[26/11/2009] News

Enti pubblici, tante potature e poca riforma

PISA. A giorni si terrà a Firenze il Congresso regionale di Legautonomie a cui seguirà presto sempre a Firenze quello nazionale. Il tema riguarda la riforma federale di cui si parla molto ma di cui si discute poco e male. Male perché stando ai documenti approvati o in via di approvazione che a loro volta ne prevedono diversi altri in tempi niente affatto brevi il federalismo rimane come ha scritto Eugenio Scalfari ‘ un guscio vuoto del quale si ignorano costi, benefici ma non gli aspetti negativi se rimarrà così'.

Vediamo perché. Chi rìcordi stagioni passate di riforma istituzionale sa quanto esse furono segnate da una ricerca di assetti e di ridefinizione di competenze e ruoli in grado di assicurare un più incisivo ed efficace governo del territorio possibile solo se capace di corresponsabilizzare stato, regioni ed enti locali.

Chi legge i documenti e le proposte di oggi incluse alcune che stanno viaggiando per conto in comparti e binari vari non faticherà a scorgerci una sola dritta di fondo quella dei ‘costi della politica' accompagnata conseguentemente da potature e sforbiciate spesso a senso unico che svuotano il ruolo delle istituzioni specie locali. Ci sono infatti i soliti ‘furbetti' ministeriali che se decidono, tanto per fare un esempio, che i componenti di un ente parco nazionale vanno ridotti lo fanno ma non per i rappresentanti del ministero. Chiaro no?

L'elenco che ne risulta non risparmia nessuno o quasi giunte, consigli, consorzi e poi comunità montane, consigli di quartiere salvo i recuperi centralisti che ne conseguono magari nella nomina dei direttori dove sembra tornare in auge la lontana stagione dei vecchi segretari generali scelti dal ministero. Lo prevedono i documenti di cui stiamo parlando ma anche quelli specifici appunto sui parchi nazionali dove il direttore non viene più scelto neppure in base ad una terna ma come più aggrada a Roma.

Il risultato è sconcertante; le comunità montane sono abrogate; le regioni pensano che possano invece servire? Bene se le paghino. I consigli di circoscrizione vanno bene da 250.000 abitanti in su negli altri casi idem come sopra. Nell'uno e nell'altro caso non c'è alcuna motivazione e riflessione se questo organismo hanno servito o meno e se possono servire ancora. Il potatore e non il legislatore così ha deciso. Di funzioni si parla poco e confusamente.

Che oggi quella della pianificazione sia una delle questioni chiave per uscire da un governo del territorio sempre più dissestato, franoso, cementificato lo si vede anche affidandoci alle cronache ormai quotidiane. Nel testo in discussione si trova al riguardo una generica e non meglio definita ‘partecipazione' dei comuni alla pianificazione urbanistica degradando così -come dice un documento di Legautomie- una fondamentale funzione di governo del territorio da parte dei comuni. Sui danni arrecato dalla cosiddetta stagione dell'urbanistica contrattata non dovrebbe esserci bisogno di tornare ma come tacere che da allora non si è riusciti a modificare nulla nella normativa che nel frattempo è stata fortemente penalizzata in ambiti decisivi come quello del suolo, della tutela ambientale e del paesaggio.

Mentre non si è riusciti a innovare quella urbanistica si è riusciti ad assetare colpi durissimi alla legge 183, alla 394 e a separare di nuovo la gestione del paesaggio dall'ambiente naturale. Tutti questi provvedimenti in comune hanno un chiaro recupero centralistico- ministeriale tanto più sfacciato e impudente nel momento in cui si suona la grancassa federalista. Ecco perché bisogna cambiar musica e non farci chiudere nell'angolo in nome del piatto che piange. Il piatto piange eccome perché è il governo del territorio che appare sempre più affidato alle spinte e ai disastri del mercato di cui il paese con le istituzioni pagano gli effetti dalle frane ai condoni.

La domanda di fondo non è cosa tagliare ma cosa fare perché le istituzioni possono fare al meglio la loro parte. Il maggior costo è quelle che deriva dalla inadempienze, i ritardi politici e di governo delle istituzioni. E per questo non servono le forbici ma una nuova volontà e capacità politica e culturale delle istituzioni.

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