[30/11/2009] News

Al Wto in corso a Ginevra si ripropone la "stessa minestra"?

FIRENZE. Quello di cui si sta discutendo da oggi a Ginevra durante la Settima ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio è direttamente collegato ai temi che verranno trattati a Copenhagen, durante il vertice sul futuro del pianeta legato ai cambiamenti climatici. Ne sono convinti  Arci, l'organizzazione equosolidale Fair e Legambiente che in quest'occasione, lanciano un appello in cui  chiedono di "dare un taglio" alle liberalizzazioni, ma anche alle emissioni climalteranti. Meno convinti ci pare che siano i leaders mondiali che addirittura hanno "disertato" il Wto non presentandosi. Eppure questo vertice arriva in piena crisi economica, finanziaria, sociale ed ambientale e nelle riunioni di G8 e G20 che lo hanno preceduto, i Paesi trainanti con i loro massimi esponenti hanno sostenuto la necessità di proposte di ri-regolazione di borse e mercati finanziari. Ma a Ginevra il mandato per i ministri del commercio pare solo quello di chiudere un nuovo pacchetto di liberalizzazioni che, come denunciano anche i leaders dei Paesi in via di sviluppo, rischia di rafforzare il predominio di pochi interessi forti a spese dei diritti di tutti gli altri e nemmeno viene imboccata la strada che porta al riequilibrio Nord-Sud.

«La Wto si è arenata da anni nell'esame di 17 diversi trattati, un pugno dei quali si occupa davvero di barriere doganali, tariffe e protezionismo - ha informato Alberto Zoratti di Fair - mentre la maggior parte cerca di limitare la capacità degli Stati di sostenere le produzioni "pulite" e i piccoli e medi produttori agricoli e manifatturieri, di vietare la costruzione di fondi nazionali di stimolo alla ripresa, che aiutino le imprese e i lavoratori del proprio Paese, di fissare parametri di gestione dei servizi pubblici perché siano prevalentemente in mano ai privati senza che i Parlamenti nazionali possano dire niente al riguardo». Ormai nessuno può dichiarare di non aver capito. L'ultima crisi economico finanziaria ha dimostrato l'insostenibilità di un sistema dove la finanza ed i capitali si sganciano dall'economia reale, dove persino il cibo diventa oggetto di speculazione finanziaria condannando alla fame oltre un miliardo di persone. Ma il rischio forte, da evitare, è che tutto ricominci come prima. «Anni di deregulation, di liberalizzazioni, di primato del profitto - ha ribadito Paolo Beni, presidente dell'Arci - hanno alimentato precarietà,  perdita di posti di lavoro e  disagio sociale, che aumenta non solo nei paesi più poveri, ma anche nelle nostre città. Questa crisi complessa ha dimostrato come i fallimenti del mercato siano alla base dei peggiori squilibri del pianeta, come le ricette per curare questi disastri non possano essere le stesse proposte e riproposte da quasi trent'anni».

Maurizio Gubbioti di Legambiente prova a (ri)proporre la strada alternativa: «La soluzione alle attuali crisi alimentare, produttiva e climatica richiede un profondo e radicale spostamento da un'agricoltura e un modello energetico, industriale, produttivo, di distribuzione  orientato all'esportazione, verso un'economia attenta ai bisogni del territorio, a Nord come a Sud. Non è più il momento di stare a guardare, è a rischio la stabilità e la sopravvivenza di intere comunità per gli anni a venire». Questa è la sintesi del messaggio che le tre organizzazioni ribadiranno fino alla chiusura della Ministeriale con un'azione di mail bombing sui negoziatori italiani attivabile dal sito www.faircoop.net/faircoop

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