutti i Paesi in via di sviluppo meritano un'attenzione importante da parte dei Paesi sviluppati».

La lettura (molto e spesso solo italiana) di un accordo di ferro a due Cina-Usa per "sterilizzare" Copenhagen si sta rivelando sempre meno realistica, i cinesi sembrano di nuovo alla testa dei Paesi in via di sviluppo e, anche se in Danimarca terranno probabilmente fede agli accordi presi di recente con gli americani per una soluzione politica concordata all'impasse dei negoziati climatici, anche Obama, nella sua comparsata a Copenhagen, dovrà fare i conti con il dragone e le sue alleanze, che non mollano su principi e richieste e cominciano a scavare trincee e muraglie in preparazione della vera battaglia della Cop16 messicana del 2010.

 

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